«Le voci nel buio hanno più carattere», scriveva nel suo romanzo Il corpo umano Paolo Giordano. Mi torna in mente quella frase mentre ho davanti a me, in carne e ossa, tutto il cast del podcast Batman Un’autopsia, la nuova audio serie originale di Spotify nata dalla partnership tra la piattaforma, Warner Bros e Dc Comics. Un progetto diviso in dieci episodi, disponibile da martedì 3 maggio. E in nove paesi simultaneamente.

Alla Santeria di Milano la comica Michela Giraud rompe il ghiaccio: «A un certo punto mi sono trovata in una stanza al buio, da sola col leggio, immersa nel mio ruolo drammatico. Interpreto Vicki Vale e dovevo piangere. Mi è venuto naturale farlo, incredibile». Il cast è di quelli che non ti aspetti, o almeno non così tutti insieme.

C’è Claudio Santamaria che interpreta Batman, Michele Bravi l’enigmista, Maria Grazia Cucinotta e Michele La Ginestra i genitori di Batman che appaiono nei sogni. Poi Beatrice Bruschi (Kell), Edoardo Ferrario (Arnold Flass), Michela Giraud (Vicki Vale), Alice Mangione (Barbara Gordon), Fiore Manni (Renee Montoya), Nicola Pistoia (Dr Hunter), e Saverio Raimondo (Il cannibale).

A vedere gli attori qui, sembra una scolaresca in gita a Milano. Ognuno dice qualcosa che fa ridere, come Alice Mangione. «Io interpreto Barbara Gordon, il mio è un ruolo da figa». O come Saverio Raimondo che sarà il cannibale: «Per entrare nella parte ho usato il metodo Stanislavsky». Nicola Pistoia, il Dr Hunter, racconta come la sua ex moglie, ora sua agente, gli abbia proposto la parte: «“È un ruolo per un podcast”. Io non sapevo che cosa fosse, credevo che Un podcast fosse il nome del film».

Claudio Santamaria

Quando sale sul palco per leggere una piccola parte, la sua voce è ipnotica, fa vibrare La Santeria. Claudio Santamaria ci terrà incollati al podcast, anche lo ascoltassimo sul più caotico dei tram all’ora di punta. E lo è anche mentre racconta della sua vita milanese, città in cui si è trasferito da due anni. «Sono romano ma qui mi sento a casa. Pensa che Stefano Accorsi e Adriano Giannini abitano entrambi vicino a casa mia, li ho incontrati per caso durante il primo lockdown e li avrei voluti abbracciare». Poi si fa serio. «Questo è il mio primo podcast, anche se ho fatto tanti audiolibri».

Tutti gli attori qui dicono di aver scelto questo progetto perché innamorati del personaggio. Non fa eccezione Santamaria che ha anche doppiato al cinema Christian Bale in Batman Begins. Dopo averlo visto al cinema interpretare Fulvio l’uomo scimmia in Freaks Out di Gabriele Mainetti viene il dubbio che non voglia più mostrare la sua fisicità. «No, è solo sperimentazione. Questo è un mestiere dove puoi essere chi vuoi e imparare a fare qualsiasi cosa. Batman Un Autopsia è una storia avvincente, e l’idea è poetica: chi ascolterà le nostre voci lo farà da solo, nell’intimità di una stanza o in macchina. Magari al buio prima di addormentarsi. Il podcast non sostituisce il libro, è il suo prolungamento. Inventi tu i personaggi, i costumi e giri tu le inquadrature: tutto nella tua testa».

E poi ancora: «Oggi l’effetto speciale non serve se la storia è povera. In Batman il conflitto del protagonista è più spostato all’interno di se stesso, è un personaggio che lotta contro i suoi fantasmi. Che sono ancora più grandi del nemico esterno. Mi piaceva questa introspezione». Dribla la risposta sui suoi fantasmi interiori, come tanti professionisti del cinema che non amano mettere a confronto i personaggi con chi sono davvero nella realtà.

«Marcello Mastroianni diceva che questo mestiere non va preso troppo sul serio. C’è una parte infantile e di gioco. È un viaggio. E io voglio viverlo così».

