Quest’estate ho scoperto, con sorpresa devo dire, che gli italiani non hanno paura della morte. Ed è sicuramente un dato positivo. Fanno loro il verso dell’inno stringendosi a coorte e pronti alla moorte. Ora lasciamo stare se il problema in questione non è il suolo patrio, sul quale possiamo discutere, ma uno spritz, fatto sta che il popolo italiano si è svegliato senza più l’ansia, la paura della morte che, per quanto il suddetto popolo tenda a ignorare e a negare le evidenze, invece esiste. Purtroppo.

La morte è in poche parole il posto dove non c’è la vita. Appuntamento al quale tutti dobbiamo presentarci e io, visto questo coraggio novello dei miei compatrioti, ho pensato di suggerire un po’ di epitaffi da mettere sulle lapidi. Da sempre gli uomini lo hanno fatto, per lasciare un ricordo o un segno del loro passaggio su questa terra.

Molte sono solo informative: qui giace Marco Licinio Murena, senatore e marito devoto. Altre sono un po’ più descrittive: cavaliere e conquistatore eccetera eccetera. E così nei secoli questa pratica è andata avanti. Qui giace uno il cui nome è stato scritto sull’acqua lo si può trovare sulla tomba di John Keats, al cimitero acattolico di Roma.

Siccome è facile non avere il tempo per pensare a una frase, mi sono permesso un prontuario, una lista, per chi ne volesse fare uso. Li ho divisi in categorie, per rendere più semplice la scelta. Data la serietà dell’argomento, comincerei con gli epitaffi apodittici. Si sposano bene col panorama lugubre e triste di un cimitero e tornano utili per darsi un tono.

Apodittici

La morte è l’unica esperienza che non si può insegnare.

Fra le cose stupide della vita, la morte le batte tutte.

Se qualcuno ha detto che la vita è la scala di un pollaio, corta e piena di merda, è perché non ha visto cosa c’è da quest’altra parte!

L’unica cosa da ricordare della mia vita è la mia morte.

La vita è un film giallo in cui sai perfettamente che la vittima sarai tu.

Ironici

Ci sono poi gli epitaffi che ho raggruppato sotto la categoria epitaffi ironici. Sono destinati alle persone che vogliono lasciare un ricordo filtrato da un sorriso e a novembre possono tirare su il morale.

Salute a te, che passando guardi la mia lapide. Proprio non hai un cazzo da fare oggi, eh?

La vita fa schifo. Ma sinceramente la preferivo.

Daje e daje prima o poi lo sapevo che andava a finire così.

Madonna che mortorio!

Ditemi che non è vero!

Ma ho detto qualcosa che non va?

Chi mi ama mi segua. Scherzo...

Ho campato un po’ di più, perché quando è arrivata la mia ora, avevo su ancora quella legale.

Sapevo che vedere il prete e il medico al mio capezzale non era un buon inizio di giornata.

Ottimisti

Potrebbe esserci chi, davanti alla morte, preferisca mantenere un atteggiamento ottimistico. Niente da obiettare, è il loro epitaffio, la loro frase, il loro ricordo. Ecco allora gli epitaffi ottimisti.

Venite a trovarmi quando volete. Tanto io qui sto.

Casomai ci sentiamo...

Sono stato un inguaribile ottimista che ha visto il bicchiere sempre mezzo pieno anche se, sinceramente, ora come ora, non saprei.

Non è detta l’ultima parola.

Vabbè, mi faccio vivo io.

Interrogativi

Molti di noi hanno il vizio o la virtù di riempire il prossimo di domande. Perché non farlo anche dopo morti? Richieste a chi gli è sopravvissuto, insomma? Con gli epitaffi interrogativi si può continuare a esercitare il sacrosanto diritto della domanda:

Qualcuno ha contato quanta gente c’era al mio funerale? Voglio dire, a parte me?

Devo dire qualcosa a nonno?

Quando vi dicevo che il colore giusto delle urine non è l’indaco ma il giallo paglierino, perché nessuno mi ha creduto?

Le grandi domande

E a proposito di richieste, una cosa è certa: tutti abbiamo voglia di sapere di più sui grandi misteri esistenziali. E siamo convinti, nel nostro intimo, che una volta al di là qualcosa ci verrà svelato. In fondo ce lo meritiamo pure, no? Ecco allora gli epitaffi delle grandi domande:

Troverò le risposte adesso? Mi diranno il perché? Verrò a conoscenza dei misteri? E soprattutto, me ne fregherà ancora qualcosa ora che sono morto?

Verrà il giorno che tutti noi risusciteremo. Vorrei foste un po’ più chiari. Vuol dire che io tornerò in vita? Ma a che età? Perché a venti anni ci sto, ma a 94 con tutti gli acciacchi rimarrei volentieri sotto terra.

