Ciao Giulia,
Sono una ragazza universitaria e visti i due anni appena trascorsi avrei una gran voglia di programmare un Erasmus da qualche parte. Non sono una persona molto avventurosa, ma forse proprio per questo sento di voler fare qualcosa fuori dalla mia “comfort zone”.

All’università mi sto trovando benissimo, solo che siccome la sto facendo nella mia città d’origine forse è arrivato il momento di passare un po’ di tempo altrove, no? Il mio tempismo non è dei migliori però. Mi sono innamorata di un compagno di corso e abbiamo appena iniziato una bellissima relazione. Ci stiamo ancora conoscendo, ma se penso a lasciarlo per un anno mi passa la voglia di partire.

Ne ho parlato anche con lui e ho capito che preferirebbe che non me ne andassi, ma non me lo chiederebbe mai perché sa che ho diritto a fare le mie scelte. Ma come faccio a prendere una decisione? Io penso che se ci amiamo potremo resistere anche a distanza, magari venendoci a trovare una volta al mese. Ho letto in una tua risposta di un po’ di tempo fa che non credi molto nelle storie a distanza. Vale anche per me?
C.


Cara C.,
al rischio di sembrare Nonna Salice di Pocahontas, ti dirò questa cosa: un giorno ti sveglierai a 30 anni – o a 40, o a 50 o che ne so – e comincerai a fare il bilancio delle cose che avresti potuto fare e non hai fatto. Io ho passato tutta la mia vita semi-adulta da fidanzata e, per quanto non abbia rimpianti e pensi ai miei amori passati e presenti con immensa gratitudine, non posso fare a meno di chiedermi quante cose mi sono persa camminando nel mondo sempre per mano a qualcun altro.

Non mi sarebbe dispiaciuto che qualche vecchia saggia dall’alto dei suoi quasi-trent’anni mi dicesse che i 20 sono fatti anche per sputtanarsi un po’ (può anche darsi che qualcuno me l’abbia detto e io abbia accuratamente rimosso l’informazione. Ero sì pallosa e fidanzata, ma anche scema e ostinata come l’età richiede).

Io fossi in te andrei in Erasmus. Per non farti travolgere dal panico, preoccupati di una cosa alla volta: manda l’application, aspetta una risposta, goditi il fidanzato finché ne hai voglia. Che io sia o meno contraria alle relazioni a distanza poi non ha la benché minima importanza, come la gran parte delle opinioni che elargisco in questa rubrica.

Non c’è niente che vada bene per tutti o per nessuno, ognuno deve trovare la propria dimensione nel mondo come meglio crede. Magari la relazione a distanza per voi funziona benissimo, o magari atterri in Spagna o in Francia o chissà dove e ti viene una voglia matta di darla via come il pane. È tutto lecito. Questo ragazzo te lo puoi sposare o mollarlo oggi stesso e il nostro pianeta continuerà a girare su se stesso e intorno al sole. Comunque vada, sarà un successo.


Cara Giulia,
Il mio non è un problema di cuore, forse c’entra più la testa. Ho 34 anni e faccio un lavoro che non mi stimola per niente. Doveva essere una cosa di passaggio e invece dopo sei anni sono ancora lì. Mi annoio, non mi interessa quello che faccio, non ho stretto grandi rapporti con i colleghi, guadagno pochino e mi sembra di essere sempre più spenta, anche nella vita fuori da lì.

Lo smart working è stato un momento di relativa serenità che purtroppo si è concluso (non dovrei dire “purtroppo” visto che tornare alla normalità dovrebbe essere un buon segno, ma io a casa stavo benissimo).

La mattina mi sveglio di cattivo umore all’idea delle 8 ore che seguiranno. Vorrei trovare il coraggio di mollare tutto e provare a fare qualcos’altro, ma una stabilità economica – anche minima – mi serve. Mi mancano le idee per cercare alternative e la paura di rimanere disoccupata. Dovrei tentare il salto nel vuoto? Andando avanti così temo di sprecare solo tempo.
A.


Cara A.,
Come forse hai letto in giro, non sei sola. Lo chiamano “The Great Resignation” il boom di dimissioni innescato dalla pandemia: le persone che hanno lasciato volontariamente il lavoro tra aprile e giugno 2021 sono aumentate dell’85 per cento rispetto all’anno precedente. Il tuo malessere però mi sembra che parta da più lontano e non sia contingente al periodo storico.

Per questo hai tutta la mia comprensione, è orribile sentirsi incastrati. Purtroppo se sei venuta da me a cercare lo slancio definitivo per uscire da questa situazione, temo che resterai delusa. Non c’è cagasotto più grande di me a questo mondo, non ho fatto mezza cosa coraggiosa in tutta la mia vita. Con che faccia potrei dirti di licenziarti e cercare fortuna altrove?

Non potendo essere quella persona, cercherò di essere l’amica coscienziosa, che mi viene meglio (e nessuno invita alle feste). Il mio consiglio è: manda curriculum in giro per qualsiasi posizione vagamente attraente, spamma il tuo cv ovunque, fai sapere a tutti che hai i coglioni rottissimi.

Un nuovo lavoro anche noioso sarebbe comunque meglio di quello vecchio, l’usura dei tuoi nervi verrebbe probabilmente azzerata dal brivido del cambiamento. Da una parte è vero che restare per strada aiuta ad attivarsi, ma io aspetterei ad avere qualcosa di concreto per le mani prima di uscire di lì col dito medio alzato. Essere incastrati è brutto, ma essere poveri è peggio.

Temo che si debba anche far pace con l’idea che lavorare è tremendo e se ne farebbe tranquillamente a meno, ma qualcuno ha deciso che avremmo occupato un terzo della nostra vita così e tant’è. Diffida di quelli che “amano il loro lavoro” (pericolosi maniaci) e avvia un’assidua ricerca di un impiego che se non altro non ti faccia venire voglia di mettere la testa nel forno. Vedi spesso i tuoi amici e riempi il tempo libero di cose belle (consiglio spassionato del momento: le otto ore di Get Back su Dinsey+). Prima o poi uscirai da quell’ufficio per l’ultima volta e sarà un giorno magnifico.


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