Temere la voce

«Lavorare con la voce non è mai stato il mio forte. Anzi, lo considero il mio tallone d’Achille per anni. Sono siciliana e dislessica, e leggere e parlare non è il massimo per me. La mia fisicità mascherava questa cosa, anche da muta riuscivo a comunicare. In questo caso mi sono catapultata in qualcosa che mi faceva tremare le gambe. La voce, che cosa meravigliosa», dice Maria Grazia Cucinotta.

E ancora: «Fare i podcast stravolge i ruoli e puoi essere chiunque indipendentemente dall’età. Quando Luca Leone mi ha chiamato non avevo neppure capito che cosa fosse. Però non mollo il resto. La mia passione rimane recitare ma anche condurre il mio programma di cucina L’Ingrediente Perfetto su La7».

Un’enciclopedia su Batman

Anche lui è un’enciclopedia vivente su Batman. Sebbene sia un cantautore non si è tirato indietro di fronte all’opportunità di recitare. «Dopo questi ultimi due anni chiusi nella nostra comfort zone è arrivato il momento di osare», dice Michele Bravi, mentre si prepara per il tour che parte il 12 maggio da Peschiera Borromeo. «Rispetto a tutto il mondo dei supereroi Batman ha questa introspezione sul male estremamente forte. Rappresenta un trauma che non è stato superato. Il mio cattivo, l’enigmista, è un perfido che vuole essere capito. A un certo punto della sua vita viene tradito dalla donna che ama e inizia il gioco dell’indovinello per nascondersi. Ma non riesce a celare quella voglia di farsi scoprire. In cuor suo spera sempre che qualcuno gli dia un’identità e un nome. È una sofferenza d’amore che viene estremizzata nel male».

C’è stato un momento più faticoso di altri? «La voce è la maschera del mio personaggio. C’è solo un momento in cui lui toglie quello schermo. Quando parla di colpe e di un male che lui ha subìto e da cui non si è difeso. E quel momento è l’unico in cui rimane spogliato, nudo. Dura pochissimo ma è stato molto intenso anche per me».

Il problema del comico

«Quando sei un comico il lavoro di mimica facciale e del corpo è fondamentale. Nel podcast ho dovuto convogliare tutta la mia energia nella voce. Essere Vicki Vale all’inizio mi ha messo in crisi. Ma ci sono riuscita, sono riuscita perfino a piangere», confida la comica Michela Giraud che cita Carlo Verdone, Anna Marchesini e Franca Valeri come suoi mentori. Il suo futuro doveva essere nella storia dell’arte e invece alla fine si è trovata a scegliere il palco. Dopo Batman il prossimo appuntamento sarà su Rai Uno, il 28 maggio presenterà i Diversity Media Awards. «Sono specializzata nella storia del 1500, amo Tiziano e Raffaello e tutto quel periodo storico fino al 1600».

La sua è una storia come quella di tanti, non sempre la prima scelta si rivela quella giusta. «Volevo essere indipendente e la storia dell’arte non me lo permetteva. Un giorno, sul pullman, guidando un gruppo d’istruzione ho preso il microfono. Ho attirato l’attenzione di tutti, era un dono con immediato riscontro. È stata come una droga. Ne volevo sempre di più. E così eccomi qui». Non hai mai pensato di mollare? «Certo, al Festival di cabaret di Grottammare. Non avevo fatto ridere, era andata male. Così, mentre stavo per tornare a casa incontro Max Tortora e gli chiedo una foto ricordo. E lui mi fa: “Amore mio, tu sei molto alta di contenuti. Prima o poi ti capiranno, avrai una grande carriera. Ricordati di me se farai un film”. Succedeva sette anni fa. A volte basta solo una parola giusta per dare coraggio».

Labbra e suoni

«Sono un batmaniano, avrei fatto qualsiasi cosa per essere in questo cast», confida Saverio Raimondo. Non è nuovo al mondo dei podcast, il suo Da uno bravo racconta le visite dal medico a microfono aperto.

«Stavolta però sono un cannibale e per entrare bene nel ruolo ho lavorato molto con la voce. Uso le labbra ed emetto suoni strani, mentre parlo mangio le mie vittime», dice mentre ride. Qui, in questo clima goliardico, anche lui si racconta. «A 13 anni, volevo fare il comico. In terza media ho presentato il concerto di Natale a scuola. Andò benissimo e da allora ho capito che volevo fare il presentatore. A 18 anni mi sono presentato per un’audizione con Serena Dandini. Ero un incosciente, lei però mi ha preso sul serio».

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