Anche quest’anno non ho letto Guerra e pace, in compenso ho visto un’altra stagione di Matrimonio a prima vista. Matrimonio a prima vista nasce da un format danese, esportato in 23 paesi, e dal 2016 va in onda anche in Italia, dove si è appena conclusa la quinta stagione su Real Time.

Il titolo è abbastanza esplicativo, ma per capirci funziona così: ripetendo “esperimento sociale” e “criteri scientifici” più volte possibile con l’intenzione di obnubilare gli spettatori, tre esperti – nella versione italiana uno psicologo, una sessuologa e un sociologo che non si pettina da anni – formano tre coppie eterosessuali scegliendo tra gli aspiranti concorrenti, giovani uomini e giovani donne dal passato sentimentale deludente che sperano di trovare l’amore della vita con un escamotage che purtroppo contiene in sé una garanzia di fallimento: le tre coppie si conosceranno direttamente all’altare, il giorno del loro matrimonio.

Da lì in poi avranno cinque settimane di vita coniugale accelerata, dalla luna di miele alla convivenza, per decidere se rimanere sposati o restituire le fedi alla produzione. Se l’idea poteva avere qualche possibilità di successo nel paese che ha inventato i Lego, che di incastri se ne intende, in Italia, il paese che ha inventato la nitroglicerina, è la ricetta di un disastro. I nostri esperti sembrano determinati a creare delle coppie che non solo non si ameranno a prima vista, ma si disprezzeranno di un disprezzo profondo, atavico, al punto che sorge il dubbio che fosse quello il piano fin dall’inizio: vuoi mettere una storia d’amore senza intralci con l’intrattenimento infinito prodotto da due sconosciuti che si urlano in faccia dalla mattina alla sera?

Quest’anno la premessa era un po’ diversa: i candidati sono stati selezionati prima della pandemia, ma i matrimoni sono stati celebrati, per forza di cose, dopo la quarantena. Una coppia è saltata ancora prima di iniziare, perché lei lavorava in ospedale e, come qualsiasi persona dotata di un minimo senso di priorità avrebbe fatto, date le circostanze ha preferito non lasciare il lavoro per andare a fare una figura cacina in tv. Nessun problema: dopo un paio di giri di shot gli esperti hanno pescato dal cappello altri due nomi, quelli della coppia peggiore della stagione, e forse della storia dell’umanità.

La prova convivenza

A giugno, dopo tre mesi chiusi in casa, nel mondo fioccavano le richieste di divorzio. Ma ci sono anche quelli che avendo passato la quarantena da soli hanno giurato a sé stessi che non ne avrebbero affrontata un’altra parlando con il proprio dito indice come Danny Torrance di Shining.

Ho un’amica a cui la parola “relazione” faceva uscire le bolle in faccia fino a poco tempo fa. Tuttavia a maggio è uscita di casa, a giugno è andata a farsi una ceretta all’inguine, a luglio era in Sicilia a scalare l’Etna con un nuovo fidanzato (nonostante anche la parola “scalare” le provocasse eruzioni cutanee) e ora convive felicemente con un brav’uomo che le cucina il pesce più volte a settimana.

Io me la sono fatta in coppia al primo round e sto perseverando al secondo. Con Francesco abbiamo trovato un discreto equilibrio attraverso una serie di regole per il quieto vivere che continuano a funzionare piuttosto bene: non ci rivolgiamo la parola prima di mezzogiorno, scegliamo un film a testa e non cediamo mai, mai, alla tentazione di non lavarci i capelli per un giorno di troppo. «Se sopravviviamo anche a questa ci sposiamo», avevamo detto a marzo, completando vittoriosi un ordine dell’Esselunga alle 5 del mattino.

Non lo faremo, perché a nessuno dei due frega niente del matrimonio e perché qualsiasi idea prodotta alle 5 del mattino di solito è una pessima idea, ma capisco lo slancio del momento. Non siamo gli unici ad averlo pensato. La pandemia è stato un banco di prova sentimentale per tutti, ci ha costretto, nel bene e nel male, a valutare i nostri rapporti con una nuova urgenza. Lo sanno bene i concorrenti di questa edizione di Matrimonio a prima vista, che non erano come i precedenti. Erano molto più disperati.

