La misura dello stato di salute di Milano me la dà la fila per i panzerotti di Luini. Circa mezz’ora. Perfino Lady Gaga e Adam Driver, quando erano in città per girare il film su Gucci, ne hanno ordinati un centinaio da distribuire alla troupe.

Anche la vivacità dei tassisti è un segnale inequivocabile: hanno ricominciato a chiedere i contanti «perché la macchinetta del bancomat non funziona». Ho preso 77 corse tra ottobre e aprile e già mi manca la loro accondiscendenza di quei giorni. Dal Dpcm del 26 aprile, quello del liberi tutti, perfino la Galleria Vittorio Emanuele sembra tornata quella dei tempi gloriosi. Al bar di Cracco, fuori, in veranda, se non hai la prenotazione, non ti siedi.

Da quando consumare nei bar e ristoranti è possibile solo all’aperto, e l’occupazione del suolo pubblico gratuita, tavolini e sedie si trovano ovunque. Sulle aiuole in mezzo al traffico, davanti al sagrato delle chiese e a ridosso dell’area cani. Dopo mesi di vita casalinga, i milanesi sono disposti a tutto pur di bere una birra fuori, perfino tenere un ombrello sotto il diluvio, come è successo a me l’altro giorno in via San Gregorio. Condividevo le mie sorti con un’altra ventina di persone, inclusa la cantante Annalisa Scarrone e il rapper Mr Rain, di passaggio nella via, forse anche loro in cerca di un bicchiere.

Assembramenti

La privacy, di certo, non esiste più. Il giorno dopo in un ristorante dietro il Duomo scorgo Filippo Nardi con l’avvenente agente di Paul Gascoigne: l’ex calciatore inglese ha bevuto troppo e lei ha dovuto posticipare il volo per Londra. Sulla stessa strada, pochi minuti dopo, incontro da Marchesi Lorenzo Zurino, l’imprenditore italiano più amato di New York, colui che esporta in sei stati degli Stati Uniti tutti i migliori brand di casa nostra. Il Texas è la sua ultima conquista, mi aggiorna mentre mi offre un caffè. Ma il suo entusiasmo è tutto per l’ultimo acquisto fatto, l’Isola di Mozia, in Sicilia, dove produrrà tabacco e passerà le vacanze.

Per le strade c’è traffico, alle 18 è già tutto bloccato. I colombiani manifestano in Largo Cairoli, i cubani poco più avanti, i palestinesi in piazza Duomo e i lavoratori dei centri commerciali sventolano le loro bandiere in via Vivaio, contro le chiusure del fine settimana. Io ringrazio il cielo di aver comprato una bici elettrica. Raggiungo la mia amica Federica Zucchi allo storico Bar Basso e mentre approcciamo con entusiasmo il nostro “Sbagliato” (hanno inventato qui il Negroni col prosecco al posto del gin) qualcuno – che vuole l’anonimato – ci dice che presto il locale diventerà proprietà di Gucci. Nessuno ne dà conferma, ma di certo l’idea è in linea con i valori del marchio. Gli indizi ci dicono che Maurizio Gucci, prima di essere assassinato dalla moglie, veniva spesso qui a fare l’aperitivo; e poi il lungimirante stilista del brand e amante del vintage, Alessandro Michele, ogni anno organizza nella saletta riservata un brindisi con la sua squadra di lavoro. Io scommetto che succederà. Sono tanti i famosi che passano di qui, l’anno scorso ho incrociato alla toilette il direttore creativo di Louis Vuitton, Virgil Abloh, ma ammetto di aver bevuto troppi spritz quindi non sono certa fosse lui. Certo è, invece, che, se il plagio non è altro che un atto di omaggio, il Bar Basso ha già la sua replica nel bar di fronte gestito da cinesi.

Durante l’ultimo salone del mobile, quando l’originale è stato preso di mira da tutte le archistar del mondo, la versione cinese non era da meno. Lì ho visto l’artista Maurizio Cattelan preparare un drink dietro al bancone e alle sue spalle la scritta «I wished i had more middle fingers», avrei voluto più diti medi. Quella volta ero sobria e garantisco fosse lui.

In questi giorni non hanno tregua i tavolini all’aperto del LùBar di via Palestro, il bar è già pieno alle 16 e fino a sera nessuno se ne va. Il mio posto preferito però è piazza Sant’Alessandro, davanti al palazzo dei Brivio Sforza – indimenticabile una festa in maschera a casa della figlia ribelle Mariasole, esilaranti i suoi racconti della sua adolescenza, quando i genitori organizzavano balli di gruppo in salotto per far incontrare i figli blasonati.

