Nel decimo libro della Storia naturale, dedicato agli uccelli, Plinio accenna anche agli storni. Anzitutto, al loro volo: «È tipico degli storni volare in stormi di forma sferica, tenendosi tutti stretti verso il centro». E poi, ai loro suoni: «Agrippina aveva un tordo che imitava la voce umana, cosa mai vista prima. Nel momento in cui scrivo, i giovani Cesari (Britannico e Nerone) hanno invece degli storni e degli usignoli che imparano il greco e il latino: vengono addestrati continuamente, e ogni giorno ripetono nuove parole e frasi più lunghe. Si insegna loro in luoghi tranquilli e senza gente, perché non fraintendano ciò che l’istruttore dice loro, incoraggiandoli e blandendoli con del cibo».

Battaglie e liberazioni

In seguito, ci sono stati resoconti anche più sorprendenti sul volo e sul linguaggio degli storni. Ad esempio, nella fornita biblioteca dello storico inglese Samuel Pepys sono stati ritrovati due strani documenti risalenti al 1622, e cioè il testo della ballata Una battaglia di uccelli e l’opuscolo La meravigliosa battaglia degli storni, che raccontano di una singolare tenzone aviaria osservata l’autunno precedente nel cielo della città irlandese di Cork.

Per alcuni giorni due stormi di storni si erano formati a est e a ovest della città, fino a diventare enormi, ma si mantenevano accuratamente separati. A tratti, però, dei drappelli di una ventina o trentina di uccelli si staccavano da uno stormo per andare a sorvolare rumorosamente l’altro, in una specie di reciproco scambio di osservatori o di ambasciatori.

Improvvisamente, una mattina all’alba i due stormi lanciarono entrambi delle strane grida di guerra, e poi si scontrarono a più riprese in una furiosa battaglia. Per l’intera giornata, con la violenza e il fragore di un uragano, frotte di uccelli precipitarono a terra con le ali, il collo o le ossa rotte, feriti o morti. Il giorno dopo gli stormi erano scomparsi, ma riapparvero quello successivo per combattere una nuova letale battaglia, al termine della quale i sopravvissuti si dileguarono definitivamente.

Purtroppo, di questa Iliade di un’altra specie sono state tramandate soltanto le gesta dei guerrieri, e non le parole degli ambasciatori: conosciamo le violenze che gli uccelli si sono inflitti, ma non le discussioni che le hanno causate.

Eppure, le abilità vocali degli storni non sono state riferite soltanto da Plinio: anche Shakespeare ne parlò di sfuggita nell’Enrico IV (1597), con un unico cenno, che fu però fatale agli Stati Uniti.

Alla fine dell’Ottocento, infatti, un ornitologo dilettante di nome Eugene Schieffelin si mise in testa di importare a New York tutti gli uccelli citati dal bardo nelle sue opere: nel 1890 liberò 60 storni a Central Park, e in poco più di un secolo essi sono diventati 200 milioni, a onore di Shakespeare e disonore del suo fan.

Lo storno di Mozart

Di un altro storno, invece, è stata addirittura trascritta una composizione musicale: lo fece Wolfgang Amadeus Mozart in persona, che acquistò l’uccellino il 27 maggio 1784, registrando la spesa sul proprio taccuino: «storno, 34 monete».

In quell’occasione, o poco dopo, il musicista trascrisse anche 17 note che l’uccello doveva avergli ripetute, dopo che lui le aveva fischiate o suonate: identiche alle prime 17 note dell’Allegretto del suo recente Concerto per piano n. 17 (KV 453), eccetto che per l’aggiunta di una pausa e di due diesis. Mozart apprezzò la variazione, visto che aggiunse il commento: «È stato carino!».

Il 28 maggio 1787 Leopold Mozart morì, ma Wolfgang Amadeus non andò al funerale del padre-padrone. Una settimana dopo, il 4 giugno, morì anche l’uccello, ma questa volta il musicista organizzò una cerimonia funebre con gli amici vestiti a lutto, per la quale compose appositamente un poema che iniziava con i versi: «Qui giace il mio storno, non più perdigiorno».

Dieci giorni dopo terminò una strana e atipica composizione intitolata Uno scherzo musicale (KV 522), forse ispirata o dedicata al suo uccellino preferito.

L’intera storia è raccontata in dettaglio dall’ornitologa Lyanda Haupt nel libro Lo storno di Mozart (2017), ma quello che più ci affascina di questi uccelli è il fluido e liquido volo dei loro stormi: oltre che per i pirotecnici spettacoli che allietano l’occhio, anche per una serie di problemi scientifici che stimolano la mente.

Le vie della scienza

Li riassume il fisico Giorgio Parisi, agli inizi del suo nuovo libro In un volo di storni (2021), appena uscito: «Esiste un direttore d’orchestra, o il comportamento collettivo è auto-organizzato? Come fa l’informazione a propagarsi velocemente attraverso tutto lo stormo? Com’è possibile che le configurazioni cambino così rapidamente? Come sono distribuite le velocità e le accelerazioni degli uccelli? Come possono virare insieme senza urtarsi? Bastano semplici regole d’interazione tra gli storni per generare movimenti collettivi articolati e variabili, come quelli che si osservano nei cieli?».