E così, in un momento imprecisato della fantomatica ripartenza estiva, tre nuove coppie sono convolate a nozze davanti alle telecamere, nella più triste delle cerimonie: due sposi, un testimone a testa e l’officiante civile. Fine. Congiunti a prima vista. Niente ricevimento, niente zii ubriachi, niente manciate di riso scagliate con ostilità dalle amiche single della sposa.

Ogni anno c’è una coppia che sembra potercela fare e due palesemente male assortite, che si vede già che andranno d’accordo, se va bene, come la Melato e Giannini in Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto. Alla fine delle cinque settimane, comunque vada, si odieranno tutti. Quanto bisogna essere incompatibili per non sopportarsi neanche per cinque settimane? Ho avuto relazioni più durature a 15 anni. Ho un cartone del latte nel frigo da più tempo e ci sopportiamo benissimo.

Pensavo fosse amore

Giorgia e Luca, facilitati dalla prossimità geografica delle loro case, hanno resistito fino alla fine, nello stupore visibile degli stessi esperti, che si illudevano di averne imbroccata finalmente una. Gianluca e Sitara, quelli ripescati in corsa, sono stati sadicamente mandati a passare la luna di miele in barca e nessuna relazione può prosperare in un posto dove sei costretto a farti la doccia sopra al water.

Da lì in poi è stato tutto in salita, soprattutto perché Sitara non era in grado di partecipare a un dialogo senza amplificare la sua voce con un sapiente uso della mano a cucchiara. Anche Andrea e Nicole sono partiti male, ma lei non se n’è accorta perché era talmente determinata a diventare la moglie di qualcuno, di chiunque, che avrebbe detto “lo voglio” anche a una sagoma cartonata. Lui, spesso confuso dalla consecutio temporum, ha subito sfondato la quarta parete esternando un caloroso apprezzamento per le tette della moglie. Pensavo fosse amore, invece era l’ormone.

Insomma, anche quest’anno tutte e sei le cavie dell’esperimento hanno iniziato questo percorso con le migliori intenzioni e l’hanno finito a pesci in faccia. Non c’è emergenza sanitaria che tenga di fronte agli abbinamenti a cazzo di cane degli esperti. Va bene disperati, ma mica troppo.

The Bachelorette

Intanto in America sta andando in onda l’ennesima stagione di The Bachelorette, che è un po’ tipo Uomini e Donne, ma con meno gente che sbraita e più giri panoramici in elicottero. Come per Matrimonio a prima vista, anche in questo caso la produzione si è fermata per via del Covid ed è ripartita a fine lockdown. Nella prima puntata i corteggiatori di Clare – una bachelorette controversa in quanto trentanovenne e quindi prossima alla morte, secondo gli standard del programma – vengono sottoposti al tampone, che affrontano come un intervento a cuore aperto. «Questo è per te, Clare», dichiarano eroici, lacrimando e grattandosi il naso furiosamente.

Di solito si parte con una trentina di corteggiatori, che vengono eliminati via via dalla corteggiata, la quale nei mesi successivi sceglierà l’uomo che vuole sposare. Quest’anno, per la prima volta, l’ha scelto alla terza puntata. Così, dopo due settimane dal loro primo incontro e con ancora una ventina di partecipanti in gara che Clare faceva finta di non vedere, Dale le ha chiesto di sposarlo e lei ha detto sì. Che fretta avete? Hanno forse riaperto le consegne a domicilio dell’Esselunga? Buon per lei, ho pensato alla fine, e speriamo almeno che lui sappia cucinare il pesce.

Clare non sarà l’unica ad aver accelerato il passo, quest’anno. Per qualcun altro invece il 2020 sarà servito a capire che è meglio stare soli, piuttosto che passare la vita con qualcuno che fa rumore mentre mastica. O forse nessuno avrà imparato niente di niente e quando sarà tutto finito torneremo a fare gli errori di sempre.

Torneremo a frequentare persone sbagliate, a dire “non sei tu sono io” intendendo il contrario, a masticare rumorosamente, a usare di nascosto l’account Netflix del nostro ex, a comprare gatti in comune che poi nessuno dei due vorrà tenersi al momento della separazione. Qualcuno parteciperà persino alla sesta edizione di Matrimonio a prima vista. Nel frattempo, come cantava Gaber, non c’è via di scampo. Devo farmi per forza uno shampoo.

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