Matt uscì dal portone di casa abbastanza svogliatamente, come se fosse una domenica, e non un martedì o un mercoledì lavorativo. L’aria dei primi giorni di primavera lo stordì. Era una stagione pazza, quella, non potevi mai sapere che tempo avrebbe fatto. Freddo o caldo, bello o brutto?

Bastava guardare gli olmi che si susseguivano fino alla fine della strada. Il primo della fila era già adornato di gemme verdi, mentre gli altri se ne stavano ancora stecchiti, lividi, bruciati dal freddo: dipendeva dalla minore o maggiore esposizione al sole.

Matt sembrò ricordarsi improvvisamente di avere qualcuno che lo aspettava infrattato dentro al suo androne, e si guardò intorno con aria circospetta.

- Puoi uscire, è tutto tranquillo, - disse, facendo un rapido gesto con la mano.

Dall’androne spuntò un ragazzo dalle movenze abbastanza impacciate.

- Ti va un pranzo nel locale qui accanto? - gli chiese Matt.

- Un pranzo?

Matt ridacchiò. - Guarda che non lo sanno che eri a casa mia.

- Ok ok.

Stravagante

Matt era un tipo stravagante ma non dava troppo nell’occhio, perché a vent’anni, in fondo, chi non lo è almeno un po’?

Diceva di frequentare l’università ma si faceva vedere in giro solo la sera, quando gli ingressi dei vari dipartimenti erano stati sbarrati già da un pezzo. Si divertiva a camminare un passo dopo l’altro sulla corda traballante che separa il successo dal fallimento: la pratica preferita della giovinezza.

Indossava jeans attillati e un vecchio chiodo che gli aveva passato suo fratello, ma non gli andava che lo chiamassero metallaro, quell’etichetta gli sapeva di vecchio, gli faceva la muffa addosso.

- Siamo solo due buoni amici che mangiano qualcosa insieme, ok? - disse ancora Matt, per mettere a suo agio il ragazzo.

- Sì, non ci trovo nulla di male.

- Il male è un concetto troppo religioso, non credi?

- Cioè?

- Se ti stampassi un bacio con la lingua qui dentro, e ci mettessimo a limonare duro, non ci sarebbe comunque niente di male. Non trovi?

Matt fece un cenno col capo al ragazzo, perché guardasse verso un tavolo in cui un lui e una lei stavano appunto baciandosi appassionatamente, senza sosta.

- Carini, vero? - disse Matt, quasi per provocarlo.

Il ragazzo abbassò la voce. - Ho una ragazza, te l’ho spiegato. Fossi libero me ne fregherei.

Matt si mise a ridere. - Magari, per non insospettire, possiamo parlare di cose molto maschie. Che so, il motomondiale o i soldatini.

Il ragazzo non rispose nulla ma la sua espressione confusa venne centrata in pieno da un raggio di sole: i primi giorni di primavera possono fare regali del genere. Matt pensò che quella giornata fosse una cornice perfetta per la loro bellezza.

- I absolutely love you, - canticchiò. - But we’re absolute beginners.

- David Bowie?

- E chi sennò?

- La smetterai mai con quella robaccia anni Settanta?

- Chiudi quella bocca da millenial! Sei troppo poco giovane per capirmi. I veri revival saltano sempre qualche generazione.

Matt uscì di nuovo dal portone di casa soltanto all’ora di cena, con la stessa svogliatezza di prima. Non bisogna fidarsi dei primi giorni di primavera, perché ciò che è caldo presto può diventare freddo.

Così a partire dal pomeriggio, ancora diverso tempo prima del tramonto, raffiche di vento avevano spazzato la strada, e parecchia gente vestita a strati era stata costretta a recuperare giacche legate in vita o piumini ficcati in borsa.

Matt fece il solito gesto con la mano che equivaleva a un “via libera”, e stavolta dall’androne fece capolino una ragazza.

- Ti va una cena nel locale qui di fianco? - le chiese.

- Va bene, se non è troppo frequentato. Il mio ragazzo conosce mezzo mondo.

- No zero, in pratica ci mangio solo io. Nessuno ci vedrà insieme.

Si avviarono dentro e si sedettero allo stesso identico tavolino che Matt aveva scelto anche a pranzo: innocui giochetti.

- Che pensi? - gli chiese la ragazza, con un velo di preoccupazione sul viso.

- A niente, sul serio. Sto bene, zero paranoie.

- Ti va di vederci ancora?

- A me sì, e a te?

- Sì, e mi maledico per questo.

- Perché?

- Non è giusto, mi sento sporca.

Matt mandò gli occhi al cielo.

- Oggi siete tutti decisamente troppo religiosi per me.

- Tutti chi?

Matt sembrò non sentirla.

- Boomer, generazione X, Y, Z, me ne fotto, ok? Dobbiamo tutti liberarci dalle catene. Maschi e femmine. I maschi vivono ancora nella convinzione che le femmine vadano prima cacciate e poi protette. E le femmine, di riflesso, si lasciano persuadere di dover essere prima conquistate e poi difese. È antiquato, cazzo.

- Ma cosa c’entra con il mio tradimento?

- Tradimento è una parola che mi fa venire le bolle.

- Perché?

- Adesso non mi va più, ne stiamo parlando da troppo tempo.

La ragazza non rispose nulla ma il baluginio di un fulmine ridette vita ai suoi occhi dubbiosi: i primi giorni di primavera possono fare regali del genere. Matt pensò che quella giornata fosse una cornice perfetta per la loro bellezza.

- I absolutely love you, - canticchiò. - But we’re absolute beginners.

- Che roba è?

- Niente, un vecchio cantante morto.

In strada Matt si alzò il risicato bavero del chiodo. Dal locale al portone di casa gli sarebbe bastato un passo, lo sapeva, eppure rimase lì fuori per un po’.

Voleva farsi piovere addosso. Aveva preso il sole e adesso voleva la pioggia. Era uno stronzo egoista? Tagliava ogni discussione sul più bello, quando i nodi arrivavano al pettine? Può darsi, ma non aveva voglia di stabilire niente.

Nemmeno su sé stesso. Era solo un ventenne iscritto all’università che si sarebbe laureato col massimo dei voti o, all’opposto, sarebbe andato clamorosamente fuori corso. Cominciò a piovigginare, gocce impercettibili, punte di lingua. Mostrò il viso al cielo con gratitudine. Pensò che, a differenza di quasi tutto il resto, la primavera non era uno stato mentale.

Pensò anche che il presente era un tempo troppo lento per scattargli una fotografia. Ci sarebbero voluti lassi temporali inferiori all’attimo.

Lo aiutò il profumo umido di un gelsomino che si arrampicava a una cancellata. Stare in quel profumo, essere la primavera.

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