Come sempre nella scienza, a domande di questo genere si può tentare di rispondere in due modi antitetici: percorrendo la larga e sicura “via bassa”, che osserva i fatti e ne deduce a posteriori le leggi, come nel caso della gravitazione di Newton, o imboccando la stretta e rischiosa “via alta”, che postula a priori le leggi e le mette poi alla prova dei fatti, come nel caso della relatività generale di Einstein.

Per il volo degli storni, la “via alta” fu intrapresa dall’informatico Craig Reynolds in un avveniristico studio su Stormi d’uccelli, mandrie di mammiferi e banchi di pesci: un comportamento di tipo distribuito (1987).

Tutti gli esempi citati nel titolo manifestano una cosiddetta “intelligenza di sciame”, riferita non tanto e non solo agli insetti sociali quali le api, le formiche e le termiti, quanto soprattutto ai sistemi nanorobotici: un argomento divulgato in maniera fantascientifica da Michael Crichton nel romanzo Preda (2002), tra i protagonisti del quale ci sono appunto degli sciami di batteri geneticamente modificati.

Reynolds sviluppò un semplice programma informatico di “vita artificiale”, chiamato Boids: un gioco di parole basato sul fatto che boid è sia la pronuncia newyorkese di bird, sia l’abbreviazione di birdoid, “uccelloide”. Il programma era in grado di simulare realisticamente sullo schermo il movimento degli stormi, basandosi su tre semplici regole di comportamento degli uccelli: non stare troppo appiccicati, allinearsi ai vicini immediati, e fare gruppo con loro.

Queste poche regole furono applicate con successo nella grafica computerizzata di film quali Il ritorno di Batman (1992) e Il Re Leone (1994), e valsero a Reynolds un premio Oscar nel 1998 per «i suoi pionieristici contributi allo sviluppo dell’animazione tridimensionale cinematografica».

Naturalmente, Hollywood non è Los Angeles, così come Cinecittà non è Roma: ovvero, la fantasia non coincide necessariamente con la realtà. Nel 2004 un variegato gruppo di scienziati italiani (fisici, ornitologi, informatici) decise dunque di seguire la “via bassa” per affrontare in maniera interdisciplinare il problema del volo degli storni sulla capitale.

Come racconta ancora Parisi, che diresse il gruppo: «Lo studio del movimento degli stormi era un progetto completo. Comprendeva l’ideazione dell’esperimento, la raccolta e l’analisi dei dati, lo sviluppo dei codici informatici per le simulazioni, e l’interpretazione dei risultati sperimentali per arrivare a delle conclusioni».

Scoperte

Una serie di macchine fotografiche, sincronizzate elettronicamente, furono piazzate su un tetto adiacente al piazzale della Stazione Termini, e per un paio d’inverni scattarono immagini degli stormi in volo.

La prima sorpresa fu che, nonostante l’apparenza, gli storni spesso non sono raggruppati in una sfera tridimensionale, ma su un disco bidimensionale: il che spiega in parte la rapidità con cui sembra mutare la forma dello stormo, perché spesso a cambiare è solo l’angolazione da cui lo si vede.

La seconda sorpresa fu che, nonostante le aspettative, gli storni si raggruppano maggiormente non nel centro del disco, ma sul bordo. Col senno di poi, la cosa risultò facilmente spiegabile come difesa rispetto ai predatori degli storni, che sono soprattutto i falchi pellegrini: la coesione sul bordo rende più efficace la difesa, visto che i predatori tendono ad attaccare individui isolati, mentre gli individui al centro possono essere meno coesi, essendo già difesi da quelli che li attorniano.

La terza scoperta fu una conferma sperimentale e una formulazione fisica delle intuizioni di Reynolds. Il comportamento dei singoli uccelli dipende dai vicini non in base alla loro maggiore o minore distanza geometrica, ma al loro maggiore o minore grado di separazione topologica: a influenzare uno storno sono soprattutto quelli del suo immediato entourage, poi quelli che stanno al di là di quelli, e così via. Per gli uccelli sembra dunque valere una specie di “legge dei sei gradi di separazione”, oltre i quali uno storno non subisce più l’influenza dei vicini.

Il lavoro collettivo su Le interazioni che governano l’effettivo comportamento animale (2008), dopo una resistenza iniziale da parte dei biologi a causa degli inusuali concetti matematici e fisici in esso usati, divenne uno dei più citati nel campo, e ha contribuito a far vincere a Parisi il premio Nobel per la fisica nel 2021 per lo studio dei sistemi complessi, in generale, e della loro auto-organizzazione, in particolare. Un premio che gli sarà consegnato il 6 dicembre a Roma, alla Sapienza, dall’ambasciatore svedese.


Giorgio Parisi è autore del libro In un volo di storni. Le meraviglie dei sistemi complessi, appena pubblicato per Rizzoli

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