Nudes di Laura Luchetti, prodotto targato RaiPlay (e disponibile da alcune settimane sulla piattaforma) è un film pieno di sorprese. Dieci episodi di venti minuti, tre storie, giovani protagonisti, un tema forte (il revenge porn) e tanta poesia. Questi gli ingredienti di una serie che prende le mosse da una serie originale norvegese, ma che nella versione italiana diventa meno castigata (sessualmente e non solo) e decisamente più aderente alla realtà giovanile.  

Emozioni tossiche

La serie infatti destabilizza e ci spinge a guardare l'intimità  dei giovani non nel solito modo urlato a cui siamo abituati, ma andando oltre la nostra stessa comprensione. Le emozioni sono quasi tattili. E soprattutto Luchetti rifugge dallo stereotipo. Questa caratteristica la si poteva già notare nel suo primo film Fiore Gemello del 2017, un film apparentemente sull'immigrazione (le barche del film si rifanno ai primi sbarchi dall'Albania) ma che in realtà mette al centro l'umanità e l'amore. E anche nella serie Nudes l'operazione è simile. La serie è di fatto centrata sul revenge porn, su emozioni tossiche e conseguenze nefaste. Ma quello che per fortuna non troviamo in questo prodotto è il giudizio morale sui ragazzi, anche quelli che si macchiano di atti riprovevoli. Ci sono ragazzi e ragazze con le loro fragilità, i loro sogni e la loro vita incasinata, giovani che in questo film non sono simboli di niente. Non sono iconici, non sono modelli o, peggio, paria da additare. Sono ragazzi che si ritrovano in storie che nessuno dovrebbe vivere. E li vediamo scivolare via, con il cellulare sempre accanto, in un mondo che scena dopo scena sembra sempre più sconosciuto sia a loro che a noi che guardiamo. E quel mondo virtuale in cui i giovani nuotano con apparente noncuranza, diventa effettivamente il nemico che può risucchiarli in un universo di paure e fraintendimenti.

Adulti fantasma

I tre blocchi di storie di Nudes sono identificati attraverso i tre personaggi che ne sono protagonisti: Vittorio (Nicolas Maupas), Sofia (Fotinì Peluso), Ada (Anna Agio). Ogni storia è analizzata da un'angolatura inedita, spesso spiazzando il punto di vista dello spettatore. Si inizia con Vittorio e, senza “spoilerare” troppo, possiamo dire che Vittorio è il carnefice. Quello che sbaglia tutto e rovina la sua vita, la vita degli altri. Ma guardando il film non puoi non voler bene a Vittorio. E le certezze del pubblico su cosa sia giusto e cosa sia sbagliato crollano davanti alla sua emotività. Vittorio ha tutto: bellezza, intelligenza, fascino e persino dolcezza. Ma non sa gestire le emozioni negative, nessuno in famiglia, a scuola, tra i pari, gliel'ha insegnato. E in pochi secondi rovina tutto. Discende agli inferi con colei che ha voluto punire.

Insomma, sembra dirci la regista, il maschile tossico e in generale i sentimenti tossici, travolgono gli adolescenti e i giovanissimi, ma il sottinteso è: siamo sicuri che la colpa sia solo loro? Cosa fa veramente il mondo adulto per salvarli? In tutti gli episodi, infatti, quelli che sembrano mostri veri non sono i ragazzi, anche se sbagliano come Vittorio, ma gli adulti, una generazione di cinquantenni che sembrano assenti e a tratti spaesati da questi figli che non conoscono. Naturalmente si occupano di loro a livello materiale, ma il dialogo non è pervenuto. Ognuno di fatto è chiuso nelle proprie bolle protettive. Bolle costruite in case borghesi bene arredate dove i genitori, preoccupati solo per le apparenze, mimano malamente una genitorialità non totalmente acquisita. Gli adulti nella serie sono apparizioni fugaci che, pur utilizzando parole giuste o facendo cose giuste, ci sembrano fantasmi. Sono così distaccati, preoccupati della loro esistenza che quasi non c'è spazio per altro. E a questi figli e figlie non rimane altro che cavarsela da soli.

Come Sofia, colpita da un video osceno in quel romanticismo che le è così caro, o Ada, una ragazza pura, angelicale come certe madonne di Raffaello, che incontra in una chat una persona così sporca dentro da farci star male. La serie è intelligente e ha il merito di non essere mai didascalica, e il tema centrale del revenge porn viene analizzato in ogni puntata in tutta la sua complessità.

Oltre l’ordinario

La serie ha l’ulteriore pregio di riuscire ad attivare la nostra empatia. Non siamo tanto abituati alle emozioni, reduci come siamo da serie spacciate come eventi del secolo, ma che poi risultano deludenti, per ambientazione, trama o recitazione. Qui invece traspare come i diciotto attori di Nudes (molti alla loro prima esperienza) siano stati guidati dalla regista, e in generale da un'esperienza di set che li ha fatti immergere nei personaggi e nei loro tormenti. Ed ecco che a Vittorio trema la mandibola, a Sofia le si velano gli occhi, ad Ada le si rompe la voce. La bravura degli attori e delle attrici di Nudes è qualcosa che ci rimane incollato addosso.

Come ci rimane incollato anche quel paesaggio fatta di nebbia, casolari, alberi privi di foglie, strade cantonali. Un'ambientazione che non è Roma, Napoli o Milano, bensì la provincia emiliana, Casalecchio di Reno, San Giovanni in Persiceto e Bologna. Ovvero uno sguardo diverso sull'Italia. Un paesaggio che amplia i confini della narrazione italiana innestata, a volte per pigrizia, sempre nei stessi luoghi iconici. Ciò si evince anche dal dato di realtà che si è voluto dare alla serie, infatti i personaggi non sono tutti bianchi, non sono tutti eterosessuali, non sono di una sola classe sociale, non indossano nemmeno gli stessi capi. E in questo la serie italiana, in quanto inclusività e rappresentazione, ha segnato più punti rispetto all'originale norvegese totalmente bianco, eteronormato e borghese. Ed è in questa inclusività che non è fittizia o artificiale che Laura Luchetti ci fa forse il regalo più grande. Non un'Italia da cartolina, ma un'istantanea di quello che siamo, quello che dobbiamo cambiare, quello a cui potremmo tendere. Un'Italia immortalata con lucida chiarezza.

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