Amo Paola e Chiara dal primo istante in cui le ho viste. Era il 1997 e il mio cuore di preadolescente queer si infiammò davanti a quelle due sorelle vestite uguali – pantaloni di pelle, camicia rosa, camicia azzurra – che con una specie di ipnotico accanimento e due squillanti voci all’unisono si urlavano addosso, al suono di cornamuse e chitarre folk, il racconto di una storia d’amore finita con un cumulo di scuse e banali ritrattazioni.

Era il palco di Sanremo, e la canzone com’è noto, era Amici come prima. Da lì la mia adolescenza è trascorsa anche al ritmo degli album delle sorelle Iezzi: ho iniziato facendo mio il loro amore per l’Irlanda – mi feci portare a Dublino da mio padre, che mi prosciugò il libretto dei risparmi per trascorrere 24 ore nella terra dei celti, e progettai di tatuarmi anch’io il trifoglio sulla pancia, ma questa è un’altra storia –, ho seguito con emozione quella che venne definita “svolta sexy”, ovvero l’esplosione di Vamos a bailar, Festival e Viva el amor, inno del Pride del 2001.

Ma ho soprattutto imparato presto a capire quanto fossero puntualmente bistrattate dal mainstream mediatico, colpevoli di riunire in un solo progetto artistico due enormi problemi del nostro paese: l’essere due ragazze belle e manifestare una vocazione squisitamente pop, nel senso meno italiano del termine.

Popstar

Se essere popstar donne come quelle inglesi o americane qui è sempre difficilissimo, allora, tra la fine degli anni Novanta e primi del Duemila, si rivelò impossibile. Bisogna dire le cose come stanno: da subito Paola e Chiara non sono state prese sul serio. Complice anche l’onnipervasiva imitazione di Luciana Littizzetto, la loro presenza è stata recepita dai più come qualcosa di piccolo e sciocco.

Attenzione: il problema non sono ovviamente le imitazioni in sé, ma l’interesse diffuso a dar più credito a quelle che agli artisti resi parodia. E proprio questo sembra essere accaduto a un certo punto alle due cantautrici milanesi: il loro talento autoriale – Paola e Chiara sono sempre state autrici e produttrici dei loro pezzi, oltre a essere polistrumentiste – non è mai stato riconosciuto né celebrato a dovere.

Quando lo raccontavo in giro, già da adolescente, le persone restavano sorprese: quell’informazione non stava insieme con l’idea che avevano delle due. Oggettificate sessualmente (Fabri Fibra a un certo punto cantò: Mi addormento sognando che mi sveglio in una bara – mi masturbo con davanti il video di Paola e Chiara) e svilite quasi al pari di due veline di Striscia, in un modo modellato dallo sguardo maschile, per le sorelle Iezzi ottenere il riconoscimento delle loro capacità musicali è stato sempre complicatissimo. Ovviamente ci sono stati i tormentoni e le hit, la fase aurea della loro carriera, ma quando le cose hanno iniziato ad andare un po’ meno bene le due sorelle sono state lasciate sole.

È evidente qui la responsabilità dell’ambiente musicale, che ha smesso di puntare su di loro troppo presto, non costruendo attorno al duo una rete di collaborazioni e professionisti in grado di supportarle, alimentare il loro talento e difenderlo dalla spietatezza di un contesto culturale moralista, misogino e avvinghiato alle tradizioni. È iniziata a quel punto la fase dell’autonomia, i tanti anni in cui Paola e Chiara, fondando una loro etichetta, hanno preso a prodursi da sole, anche avvalendosi dell’aiuto degli amici creativi.

Il racconto

In una diretta Instagram qualche mese fa Paola ha raccontato le pene e gli affanni di quegli anni: «Non essere capite, essere rifiutate da tutte le radio sempre. Abbiamo fatto dieci anni da indipendenti che sono stati abbastanza hardcore, ogni singolo che portavamo in radio ci veniva letteralmente tirato in testa. Una volta portavamo un lento e non andava bene perché era lento, una volta uno veloce perché era veloce, e ci dicevano: “Non è quello che vogliamo in questo momento, dovete essere più così, anzi no più colà”. Uno tiene duro ma poi molla, nel pop o c’è un minimo di riscontro da parte delle radio che ti devono supportare o muori».

