I millennial e le loro pentole, il benessere si trova ai saldi

A volte le stelle si allineano, a me si allineano solo le padelle. Questa settimana, con una bizzarra simmetria che mi ha portato a interrogarmi sul cosmo e le forze del soprannaturale che regolano la mia vita, tutto mi parlava di Le Creuset, il marchio di pentole in ghisa con la promessa dell’eternità, iconiche casseruole colorate e pesantissime di recente diventate oggetto del desiderio per noi poveracci con ambizioni borghesi. Prima di tutto è uscito un bel profilo di Vincenzo Latronico sul New York Times intitolato “Lo scrittore che sa cosa vogliono i millennial” e se non avete voglia di leggerlo la risposta breve è che vogliono le pentole Le Creuset. La risposta lunga è che torniamo sui temi delle Perfezioni, il libro di Latronico che uscì in Italia nel 2022 ed è da poco stato pubblicato in lingua inglese, vendendo in traduzione un numero di copie notevolissimo, uno di quei numeri per cui gran parte degli scrittori italiani venderebbero la propria mamma. La mia gioventù bruciacchiata all’ombra della Torre Velasca Impeccabili e uguali Nel romanzo Latronico codificava meglio di chiunque i vezzi, le pose e le cose, le manie estetiche che rendevano la casa dei due protagonisti – una generica coppia millennial italiana trapiantata a Berlino – impeccabile e uguale a tutte le altre. Non mi ricordo se nell’appartamento di Anna e Tom comparivano le blasonate pentole arancioni, ma di sicuro compaiono in casa di Latronico, come ci segnala Mikkel Rosengaard sul Nyt. Eccole lì nel suo appartamento milanese, tra una monstera e un tappeto berbero. Ed eccole di nuovo in bocca all’autore, che parlando della genesi del suo libro dice di essersi guardato dentro e di aver colto questa inspiegabile voglia di ghisa vetrificata, rendendosi conto che alla nostra generazione stava succedendo qualcosa. E infatti, come spesso accade con i bravi scrittori, Latronico aveva ragione: abbiamo un’ossessione per le cose di un certo tipo, quelle che suggeriscono non solo un discreto benessere economico (che se non esiste ce lo fabbrichiamo col pongo), ma anche un equilibrio psichico altrettanto ineffabile. Se la mia casa è in ordine anche la mia vita forse può esserlo, e una cocotte di Le Creuset costa comunque meno di un appartamento. Un tempo il mattone sembrava l’unico investimento sensato per il futuro, ora dobbiamo accontentarci di sapere che i nostri figli cucineranno con la stessa pentola da 400 euro con cui cuciniamo noi. Gli anni Ottanta sono stati cancellati. E Milano non ha più un’anima A seguire il New York Magazine ha pubblicato un articolo sul progressivo imbarbarimento del pentolame francese, diventato talmente desiderabile da potersi permettere un abbassamento di qualità. Tutti vogliono Le Creuset, e Le Creuset risponde organizzando eventi “Factory to Table” in tutto il mondo in cui chiunque può aggiudicarsi una mistery box di suppellettili da cucina firmati. Così l’ossessione per le cose diventa una più generica smania consumistica legata al marchio, poco importa che dentro alla scatola misteriosa si nasconda una casseruola ovale arancione (magnifica) o un’inutile poggia-cucchiaio. Sono diventate, scrive Tammie Teclemariam, nient’altro che dei Labubu molto pesanti. Ed eccomi che mi inserisco a metà fra i due mondi, tra la brama trentenne per le pignatte di lusso e la ben più cheap frenesia da capannone industriale: quando escono questi due articoli, io già da diversi giorni ho prenotato il mio posto a una svendita di Le Creuset (non so un cazzo di niente mai, ma sulle svendite a Milano sono sempre aggiornata). Così giovedì invece di portare mio figlio al parco lo porto in Via Mecenate, dove inizia a piangere ancora prima di arrivare alla svendita perché ha passato sette mesi in area C e le aree suburbane lo mettono a disagio. Gli spiego che se non si risolve il caro affitti o non esplode la bolla immobiliare presto vivremo da quelle parti anche noi, e lui piange più forte. Ritrova la pace solo quando entriamo nell’hangar adibito alla svendita, circondato da pentole bellissime scontate fino al settanta percento. Io, che al padre di mio figlio ho già regalato una pregevole pentola in ghisa di Le Creuset (rivelando il mio essere pezzente acquistandola durante lo scorso black friday di un colore scontato e meno iconico dell’arancione), vado a colpo sicuro: voglio una griglia. Non solo la voglio: mi serve. Non so quante cose griglierò nella mia vita ma quando succederà intendo farlo su un rettangolo da 180 euro scontato a 80. L’ennesima nemesi di vita milanese: brancolare nel buio con agenti immobiliari zoppi Nostalgici e velleitari Nell’hangar niente suggerisce esclusività. Signore bionde si accapigliano sulle famose casseruole, padri di famiglia soppesano pirofile con serietà, in sottofondo una playlist house dei primi anni 2000 sparata a tutto volume mi ricorda che Le Creuset sta parlando proprio con noi trenta-quarantenni nostalgici e velleitari. Agguanto la mia griglia – di nuovo di un colore che non volevo ma che non dovrebbe avere alcun impatto sulla cottura delle zucchine – e mi avvio soddisfatta alle casse, non prima di aver mandato una foto a Latronico, che mi confessa che gli manca un coperchio per la sua pentola. Parto in missione per lui, ma di coperchi spaiati neanche l’ombra. E questa forse è solo una delle cose che Le Creuset condivide con il diavolo.