L’accento è inequivocabile, solido come lui, fisico di uno che corre e nuota e sembra un po’ costretto nel gabbiotto della sua edicola. Invece ci sta benissimo dentro, Lorenzo Scano, trentenne di Cagliari trasferito in Continente, scrittore-edicolante: ibrido di ambizioni e concretezza, letteratura e affitto, storie sarde da scrivere e Milano da pagare. Anche questo era un sogno, del resto: aprire un chiosco di giornali e libri. «Lo so che non è un progetto da trentenni, molti miei coetanei investirebbero piuttosto in una pizzetteria sarda e ci farebbero tanti soldi, ma io sono contento così». Contento di vivere in mezzo alle storie. La sua ci mette un attimo a dirmela, e a farmi venire voglia di scriverla.

Di libri ne ha già pubblicati due, Pioggia Sporca (La Corte Editore) e Via Libera (Rizzoli), più un racconto nella raccolta Giallo Sardo 2 (Piemme). Il terzo uscirà a gennaio prossimo: ancora Rizzoli, ancora Cagliari come ambientazione. Ma non è la “Città del sole” dei cliché, movida e crociere, turisti e spiagge, la sua. È una città di poliziotti più feroci dei delinquenti che inseguono tra vicoli e bassifondi di San Michele e Sant’Elia, dove l’illegalità si tramanda di padre in figlio - tuo padre confeziona droga, tu a 13 anni cominci a fare lo stesso. Un mondo di vecchi boss e nuovi balordi. «I primi stavano sottotraccia, non parlavano con nessuno; i secondi sono spesso pischelli che si fanno video mentre contano rotoli di banconote e poi, scemi, li mettono su Instagram e si fanno beccare». Le conosce, le baby gang cagliaritane.

«Delinquentelli che il sabato arrivano in città da Capoterra, Selargius, Monserrato con i pullman dell’Arst e fanno casino, accoltellano, spacciano e tirano cocaina. Io per sbarcare il lunario ho fatto anche il buttafuori in discoteca, certi ambienti li ho visti, mi è pure servito per scrivere. I ragazzini oggi hanno accesso a tutto, ma non è normale», s’infervora Lorenzo. «Ogni tanto mi invitano come scrittore a parlare nelle scuole e li incontro. Alcuni sono interessati, altri scazzati: siccome non sono un influencer e non faccio trap - una merda che gli mette in testa stupri, cocaina e machete a 10 anni, quando non sono in grado di discernere - non gli interesso. Eppure, gli sto parlando di loro. Ma non hanno capacità di dialogo, l’italiano praticamente non lo parlano, è tutto uno “scrinsciottami, lincami, follouami”. Un degrado tremendo da periferia, dove la sinistra è incapace di entrare. Ho sempre votato a sinistra ma sono deluso da quest’élite di finto nuovo e veri dinosauri, che parla di minchiate e asterischi mentre questi ragazzi nemmeno capiscono l’italiano, non leggono un libro, non sanno niente».

Lui è cresciuto in maniera diversa. Intanto a Frutti d’Oro, promettente per un quartiere e un’infanzia. «Era una zona residenziale, normale, non problematica, forse è per questo che mi attrae il turpe, le zone d’ombra. In casa si leggeva tanto: a Natale il regalo era un libro, ai compleanni pure, se ero stato bravo “Ti compro Topolino”. Il premio era sempre da leggere per me. O da guardare al cinema, mamma ne è appassionata, L’Esorcista l’ho visto a 9 anni. Vivevamo vicino a un boschetto, mi ci immaginavo dei film. A 10-11 anni mi ritrovo con una penna in mano a scrivere una storia in cucina: Il mostro del lago. È cominciato così».

“Cagliarifornia”

È continuato con gialli e noir, James Ellroy e Massimo Carlotto. Stephen King, ossessivamente, il suo Maine che gli ricorda la Sardegna. Edward Bunker, Jim Thompson, Ed McBain e i romanzi dell’87mo distretto, Richard Price, Il Padrino di Mario Puzo riletto mille volte. Elmore Leonard e La Scorciatoia, coi criminali che hanno anche famiglie normali, attività lecite. George Pelecanos, Don Winslow, e Faulkner, Steinbeck, Tom Wolfe. «Queste letture mi hanno messo addosso la voglia di raccontare città attraverso il delitto. Ed McBain ha detto che il crimine è una buona partenza per un grande romanzo: verissimo. I Promessi Sposi, in fondo, sono un grande romanzo criminale».

