Passo l’estate in un piccolo casale nel bosco vicino a un paesino della Maremma, né Capalbio né Coccia di Morto, secondo la tassonomia del divertente, molto divertente, film Come un gatto in tangenziale. Ritorno a Coccia di Morto di Riccardo Milani, con Paola Cortellesi e Antonio Albanese, che ho visto nella virtuosa anteprima del cinema di Orbetello.

La consuetudine è che gli amici che mi vengono a trovare mi lascino il libro che stanno leggendo in cambio di ospitalità, cibo e vino. Così la mia biblioteca prende forme impreviste, di inaspettato nomadismo culturale, assai più efficace, e sorprendente, dell’algoritmo di Amazon.

Così il libro straordinario, illuminante e potente, che ho letto per caso è: Projections. A story of human emotions di Karl Deisseroth, Penguin Random House, appena uscito negli Stati Uniti. Karl Deisseroth è un bioingegnere, neurobiologo e psichiatra di 49 anni che insegna a Stanford e che cura pazienti con disturbi dell’umore e autismo. Ha inventato l’optogenetica: una scienza d’avanguardia che combina tecniche ottiche e genetiche di rilevazione per sondare circuiti neuronali all’interno di cervelli di mammiferi e di altri animali, in tempi dell’ordine dei millisecondi, tempi necessari per comprendere le modalità di elaborazione e di trasformazione delle informazioni tra neuroni.

Insomma, usa la luce per studiare il funzionamento del cervello. E dei sentimenti. Che sono risposte alle informazioni del mondo. Sparando luce sui neuroni può rilevare l’attività di decine di migliaia di neuroni mentre i processi che corrispondono ai sentimenti stanno accadendo. Mentre proviamo paura o desiderio o amore. Questa tecnica, che accende e spegne neuroni, permette di alzare e abbassare la rappresentazione di questi sentimenti con grande precisione.

Possiamo rendere un animale più o meno ansioso o aggressivo o materno o affamato o assetato. Ma Deisseroth è anche uno psichiatra e il libro combina la sua conoscenza dei circuiti interni del cervello con una profonda empatia per i suoi pazienti per esaminare ciò che la malattia mentale rivela sulla mente umana e l’origine dei sentimenti: come il rotto può illuminare il non rotto. Attraverso ricerche all'avanguardia e avvincenti casi di studio dei pazienti con disturbi mentali.

Insomma ci guida in un tour innovativo all’interno della mente umana che illumina la natura biologica dei nostri mondi interiori ed emozioni attraverso avvincenti storie cliniche. È un libro rivelatore. Non solo di una ricerca scientifica all’avanguardia, ma di uno scrittore. Costellato di citazioni di Jorge Luis Borges e Toni Morrison, salta dall’evoluzione delle vespe all’autismo, dalle origini della pelliccia dei mammiferi all’autolesionismo nei pazienti con disturbo di personalità, dalla musica alla demenza, facendo casualmente saltare ogni rozza dicotomia arte-scienza mentre lo fa.

Mi ha ricordato le case histories raccontate da Oliver Sacks, così come l’ampiezza di sguardo di Homo Sapiens di Yuval Noah Harari, anche se Deisseroth avverte che il suo modello più vicino è La tavola periodica del nostro Primo Levi. Non a caso un poeta e un chimico.

Le storie dei pazienti di Deisseroth sono ricche di umanità e gettano una luce senza precedenti sul sé e sui modi in cui esso può rompersi. Una giovane donna con un disordine alimentare rivela come la mente possa ribellarsi alle pulsioni più primitive del cervello: la fame e la sete. Un uomo anziano, soffocato nel silenzio dalla depressione e dalla demenza, mostra come gli esseri umani si siano evoluti per sentire non solo la gioia ma anche la sua assenza. Questa lettura trasforma la nostra comprensione non solo del cervello ma di noi stessi, dando vivide spiegazioni attraverso la scienza e raccontando affascinanti storie del nostro desiderio di connessione e di senso.

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