SCHWA E DINTORNI

Solo la lingua che ci esclude riesce a produrre saggezza

  • L’idea che la lingua debba essere inclusiva è puerile. Voler essere rappresentati dalle parole è un’illusione che può trasformarsi in un errore politico
  • Le parole non ci rappresentano. Nessuna parola, mai. Nella diffidenza verso le parole, lì sta la nostra possibilità, il nostro posto nel mondo: che non è dentro le parole, ma nell’ombra che le parole gettano di fianco a sé stesse.
  • La lingua non è all’altezza, la lingua è inadatta, ce lo dice lei stessa in continuazione. Una delle cose più belle al mondo, i riflessi di sole sull’acqua che proiettano reticoli di luce sugli scafi delle barche e sugli intonaci delle case, in italiano si chiama “gibigianna”, una delle parole più goffe che si potessero concepire per nominare una simile meraviglia.

E dunque, la lingua che parliamo è discriminatoria. E dovrebbe essere più inclusiva. Leggo le frasi che ho appena scritto, leggo anche questa che sto scrivendo adesso, guardo le parole che si formano sullo schermo mentre pesto i polpastrelli sulla tastiera: le parole sono cose, sono oggetti fuori di me. Le contemplo. Le constato. Che cosa vogliono da me? Rappresentarmi? Quanto mi appartengono? Quanto mi contengono? L’idea che la lingua debba rappresentarci è puerile. Mi impressiona che a prop

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