«Penso a tutte le persone che, ridendo, mi dicono: ‘Che sciocchezza, io sono musulmano ma non per questo è musulmano anche il mio gatto. Lui non deve mangiare halal!’. La pensavo come loro all’inizio, ma ora ho cambiato idea”. È così che Mr. Rashid, imprenditore britannico, ha avviato la prima azienda europea di pet food halal certificata. E il tempismo non poteva essere migliore.

Sempre più persone adottano animali domestici nel mondo: lo dice l’associazione “Health for animals”, che ha individuato come fattori di sviluppo i cambiamenti demografici, la pandemia da Covid-19 e i crescenti livelli di reddito. Nel caso delle economie emergenti del Sud-est asiatico, la cartina di tornasole di questa tendenza è il boom di consumo di cibo per animali halal. In paesi a maggioranza musulmana della regione, come la Malaysia, la crescente domanda di prodotti privi di carne di maiale e derivati, realizzati tramite procedimenti che si adattano alle regole di igiene islamiche, promette di trasformare la filiera del pet food a livello globale, ispirando anche aziende europee come quella di Aihtsham Rashid.

Cosa è il pet food halal

Come ogni culto, anche l’islam suggerisce norme di comportamento ai suoi seguaci. Quelle legate al cibo e alla cura del corpo sono molto chiare: non è permesso acquistare, portare in casa e consumare prodotti haram, impuri. È considerata tale la carne di maiale e i derivati, appunto, o l’alcol, ma anche tutto ciò che non rispetta il minuzioso processo produttivo indicato dalle scritture per preservare igiene e purezza. In molti paesi a maggioranza musulmana (ma non solo) esistono vere e proprie agenzie che certificano il rispetto delle prescrizioni islamiche.

È il caso del Jakim, il dipartimento dello Sviluppo islamico della Malaysia, oppure del Mui (il Consiglio degli ulema indonesianil), l’autorità halal dell’Indonesia, ma ne esistono anche in Europa e in Italia. Il loro compito è verificare che le filiere agroalimentari, della cosmetica, ma anche prodotti farmaceutici e legati al corpo, si allineino alle norme igieniche del Corano.

Ci si potrebbe chiedere che cosa abbia a che fare questo con la dieta dei nostri compagni pelosi: capitare in una famiglia musulmana fa di loro gatti musulmani? Qualcuno lo ha chiesto provocatoriamente a Mr. Rashid, che sta per lanciare il suo brand di pet food halal nel Regno Unito e nel mondo, ma lui non si è scomposto. Ha ben chiare le ragioni che lo hanno spinto a realizzare i bocconcini per animali certificandone il procedimento attraverso il prestigioso Hmc - Halal Monitoring Committee britannico (per ora è l’unica azienda al mondo).

I gatti nell’islam 

Oggi Aihtsham Rashid intravede potenzialità inedite per il suo nuovo marchio, Hurayra, pronto in due mesi ad atterrare sul mercato. È un unicum nel mondo halal, visto che persino l’autorità Jakim della Malaysia non ha mai certificato prodotti di cibo per animali. «Hurayra in arabo significa “padre di gattini” e Abu Hurayra era un compagno del profeta Maometto nell’islam». Mr. Rashid racconta a Domani che tutto è iniziato per caso, quando gli hanno regalato un gattino perché avesse compagnia in un momento in cui aveva problemi di salute.

«Un giorno mia figlia entra in casa e mi fa: “Papà, non puoi portare quel cibo per il gatto in casa, è haram (proibito nella religione islamica, ndr)”. E indica le bustine di carne trita del mio gatto. Io le rispondo: “Non essere sciocca. Non devo dare cibo halal agli animali domestici!”. Lei insiste, così chiamo alcuni amici accademici musulmani per fare chiarezza. La conferma arriva: non si può acquistare non-halal e portarlo in casa. Non importa se si tratta di pet food, prodotti cosmetici o cibo». Così Mr. Rashid ha deciso di fondare Hurayra. «La mia missione», dice, «è diffondere consapevolezza attraverso l’educazione… e poi realizzare il miglior pet food halal possibile. Per i musulmani, certo, ma non solo».

Créme de la créme

«Quello che molte persone non sanno, è che l’80-90 per cento del cibo per cani e gatti che si trova sul mercato è scadente. È come se si desse del veleno ai propri animali, e per giunta il contenuto di carne è inferiore al 3 per cento. Le proteine non sono nemmeno reali, ma vengono da pelle, peli, ossa in avanzo», spiega.

«Mi ci sono voluti sei mesi per trovare della carne vera e realizzare la formula migliore, perché persino il tonno che si mangia nei Paesi europei e nel Regno Unito è di bassa qualità», dice. «L’unico tonno di alta qualità che viene mangiato dagli esseri umani e dagli animali domestici, indovina dove si trova? In Giappone. Così ho fatto sì che anche in Europa arrivasse il meglio».

Ecco perché, secondo Mr. Rashid, i prodotti di cibo per animali halal spopoleranno anche tra le persone non musulmane. Il processo produttivo è talmente accurato e richiede il rispetto di così tante norme igieniche che può rivelarsi una garanzia anche per chi non deve seguire prescrizioni religiose.

La Malaysia indica la via

Ma perché a dettare le regole è la Malaysia e non, ad esempio, un Paese arabo del Medio Oriente? «Prendi il Pakistan», dice Mr. Rashid, «a netta maggioranza musulmana. Che bisogno avrebbe di produrre cibo per animali halal? Tutto il loro cibo è halal, quindi basta che una famiglia cucini per sé e dia da mangiare gli avanzi agli animali domestici. Non c’è mercato lì».

Ecco perché è stato costretto a rifornirsi in Malaysia. «Il nostro Paese ha uno degli ecosistemi halal più sviluppati del mondo», dice Mr. Muhamad Noridham Nordin (detto Mr. Idham), della Halal Development Corporation Berhad che fa capo al ministero del Commercio malese. La Malaysia, infatti, si allinea con il trend globale di crescita delle adozioni di animali domestici, «certamente influenzata dallo sviluppo socioeconomico del paese», dice.

Con la sua economia emergente si sta sviluppando zuna crescita della classe media» che ha reso disponibile «un reddito extra da spendere per gli animali da compagnia. Durante la pandemia di Covid-19, il lockdown ha portato a un aumento del numero di famiglie malesi che hanno adottato animali domestici, che sono state il loro conforto». «È evidente», conclude, «anche nella crescita dei prodotti e servizi per gli animali, soprattutto gli halal».

Sviluppi futuri

Sembra che dalla Malaysia la catena globale del cibo per animali halal sia destinata ad arrivare in Europa. E, mentre Mr. Rashid sogna in grande («Ci saranno di sicuro altre persone o altre aziende che mi seguiranno per fare la stessa cosa», dice), Kuala Lumpur è pronta ad affrontare la domanda globale, dice Mr. Idham, grazie alla «sua competenza nella produzione alimentare, le solide infrastrutture e il robusto ecosistema halal».

Anche perché, sottolinea, sarà l’etica dietro i prodotti halal a spingerne il consumo. «La crescente consapevolezza e domanda di consumo etico e responsabile, che rispetti anche gli indici Esg (Environment, social, governance) dell’Onu, sta contribuendo a questa tendenza», conclude: «I valori halal non solo promuovono il benessere sociale, ma anche la cura per la natura, con un impatto positivo sia sull’umanità che sull’ambiente».

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