Probabilmente la rottura – professionale e un periodo anche personale – tra le due sorelle ha origine qui, dal muro inscalfibile di rifiuto che a un certo punto si è parato davanti a loro. Qualcosa di profondamente sbagliato e ingiusto, perché Paola e Chiara non sono mai state quello che i più hanno detto e pensato: sono sempre state principalmente due originali artiste pop, con una visione precisa e un intuito musicale e visivo formidabile, capace di creare inni dance insieme epici e liberatori, che hanno preso dimora nella vite di tanti di noi, diventando sigilli di interi periodi, intimi e collettivi.

Un ritorno meraviglioso

Per tutto questo e molto altro ancora è meraviglioso questo ritorno sanremese con l’irresistibile, già amatissima Furore: commuove vedere l’affetto che c’è attorno alle due sorelle oggi. Paola e Chiara sono state due pioniere e due sopravvissute: avevano un sogno e l’hanno difeso finché hanno potuto in un mondo ottuso e feroce, che guardava al dito, diciamo al dito, mentre loro puntavano alla luna, alle stelle, alle galassie tutte.

Poi non ce l’hanno fatta più e per un po’ sembrava che la loro storia fosse arrivata alla fine, che il sistema avesse avuto la meglio su quelle due piccole ostinatissime ragazze di corso Sempione ossessionate dalla musica e dal suo potere. Ma la gente – che forse a lungo le ha amate anche clandestinamente, in segreto, dato il pregiudizio che gravava su di loro – non le ha dimenticate, e ora grazie al potere dei social e al tocco magico di un team capitanato dal golden boy dell’iconografia contemporanea Nick Cerioni tutto è ricominciato esattamente da dove si era interrotto, e anzi con più forza di prima.

Proprio Cerioni in queste ore ha scritto: «Nove mesi fa in un piccolo bar milanese con le straordinarie Paola e Chiara Iezzi abbiamo siglato un sogno che presto è diventato un obiettivo: Paola&Chiara insieme a Sanremo. Sembrava un’utopia, in pochi ci credevano. Con un gruppo di amici, Michele Sabia e Valeriano Colucci, durante una festa in una calda notte romana abbiamo pensato di creare un team di lavoro unito che ama il lavoro storico di Paola&Chiara (..)». Poi è successo Max Pezzali, lo stadio, Jovanotti e le spiagge, l’affetto del pubblico, i social e la voglia di spaccare il mondo. È arrivata Furore. Poi la Sony e il miraggio reale di Sanremo.

La voce di Amadeus che annuncia Paola&Chiara al TG1. Poi il palco, stanotte, unico, sacro, che ha materializzato per magia un sogno, un progetto ma soprattutto un’idea. Una di quelle che non muoiono mai, come il pop, vero, potente, totalizzante, liberatorio. Qui, oggi: Paola&Chiara per sempre.

Euforia e tenerezza

Foto Gian Mattia D'Alberto - LaPresse 16-12-2022 Sanremo IM Spettacolo Sanremo giovani nella foto:Paola e Chiara Ph Gian Mattia D'Alberto - LaPresse 2022-12-16 Sanremo Spettacolo Sanremo giovani in the photo: Paola e Chiara

Quello che è successo è sotto gli occhi di tutti: le persone adesso si stringono attorno alle due sorelle con euforia e tenerezza, finalmente senza vergogna, con una voglia di ballare che tiene dentro in realtà altro, tanto altro. È struggente sentirle dire, nelle interviste: «Non ci siamo mai sentite amate come ora». E non è un caso, credo, che la loro reunion sia avvenuta adesso che il mondo inizia a cambiare, ora che anche il sistema musicale si è almeno in parte aperto a una presenza femminile più in linea con le sensibilità internazionale (vedi alla voce Elodie), ovvero a una presenza femminile più libera.

Ora che essere donne e pop non è (quasi) più una colpa da espirare a suon di battute e ridicolizzazioni invischianti. Paola e Chiara sono una luce che inaspettatamente, contro ogni aspettativa, si è riaccesa, e che a questo punto racconta una storia di dolore e rinascita, di vocazione e alleanza.

Una storia che racconta molto di noi, anche come società, come ambiente simbolico e culturale, come sistema che ha sfruttato e quasi mai supportato le artiste che si muovevano al di fuori delle piste prestabilite. Vi chiedo una sola cosa, dal profondo del mio cuore di fan: stavolta, mi raccomando, trattatemele bene.

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