Mentre sorseggio un bicchiere di vino sul sagrato della chiesa provo quasi commozione nel vedere i camerieri del ristorante le Colline pistoiesi, luogo di incontri di lavoro e di clienti abitudinari vecchia Milano, che servono i menù all’aperto, in versione meno snob e più sagra di paese. Pubblico una storia su Instagram e la prima approvazione mi arriva dall’assessore all’urbanistica Pierfrancesco Maran che mi suggerisce di usare in seguito l’hastag “#misiedofuori”. L’entusiasmo che mette nei progetti Maran è ammirevole, a prova di Milanese Imbruttito, la parodia che tutto critica. L’anno scorso, nessuno tranne lui avrebbe mai creduto che la pista ciclabile che parte da Piazza San Babila e arriva in piazzale Loreto potesse diventare trafficata quanto un’arteria di Los Angeles. Lo penso mentre, con la mia bici elettrica, supero tronfia un ventenne tatuato e un fattorino di Glovo.

Voglia di feste

La voglia di festa è nell’aria, dal terrazzo di casa mia, ogni sera, sento musica provenire da vari appartamenti. I più illuminati hanno un amico medico che fa i tamponi agli ospiti prima di entrare a casa, ma sui social tutto tace: la regola è non pubblicare foto per evitare la gogna.

Il pierre della moda Andrea Caravita quest’anno non ha resistito e il suo compleanno l’ha voluto festeggiare. Ha scelto il nuovo ristorante dello chef Carlo Cracco, Carlo al Naviglio. Tra gli ospiti, una quarantina di amici sparpagliati per il giardino, tra loro ho riconosciuto il direttore creativo di Philosophy Lorenzo Serafini e lo stilista Alessandro Enriquez, il truccatore delle star Manuele Mameli, il general manager di Chiara Ferragni Fabio Maria Damato, il pierre Carlo Mengucci, le influencer Candela Pelizza e Alessandra Airò. Qualcuno ha fatto un accenno di ballo ma alle 22, subito dopo la torta, tutti a casa.

Al bar Radetzky, seduti sui divanetti, incontro gli amici romani della politica Carlo Guarino, Francesco Scoppola, Antonella Madeo e Andrea della Cimarra. Sono qui per fare un brindisi di compleanno con l’amica Barbara D’Urso. Tra gli ospiti compare l’esperto della blockchain Gianluca Comandini, l’immobiliarista di casa a Lugano Niccolò Belingardi Clusoni con la moglie influencer Gresy e l’imprenditore dei social Eugenio Scotto coi soci Matteo Maffucci e Benedetta Balestri.

Remise en forme

La misura del benessere della città me la dà la clinica estetica più di moda a Milano, un tempio del laser dietro via Montenapoleone. Qui le receptionist sono vestite Prada e in ogni studio ci sono opere d’arte di Damien Hirst e Jeff Koons, per dirne alcune. C’è perfino una stanza adibita al servizio fotografico del “prima e dopo”. Tanti sono i pazienti in sala d’attesa e scopro che esistono due porte, una d’entrata e l’altra uscita: per la privacy, chi entra non vedrà mai chi esce, anche se in questi giorni di picco dubito sia possibile.

In sala d’attesa ci sono anch’io, la mia fata turchina si chiama Maria Cassano, la dietologa più nominata di Milano. Per prendere un appuntamento è una guerra, ma dopo tre settimane sono rientrata nei jeans del liceo senza rinunciare a qualche bicchiere di vino: se si candida in politica la voto, almeno sono certe che mantiene le promesse. «Da febbraio è aumentato il flusso degli appuntamenti più del 110 per cento rispetto al 2019», mi spiega il chirurgo Marco Bartolucci, mago del laser e direttore del centro insieme ad Angelo Castello. «I centri estetici sono tra le poche attività che hanno continuato a lavorare durante il lockdown. Visto il tempo a disposizione molti pazienti ne hanno approfittato per fare interventi», ammette serafico mentre non riesco a togliere lo sguardo dall’opera che ha alle sue spalle, Burqa Champagne di Cécilè Plaisance. «La bellezza è un concetto che sta cambiando. Bisogna sentirsi bene, più che avere fisici perfetti», dice prima di congedarmi. Sarà. Intanto lo stilista Alessandro Enriquez mi segnala che per togliere la pancetta ha scelto il centro di accelerazione metabolismo mentre l’amico pierre Paride Vitale rammenta le gesta del suo nutrizionista Sacha Sorrentino grazie a cui ha perso 10 chili senza rinunciare al giorno libero «in cui mangi e bevi come un pazzo». Io, Paride, l’ho sempre incontrato quel giorno lì.

I link dello shopping

Se c’è qualcosa che mi ha davvero conquistata durante la pandemia, è la praticità degli acquisti online. I pierre dei marchi del lusso concedono link e accessi privilegiati a pochi eletti, e una volta che l’hai avuto, come fai a dire di no? L’altro giorno il mio amico Alberto Corino, pierre di Sunnei, mi ha inviato un link della durata di 15 minuti per fare shopping a prezzi dimezzati. Col countdown davanti agli occhi e il terrore che la pagina scomparisse, sono riuscita a spendere un patrimonio in 9 minuti scarsi. Tra i capi recapitati a casa, svetta una maglietta denominata Roberta’s col volto stampato di una ragazza perplessa. Un po’ triste. Non ho idea chi sia, forse un’amica dello stilista. Di certo non mi è chiaro come io l’abbia messa nel carrello.

Magari è un segnale, è arrivato il momento di tornare alla vita “analogica” di prima.

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