Tutti i consumi culturali stanno subendo cambiamenti profondi sotto gli effetti via via più significativi della digitalizzazione e delle tecnologie, che impattano con la ricezione e la circolazione dei prodotti, ma anche in virtù di uno sconvolgimento dei comportamenti, dei gusti e dei desideri che accompagna l’epoca traumatica che stiamo attraversando.

L’esito – ancora parziale ma per molti aspetti già irreversibile – è una profonda ristrutturazione dei consumi culturali con effetti in qualche caso già evidenti e violenti (il cinema, specie nella dimensione delle sale di proiezione), in altri casi più parziali e incerti.

Ma per quello che riguarda il mondo del libro, i dati e le tendenze che intravediamo lasciano pochi dubbi al riguardo, indicando la profondità delle trasformazioni sia per quanto riguarda la conformazione del pubblico (chi legge?) che per quanto riguarda la natura dei bisogni connessi alla pratica della lettura (perché legge?).

L’avvertenza a questo punto necessaria è che si tratta di tendenze appena emerse, nitide a giudizio di chi scrive ma passibili di evoluzioni e anche regressioni: un tratto di fragilità, provvisorietà, impermanenza è tipico di molti fenomeni del nostro tempo.

Ma ecco, per partire da un esempio concreto, nei dati raccolti durante la pandemia da Associazione italiana editori per il Centro per il libro e la lettura si notava come la grande fascia dei lettori medi o deboli si fosse rarefatta biforcandosi, per così dire, in due diverse e opposte direzioni: una parte chi leggeva molto di più, approfittando evidentemente del tempo vuoto dei lockdown, un’altra chi ha smesso di leggere.

Generando così quel dato singolarmente ambiguo per cui si sono venduti più libri ma il numero dei lettori è calato. Al di là delle cifre – che preferisco non riportare pedissequamente proprio per non pietrificare quello che è ancora in parte magmatico ed enigmatico (cifre peraltro reperibili sui siti di Aie e Cepell) – cosa significa questo se non che anche nel campo della lettura si è prodotta una polarizzazione, in cui comportamenti medi si sono, per così dire, estremizzati?

Una certa infedeltà

Si tratta – è probabilmente superfluo ricordarlo – di uno dei tratti sociopolitici più evidenti e influenti del nostro tempo. Di fronte alle sfide che la micidiale sequenza traumatica (crisi economica, emergenza ecologica, pandemia, guerra e disruption tecnologica) ha imposto alle nostre società, le opinioni pubbliche soprattutto occidentali si sono ritrovate non solo divise ma in qualche maniera irregimentate in opinioni e campi via via più ostili.

Senza trascinare a forza i comportamenti di consumo nel campo insanguinato delle culture war contemporanee, c’è una sottile ma significativa analogia che il termine “polarizzazione” segnala. Con un particolare invece proprio dei comportanti culturali e in una certa misura contraddittorio rispetto al fenomeno della polarizzazione stessa. Esiste una forte oscillazione nelle scelte, sintomo di gusti e di attese, forse perfino di desideri, che potremmo definire “fluidi” o (alla Bauman) “liquidi”. Di fronte all’enorme espansione dell’offerta di prodotti ed esperienze in senso lato culturali, la risposta è una certa infedeltà, con scelte che tendono a presentarsi come provvisorie e revocabili.

Qui gli indizi sono più tenui, ma per esempio nel passare da una piattaforma all’altra (anche nel caso, un tempo impegnativo, degli abbonamenti) si intravede questa reazione insieme libera e fluida. Nel mercato del libro questa tendenza sembra produrre oscillazioni significative e imprevedibili di un mercato che ha sempre presentato invece una caratteristica stabilità, con minimi mutamenti percentuali negli anni del (basso) numero dei lettori. L’ipotesi di una rottura di quella stabilità può certamente essere l’effetto di uno sguardo troppo ravvicinato a eventi che segneranno in profondità i nostri anni.

Ma se rischiando violo la cautela che pure sarebbe necessaria è solo per segnalare un possibile mutamento di scenario, con effetti potenzialmente aperti ma comunque radicali (una definitiva marginalizzazione della pratica della lettura? O viceversa una sua nuova centralità in un mercato dei consumi ormai definitivamente, estremisticamente plurale?).

Nuovo pubblico

Ipotesi che non possono non misurarsi col terzo dei fenomeni, plasticamente rivelato dalla straordinaria crescita delle vendite di graphic novel, fumetti, storie illustrate. Anche qui inutile fare cifre che, al momento in cui scrivo, hanno dimensioni incredibili per un mercato – ripetiamolo – tradizionalmente poco mobile. Sembra quasi che il fermo immagine del lockdown abbia rappresentato per fasce molto ampie di giovani, quasi tutti non-lettori, l’occasione di incontro con un prodotto (essenzialmente quello dei manga) che pure era già largamente disponibile.

Fino al fenomeno, registrato da una indagine del Sindacato italiano librai a ridosso dei lockdown, di un consistente nuovo pubblico che si sarebbe affacciato nelle librerie rimaste eroicamente aperte durante la pandemia. Ma è la comparsa improvvisa e inattesa di una sorta di pubblico separato, devoto non alla lettura in generale ma a un genere preciso di pubblicazione. Lo stesso fenomeno è rappresentato, su un versante diverso, dall’influenza dei tiktoker nel determinare il successo di alcuni libri (classici e novità).

Si tratta evidentemente di messaggi che raggiungono nuovi frammenti di un pubblico che ormai appare parcellizzato. Questa frammentazione dei pubblici è il terzo tratto di novità. Ormai il pubblico tradizionale, che legge le recensioni, si informa sulle novità e segue i premi letterari, è una parte, nemmeno lontanamente maggioritaria. Sarebbe sbagliato intravedere, in questa frammentazione, solo un tratto generazionale. Si tratta piuttosto di attese e bisogni vistosamente diversi che generano diverse pratiche culturali. Per esempio, forme di lettura (nel senso di accesso ai contenuti emotivi, narrativi, conoscitivi di un testo) che possono trascendere da un supporto (il libro) che per secoli li ha veicolati. Ma qui si apre un campo enorme di trasformazioni e di riflessioni che è necessario rimandare, in attesa di ricerche e segnali più solidi.


Nell’ambito della rassegna BookCity, l’Osservatorio sul futuro dell’editoria della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli propone l’incontro “Cosa leggeremo l’anno prossimo?”, per presentare il Rapporto 2022 sul futuro dell’editoria. Intervengono Alessandra Carra, Paola Dubini, Paolo Costa e Carlo Antonelli. Modera Massimiliano Tarantino. L’incontro è venerdì 18 novembre alle 18.30 in viale Pasubio 5 a Milano. 
 

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