Cara Giulia,
Sono un ragazzo di 26 anni, e tre anni fa mi sono lasciato con la mia ragazza storica (una relazione di cinque anni). La nostra relazione aveva sicuramente dei problemi e presentava grandi tratti di tossicità. Quando ci siamo lasciati (il giorno della mia laurea) mi sono sentito dare della persona tossica, e molte altre cose. Insomma, ci siamo lasciati proprio male, e devo dire che mi ha ferito molto più questa fase che tutta la relazione in sé, in cui mi sono trovato abbastanza bene. Dopo che ci siamo lasciati lei mi ha bloccato ovunque per due anni. Io ho sofferto molto, ad ogni tentativo di comunicare con lei mi sentivo dire che mi avrebbe denunciato, che avrebbe chiamato i carabinieri, ecc. Pensa che sono arrivato al punto di chiedere a un mio amico avvocato se davvero il mio comportamento fosse da stalker e fortunatamente non era affatto così.

Dopo due anni di blocco completo, l’anno scorso mi sono accorto di essere stato sbloccato su WhatsApp. Allora ho ceduto e le ho scritto. La cosa che mi ha colpito è che lei fosse completamente “rigenerata” dai fatti del passato, come se nulla fosse mai accaduto come se tutte le cose (brutte!) che mi aveva detto non le avesse mai pronunciate. Lo stupido rimasto “fermo” due anni ad arrovellarsi nel dolore sono stato io, non lei. Al che, grazie al supporto prezioso dei miei amici, ho deciso di tagliare i contatti, e di costruire qualcosa di mio e di andare avanti. Adesso mi sto pure sentendo con una ragazza e mi sembra quasi incredibile che si possa avere un rapporto normale.

La cosa che mi pesa è che ciclicamente questa persona si faccia sentire. Non per sapere di me, di quello ormai non le frega molto (lei stessa mi dice che è completamente neutrale nei miei confronti e non posso dire certo lo stesso io) ma per avere dei miei pareri sulle sue vicende personali. Ultimamente mi ha chiesto spesso consigli per aiutarla a tenere nella sua vita una sua cara amica (per la quale non ha mai capito se nutrisse dei sentimenti più profondi) e che non vuole lasciarla andare.

Io per un po’ l’ho ascoltata, ma ieri, dopo l’ennesimo contatto, mi sono sentito proprio scemo. Io sono stato tagliato fuori dalla sua vita, ed ora sto venendo usato per aiutarla a non tagliare dalla sua vita un’altra persona. È normale che io stia male ogni volta che succede questo? È come se il mio piccolo mondo, il mio angolo di tranquillità venisse ripetutamente messo sottosopra. Io ho sofferto enormemente per questa storia, e continuare a sentirla così mi fa stare solo male. Le ho consigliato di vedere uno psicologo, penso che sia la persona più indicata per aiutarla. Mentre io cercherò di ritrovare quella serenità che puntualmente trovo prima che lei si faccia risentire.

Grazie,
M.


Caro M.,
ormai una decina di anni fa, quando pensavamo ancora che le relazioni amorose fossero il centro delle nostre esistenze e che tornare a casa alle cinque del mattino fosse una scelta di vita praticabile con regolarità, io e le mie amiche assistemmo a una scena che negli anni è stata poi citata milioni di volte, fino a entrare nel nostro lessico famigliare.

Tornavamo da una serata fuori, ad accompagnarci a casa una dopo l’altra era l’ex fidanzato più grande – che chiameremo B. – di una delle amiche presenti, che chiameremo A. Si erano lasciati da anni, ma lui voleva riconquistarla disperatamente e nessuna di noi aveva la macchina, quindi uscivamo spesso tutti insieme come una grande famiglia disfunzionale, ignorando qualsiasi implicazione sentimentale e godendo del servizio navetta offerto dal poveretto. Che A. non avesse alcuna intenzione di riprenderselo era chiaro a tutti tranne che al malcapitato, il quale periodicamente buttava lì l’ipotesi di una riconciliazione, che veniva respinta in modo sistematico.

Non mi ricordo più perché quella sera cominciarono a litigare, fatto sta che sotto casa di A. intorno alle cinque della mattina B. si prese una raffica di schiaffi che in confronto la prima puntata di Squid Game è una commedia per famiglie. Mentre la furia di A. si consumava e le sberle rimbombavano nel silenzio dell’alba, un uomo in canotta si affacciò a una finestra sopra di noi e laconico disse: «mollala». Forse perché eravamo ancora ubriachi, forse per la pronuncia dello sconosciuto (per la trascrizione fonetica esatta ricorrerò allo schwa: məllələ), ci mettemmo a ridere tutti, compreso l’ex fidanzato dalla faccia a pizza margherita. Da allora “məllələ” è il consiglio che diamo a chiunque si trovi in una situazione oltremodo sgradevole e da cui non si può trarre nessun beneficio.

E come ormai avrai intuito – se sei sopravvissuto a questo inferno di aneddoti personali a cui ti ho sottoposto – è anche il consiglio che do a te. Mollala, mollala al più presto. Da quanto mi scrivi sei già arrivato a questa conclusione, ma intuisco comunque un tormento malsano nelle tue parole, che mi fa pensare che a lei sicuramente lo psicologo farà bene, ma pure tu forse un giro ce lo potresti fare. L’hai detto tu: c’è una dinamica malata fra di voi. Per di più lei sembra essere andata avanti, mentre tu ancora rimugini (che è normalissimo, non è facile dimenticare qualcuno che abbiamo amato, anche se nel modo sbagliato).

Magari non sei uno stalker, ma ti sei chiesto perché hai sentito l’urgenza di ricontattare una persona con cui è finita male appena questa è tornata minimamente disponibile? E come mai dici di esserti trovato bene in una relazione che tu stesso definisci tossica? Può essere che ti basti trovare un equilibrio con una ragazza nuova e diversa, ma stai attento a non lasciare troppo spazio al passato. Se cammini guardandoti indietro, prima o poi vai a sbattere. O ti prendi una fila di schiaffi.
Giulia
 

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