E così un bel momento, giudicando i tempi ormai maturi, decidevo di prestare la mia vita, esperienze e sentimenti, per un importante esperimento scientifico sui vaccini recandomi un mercoledì sera a cena da un mio amico a casa sua. L’amico da cui avevo cenato decideva poi di partecipare anche lui allo stesso importante esperimento scientifico iniziando a manifestare verso la tarda mattinata della domenica seguente, cioè quattro giorni dopo, i noti sintomi del Covid: febbre a 37 e mezzo, dolore alle ossa, senso generale di stanchezza, mal di testa, mal di gola, un vago senso di nausea (sintomi che, come si sa, avrebbero potuto anche manifestare, in tempi ormai lontani, quella che veniva nominata normale influenza).

L’inizio di tutto

Ecco che quindi il mio amico dava effettivamente il via all’esperimento inviandomi domenica pomeriggio alle ore sedici il seguente messaggio: «Ho sintomi influenzali, domani chiamo medico per tampone». L’esperimento, che aveva per oggetto di indagine carica virale di x, potenza e velocità del contagio, resistenza al contagio dei vaccini AstraZeneca e Pfizer, in realtà non era stato condotto soltanto da me e dal mio amico. Altri due ricercatori avevano deciso di prestare la loro vita alla scienza ed erano presenti all’esperimento: un maschio di sessantun anni vaccinato Pfizer e un altro maschio di cinquantatré anni non vaccinato.

Riassumendo: in qualità di ricercatori, erano presenti e partecipavano all’esperimento quattro soggetti maschili con età compresa tra i quarantatré e i sessantun anni (tra i quali uno di cinquantacinque e quasi nove mesi). All’esperimento partecipavano quindi due ricercatori vaccinati e due ricercatori non vaccinati. Il laboratorio in cui l’esperimento si svolgeva era un appartamento situato nel centro di M. la cui dimensione era di circa settanta metri quadrati, anche se per buona parte del tempo l’esperimento si svolgeva in quell’ambiente normalmente definito cucina e intorno a quell’oggetto comunemente nominato tavola.

Le fasi

Le procedure attraverso le quali l’esperimento si svolgeva erano semplici ma precise: mentre i tre ricercatori più anziani si sarebbero seduti a tavola e avrebbero iniziato a mangiare focaccia tagliata a quadretti con fette di salame, bevendo lambrusco di Sorbara, il ricercatore più giovane (quello che poi attraverso i suoi sintomi avrebbe dato inizio all’esperimento scientifico) restava a circa dieci centimetri dalla tavola, infilandosi tra tavola e fornello, iniziando a cuocere su una piastra quattro bistecche di petto di pollo.

Il tempo dedicato a queste operazioni era di circa mezz’ora. La procedura dell’esperimento prevedeva un’ulteriore fase di venti minuti circa in cui i quattro ricercatori si sarebbero seduti contemporaneamente al tavolo mangiando il petto di pollo alla piastra e continuando a bere occasionalmente sorsi del suddetto lambrusco.

È necessario qui precisare che l’aerazione della stanza era vivace, essendo aperte una finestra vicina alla tavola e un’opposta finestra situata nella camera da letto. Inoltre nell’aria della stanza era presente in grande quantità fumo di sigaretta, da me prodotto.

La procedura dell’esperimento prevedeva poi una terza fase, della durata di circa un’ora e mezzo, in cui i quattro ricercatori sarebbero rimasti seduti intorno alla suddetta tavola e si sarebbero potuti allontanare da essa esclusivamente per tempi molto brevi (circa un minuto, per recarsi in quel locale comunemente detto bagno). Durante la terza fase i ricercatori avrebbero giocato a scopone bevendo amari e piluccando senza schemi prefissati dei dolci situati in mezzo alla tavola. L’esperimento n. 1, detto “cena tra amici”, si concludeva verso l’una e venti.

Esperimento n. 2

L’esperimento veniva parzialmente ripetuto tre giorni dopo (sabato) tra le ore 18 e le ore 20 con alcune importanti differenze.

La procedura dell’esperimento n. 2 prevedeva che i due ricercatori di quarantatré e cinquantacinque anni presenti all’esperimento n. 1 (cena tra amici) si recassero nel negozio di un altro ricercatore, alla presenza di altri quattro ricercatori convenuti, per bere in quel luogo alcuni bicchieri di lambrusco chiacchierando.

A differenza dell’esperimento n. 1 la procedura prevedeva che non venisse mangiato nulla e fossero presenti due ricercatrici di sesso femminile. Verso le ore 20 e 15 l’esperimento veniva considerato finito e i singoli ricercatori si recavano ognuno alla propria casa.

La comunicazione proveniente dal ricercatore giovane «Ho sintomi influenzali, domani chiamo medico per tampone» che domenica pomeriggio raggiungeva buona parte dei ricercatori creava un clima di intensa comunicazione tra tutti i ricercatori che comunicavano sia tra di loro che col ricercatore giovane.

Il ricercatore di cinquantacinque anni vaccinato AstraZeneca comunicava i primi parziali risultati degli esperimenti 1 e 2 a una ricercatrice di sua conoscenza che non aveva partecipato alle sperimentazioni e otteneva il risultato di essere messo da questa in quarantena preventiva.

Continuava lo scambio di messaggi tra i vari ricercatori e col ricercatore giovane fino a quando il ricercatore giovane non inviava, verso le 10 e 40 del mercoledì seguente il messaggio: «Sono positivo».

Lambrusco e petto di pollo

Questo messaggio metteva in moto un’ampia ricerca di dati che già verso sera iniziava a produrre risultati notevoli.

La ricerca dei dati era più frenetica da parte dei ricercatori non vaccinati che per due giorni avevano fatto ricorso a quella nota pratica apotropaica detta del “toccarsi i maroni” e che si orientavano adesso verso metodi di ricerca più rigorosi.

Verso le ore 16 il ricercatore cinquantatreenne non vaccinato annunciava che un tampone antigenico da lui appena fatto annunciava “negativo”, smetteva quindi di toccarsi i maroni. Verso le ore 20 e 30 il ricercatore anziano Pfizer prima dose annunciava “negativo” al molecolare.

Il ricercatore cinquantacinquenne, pur rincuorato dai risultati degli altri ricercatori, non annunciava ancora niente perché ci andava domattina a fare il molecolare. E così vanno il mondo e la ricerca scientifica. Passavano così altre ventiquattrore ed ecco che arrivava la risposta anche per il ricercatore cinquantacinquenne. La risposta diceva: target non rilevato. Esito dell’esperimento: 0 contagiati. Un successone, verrebbe da dire. I vaccini hanno funzionato. Anche se a guardarci bene anche i non vaccini hanno funzionato uguale. Il ricercatore cinquantatreenne non vaccinato era risultato negativo tanto quanto i ricercatori vaccinati.

Che si trattasse di un Covid di serie B? Che il lambrusco o il petto di pollo alla piastra abbiano una funzione immunizzante?

Forse, per chiarire la situazione, sarà necessario ripetere altre due o tre volte l’esperimento “cena tra amici”. Saluti dal mondo della libera ricerca.

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