Verrà il giorno che tutti noi resusciteremo. E quei poveracci nella fossa comune, come faranno a distinguere le ossa? Cioè, ci sarà gente con tre clavicole e sette tibie?

E se avevano ragione i giapponesi? Che gli dico ora che Lo incontro?

Ma me le posso fare le condoglianze da solo?

Gli amareggiati

Ora la morte, anche se non ne abbiamo più paura, è sicuramente un brutto scherzo, sicuramente poco piacevole per tutti e non potevo non pensare a degli epitaffi per chi è rimasto un po’ amareggiato dalla cosa.

Perché ti fanno vivere se alla fine ti ammazzano?

Mi sono annoiato da vivo, figuratevi adesso!

Quando vi dicono che non tutti i mali vengono per nuocere, non date retta.

Guardate come vi riduce la vita!

Non sto qui a dirvi quanto mi dispiaccia per la mia dipartita. Sinceramente, avrei preferito fosse la vostra.

Sono nato povero e sono morto ricco. Poi dice che uno si incazza.

E non venite a dirmi che mi poteva andare peggio!

Come faccio a chiamarlo Dio se mi ha fatto uno scherzetto del genere?

Quant’è vero che ne ammazza più una penna che la spada! A me hanno provato a fare la tracheotomia con la bic.

Se mi dispiace? Certo che mi dispiace! Vorrei vedere voi al posto mio.

Tutto il tempo a disposizione e una mazza da fare!

Ora se non altro la smetterete di rompermi i coglioni.

Perché dovrei venire a darvi i numeri nel sonno? Mi dareste forse una percentuale? E anche se sì, mi dite che ci faccio?

Muliebri

Ho pensato poi a un’intera sezione dedicata alle donne, meglio alle mogli. Finalmente di fronte all’assoluto e all’inspiegabile mistero della vita c’è la possibilità dello sfogo. Sono gli epitaffi muliebri.

Non dite niente a mio marito. Capace che viene pure lui.

Moglie dolcissima, madre affettuosa, nonna impagabile. Dio, quanto tempo ho sprecato!

L’unica cosa che mi rende euforica è sapere che adesso le camicie se le stira da solo!

Sono venuta al mondo da sola, e da sola me ne sono andata. Perché mi sono sposata allora?

Me ne sono andata senza rimorsi. Senza pesi sulla coscienza. Senza rancori. Dove ho sbagliato?

È tanto largo, proprio accanto a mio marito dovevate seppellirmi?

Sono stata una madre snaturata, una donna senza morale, ho dato via il mio corpo neanche fosse una nocciolina. Però, avete visto quanta gente al funerale?

Tautologici

Davanti alla morte si può preferire un atteggiamento più riservato, anzi direi più cauto. E allora se si vuole restare sul sicuro, l’epitaffio tautologico è quello giusto.

Se stai leggendo questo epitaffio, significa che sono morto.

Che palle!

Qui non è come in tribunale, sapete? Qui veramente la cosa è uguale per tutti.

Non sono mai stato puntuale in vita mia. Pensate che dovevo morire già due anni fa.

Sono nato, ho vissuto, sono morto. Diciamo che le cose fondamentali, quindi, le ho fatte.

Ammonitori

C’è chi ha invece sente di dover correggere i vivi, di avvertirli del pericolo nel fare qualche passo falso, dal considerare rischi come tali e non prenderli sottogamba. Ecco allora degli epitaffi ammonitori.

Se potessi tornare indietro, lo spritz me lo facevo a casa.

Amore, te l’avevo detto che i funghi era meglio comprarli al mercato...

La vita è un vizio che prima o poi te lo devi levare. Io l’ho fatto.

Non mi sono mai fidato del prossimo. A parte una volta. E ora eccomi qui...

Se proprio non resistete ad un raptus omicida, controllate prima che la pistola sia ben oliata e non presenti tracce di ruggine o terra nella canna.

Positivi

Infine ho lasciato quelli più teneri, non oserei dire poetici, è troppo, li definirei effettivi, aperti, umani. Epitaffi positivi, ecco.

Ho dedicato la vita al prossimo. Era giusto che la morte me la tenessi solo per me.

Nessuna come la morte è stata così sincera con me.

Ho vissuto bene. Ho amato, e sono stato amato. Mi sono spento serenamente. Non è che ci posso rifare?

La morte è una ladra che si prende la cosa più preziosa che avete e non ve la restituisce.

Come? È finita? Così? Non lo so, un applauso? Niente? Vabbè, alla prossima...

Sono pronta ad affrontare il mio Signore. Ma Lui è pronto ad affrontare me?

Ciao a tutti. Torno a casa!

© Riproduzione riservata