“Cagliarifornia”, come dice lui, offre un sacco di spunti: finti ricchi e veri Rolex comprati a colpi di debiti, vite bling bling, cafoni e spacciatori fianco a fianco nel ristorante chic. Cagliaritani imbruttiti, né più né meno dei milanesi. Sobborghi da seconde case che d’estate si popolano di un mix di russi, sardi e altri italiani. Piccoli hotel come non-luoghi losangeleni che ricordano romanzi di McBain. «Cagliari ha visto passare romani, pisani, piemontesi, genovesi, spagnoli, la mentalità è aperta. Ma è un porto, circola tantissima droga, si spaccia e consuma». Se ne sa poco, però, della sua criminalità. «Vero, si conoscono le mafie di Sicilia, Campania, Puglia; della Sardegna - a parte il banditismo - no. La storia ci ha ignorati, del resto fino a tutto il Seicento siamo stati spagnoli. Siamo marginali. “Passavamo sulla terra leggeri”, ha scritto dei sardi Sergio Atzeni, autore anche di “Bellas Mariposas”. Se non avessi letto lui non avrei scritto “Via Libera”».

Che c’entra Milano, allora? Perché trasferirsi? C’entra una malattia, e settimane di ospedale: l’occasione per pensare, fare bilanci e prendere decisioni. «Mi sono detto, Ci credi davvero nella scrittura? Allora spera sul serio. Molla tutto e vai a Milano. Ho fatto bene, questa città mi ispira, basta andare a piedi da Porta Venezia a Piazzale Loreto per trovare una storia. Per me è New York, ha la metropolitana e i grattacieli, profondità e verticalità. È unica in Italia».

A San Donato Milanese

Ha trovato un appartamento in affitto a San Donato Milanese. Ci sta benissimo, racconta Lorenzo, perché gli piace correre nel verde e lì è pieno di alberi, «e comunque devi saperti adeguare, nella vita. Anche Nonno Efisio era venuto a stare a Milano. Ci aveva aperto un bar, proprio a San Donato: che non era una cosa da sardo, perché i sardi venivano qui per lavorare in fabbrica. Sono andato a cercarlo, il suo bar, ma non l’ho trovato».

Ha trovato un’edicola invece. In disarmo, in via Buonarroti. Gli scatta l’idea - «un’idea da barbone, perché a me piace stare per strada e girare per bar, e per strada voglio stare a vendere storie: compriamo questa edicola, trasformiamola in un chiosco pieno di giornali e di libri di seconda mano». I soldi ce li mette un amico di suo padre che vuole fare un investimento, lui ci lavora dentro, rimette a posto - a breve si cambiano anche insegna e tendone.

«Può costare 150mila euro rimettere in piedi le edicole che stanno a marcire per strada nelle nostre città. Ma io ci credo tantissimo, in due-tre anni vorrei farla diventare come quelle parigine sulla Senna, e sempre più specializzata. Già adesso questo chiosco attira gente, la domenica in particolare arrivano in tanti, mi chiedono consigli, bellissimo. Certe volte sono loro a dare suggerimenti a me, perché sono gente “imparata”: uno mi ha fatto scoprire “Vita di Raffele Gallo” di Carlo Castellaneta, libro fantastico, scrittura immersiva, gli ho rubato la tecnica del discorso indiretto libero».

Leggere il giornale al bar

I libri spaziano da Dickens allo yoga, da Pavese alle piante, perché devi avere qualcosa per tutti, ma il focus è forte su crime e buona letteratura - Nabokov, Elsa Morante, Novecento americano. «Tu invece sai cosa dovresti leggere? “Che hai fatto in tutti questi anni”, di Piero Negri Scaglione, retroscena di “C’era una volta in America”. E “’A pistola lasciala, pigliami i cannoli”, di Mark Seal, sulla genesi de “Il Padrino”. Senti, il tuo articolo uscirà sulla carta, vero? Che bello. Mi prenderò il giornale e il tempo per leggerlo. Al bar. Bisogna leggerli al bar, i quotidiani, così te li godi davvero».

© Riproduzione riservata