Si sta chiudendo un festival di ottimi ascolti, la serata dei duetti è stata da record assoluto. Ma Rossi non cambierà la linea aziendale. Nonostante il ritorno di Benigni con uno suo show
Il filo sottile che divide foglia di fico e opportunità di invertire la rotta. La quarta serata del festival di Sanremo ha tolto di mezzo le critiche di chi nei giorni scorsi lamentava la scarsa presenza della politica. La scelta di Geppi Cucciari alla coconduzione e la decisione di giocarsi la carta del ritorno di Roberto Benigni in Rai hanno spuntato le unghie a chi aspettava l’occasione per analizzare il primo Sanremo interamente frutto della gestione di Giampaolo Rossi.
Gli ascolti hanno premiato la combinazione capace di scombinare la tradizione ai limiti della liturgia firmata Carlo Conti e hanno fatto registrare la miglior serata di sempre in termine di volume di ascoltatori: il 70,8 per cento di share per 13,6 milioni di spettatori. La dimostrazione ultima del fatto che una composizione variegata del palinsesto (o di un singolo programma) tira su lo share: tutti trovano qualcosa da guardare, un momento da condividere. E una gag sul ministero del Made in Italy, i servizi segreti e Matteo Salvini può sciogliere la tensione altissima intorno a un festival sotto la lente di ingrandimento, molto più di quanto il rigido rispetto di liturgie e temi lontani dall’impegno riescano a disinnescare.
Rientri e valorizzazioni
L’ha detto Rossi stesso. L’ad della tv pubblica – giustamente entusiasta dei ripetuti successi in termini di ascolti che hanno portato le serate – ha spiegato che il festival «pacifica il paese e lo dimostrano gli ascolti al di sopra di tutte le aspettative». E di più: «Geppi Cucciari è geniale: è una grande artista che ha una comicità graffiante, dissacrante ma sempre con un tono elegante». Un entusiasmo che cozza con la reazione piuttosto fredda della rappresentanza aziendale all’inattesa proposta di sceglierla come conduttrice dell’anno prossimo lanciata da Enrico Lucci in conferenza stampa. Ma Rossi è fiero anche di aver fatto salire di nuovo sul palco Benigni: «Già un anno e mezzo fa, quando sono rientrato in Rai come direttore generale, il mio sogno era riportarlo in Rai, nella sua casa di origine». Ed effettivamente, la trattativa è stata un dossier maneggiato da Rossi in persona.
Insomma, Telemeloni chi? Gli ultimi due anni sembrano non essere pervenuti. Cancellazioni – per altro del programma radio di Luca Bottura, uno degli autori di Cucciari che Rossi oggi dice di apprezzare così tanto – e controproposte di destra, un clima percepito di tale depauperamento culturale che ha provocato la progressiva smobilitazione della Rai3, nei decenni arrivata a diventare un marchio.
Ultimo baluardo proprio la Splendida Cornice di Cucciari e qualche trasmissione di approfondimento. Il resto, ha detto lo storico autore di Rai3 Loris Mazzetti in un’intervista, si è spostato su La7 insieme a «un certo tipo di cultura, non solo il personaggio». A Benigni ultimamente era rimasta appena qualche incursione ai festival di Sanremo (2020, 2022, 2023) ma per ritrovare un suo programma sulla tv pubblica bisogna tornare indietro al 2014, quando su Rai1 l’attore toscano commentava i Dieci Comandamenti. Combinazione, all’epoca il direttore di rete era proprio quel Giancarlo Leone che oggi firma il festival di Carlo Conti e che due anni prima aveva fatto con lui anche La più bella del mondo. Ma stavolta, giurano, è tutta opera di Carlo Conti (ovviamente c’è anche l’effetto collaterale positivo della promozione del nuovo programma su Rai1).
Apertura soffocata
Che sia l’inizio di un ripensamento della governance meloniana su come impostare il palinsesto dell’azienda? Improbabile, fanno capire dal settimo piano di fu viale Mazzini: «La nostra idea di tv è sempre la stessa, poi Sanremo fa discorso a parte».
Insomma, sul palco dell’Ariston è anche possibile diluire un goccio di satira “de sinistra” in una colata di normalizzazione contiana, ma Rai3 non tornerà. Innanzitutto perché a volere la suddivisione in generi che chi conosce la tv indica come l’origine di tutti i mali è stato anche lo stesso Rossi, che votò a favore della proposta dell’allora ad Fabrizio Salini, e tornare ora sui suoi passi sarebbe complesso, ma pure perché rivoluzionare le gerarchie complicherebbe ulteriormente la discussione sulla spartizione politica che riprenderà appena sarà calato il sipario sul palco di Sanremo.
Tanto il rischio che è andato in scena sotto lo sguardo attento di amministratore delegato e direttore generale è minimo, la resa enorme. Ma i dirigenti gongolano per la trovata del festival: «Hai voglia adesso a scrivere che facciamo Telemeloni».
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