Ci fu quell’epoca in cui andavo all’osteria dell’Orsa con due precise finalità: incontrare un amico filologo e poeta, esperto di Giorgio Manganelli, che lì aveva trovato un’occupazione in qualità di cameriere; mangiare insieme a un mio amico ingegnere, esperto di costruzioni antisismiche, un piatto di ottime tagliatelle al ragù, e se c’era il tempo una cotoletta, durante la nostra pausa di lavoro.

Ma ecco che poi un bel momento la fidanzata dell’amico ingegnere, anche lei ingegnera strutturista, essendosi licenziata dal suo posto di ingegnera in quanto troppo poco remunerativo, e avendo lei una sera detto «quasi quasi sento se all’Orsa hanno bisogno di una cameriera e vado a lavorare con Andrea» subito noi ci mettevamo a fantasticare e ci immaginavamo uno studente che, avendo bisogno di alcune consulenze per una tesi su Manganelli, andava a mangiare all’Orsa e riceveva, tra una portata e l’altra, la sua consulenza scientifica, e spargeva la voce. Ma nel frattempo, immaginavamo, anche l’amica ingegnera strutturista era andata a fare la cameriera all’Orsa.

E così, nei giorni seguenti, entrava qualche professore associato che subito chiedeva: «È qua che c’è un cameriere esperto di Manganelli, Sanguineti e Alfredo Giuliani? che vorrei chiedergli se anche a lui risultano due o tre cosette?»

«Sì, ma se le interessa da tre giorni abbiamo anche un’ingegnera strutturista».

«Veramente? Mio fratello deve adeguare alle nuove normative antisismiche un appartamento che si è appena comprato».

«Gli dica di venire a mangiarsi una lasagna domani l’altro, perché domani l’ingegnera è a casa in libertà».

E la voce si diffondeva ulteriormente: chi doveva fare una tesi su Manganelli, Landolfi e Sanguineti, chi doveva adeguare un appartamento alle nuove normative antisismiche e non, poteva andare all’Orsa e ricevere delle consulenze impeccabili mentre stava a mangiarsi il suo piatto di tagliatelle.

Ma ecco che il cuoco, esperto di diritto internazionale, improvvisamente vinceva un dottorato di ricerca a Uppsala e doveva assentarsi per tre anni. Fortunatamente veniva sostituito immediatamente da nuovo cuoco che per caso era anche un biologo molecolare che a sua volta aveva appena finito il suo dottorato di ricerca al Mit di Boston.

Va detto che grazie alla biologia molecolare lo spessore della pasta all’uovo delle lasagne poteva raggiungere un nuovo spessore ottimale che fino a quel momento, senza l’uso di nuove tecnologie micro-biomolecolari, sarebbe stato inimmaginabile, per fare la crostina sopra e rimanere morbido, ma non troppo, dentro.

Nei giorni seguenti un nuovo avventore, che aveva sentito circolare delle voci, entrava, si sedeva, e al momento dell’ordinazione diceva: «Vorrei delle tagliatelle. Non avreste anche un pediatra»

«No, abbiamo solo le tagliatelle, oppure un filologo, un’ingegnera strutturista e un biologo molecolare».

«Ah, peccato cercavo proprio un pediatra».

«Poi mangiando le tagliatelle aveva detto: Veramente ottimo il ragù. Chi l’ha fatto?»

«Il biologo molecolare».

«Il biologo molecolare?»

«Be’, non è mica un’idiota un biologo molecolare. Ci riesce anche lui a fare il ragù».

«Ah, comunque veramente buono ’sto ragù».

L’uomo del bancone

Ma che cosa doveva succedere ancora? Ecco che soltanto due mesi dopo si licenziava anche l’uomo del bancone, che aveva vinto un dottorato alla John Hopkins University di Kansas City in Microfisica delle superfici e veniva sostituito da un giovane musicologo della Scuola di Darmstadt, esperto di procedimenti aleatori nella composizione seriale.

E il caso volle che proprio quel giorno si fossero seduti a un tavolo quattro uomini silenziosi, in giacca e cravatta, e avessero ordinato quattro piatti di lasagne, ma a un certo punto uno di loro aveva chiesto: «Chiedo così, per scrupolo, non avete per caso un cameriere che sia un microfisico delle superfici?» «Ve’ che sfiga» gli aveva risposto il cameriere esperto di Giorgio Manganelli «avevamo fino a tre giorni fa un uomo del bancone che era un microfisico delle superfici, ma ha appena vinto un dottorato; è stato sostituito proprio oggi da un esperto di composizione seriale che viene da Darmstadt». «Che peccato» aveva detto l’uomo, e si era messo a mangiare le sue lasagne in silenzio.

E così la voce continuava a diffondersi sempre di più. Ma alla gente capitava anche di confondersi. Tante volte qualcuno per esempio entrava all’osteria del Sole e chiedeva «è qua che avete un cameriere dermatologo?», «No, abbiamo soltanto un cameriere cameriere», «Ah, peccato, devono avermi informato male», poi se n’era andato. Gli altri osti iniziavano a diventare un po’ allarmati. Perché questo fatto che uno, mentre si mangiava la sua scaloppina, potesse chiedere anche una consulenza di diritto del lavoro, filologia, musica seriale, effetti locali a tre anni del riscaldamento globale, non l’avevano mai messo in conto.

Insomma, erano rimasti indietro, molto indietro. E la disoccupazione intellettuale iniziava a mostrare delle potenzialità inaspettate che all’osteria dell’Orsa erano stati i primi a comprendere. Cioè si poteva sviluppare una nuova fortissima sinergia tra disoccupazione intellettuale e camerierismo, una sinergia che poteva avere un forte effetto di volano nella diffusione sociale del sapere, della scienza e dell’arte. Quindi si stava formando un certo effetto di calcio mercato. Anche le altre osterie volevano dei camerieri o dei cuochi laureati in qualcosa di utile o interessante tipo cardiologi o epidemiologi, o almeno storici dell’arte e esperti di packaging industriale.

E d’altronde, visto dalla parte del cliente, sottoposto come tutti al ben noto fenomeno della mancanza di tempo per fare qualsiasi cosa, era anche estremamente piacevole mangiare una pasta e fagioli con un collega ricevendo i primi rudimenti di fotosintesi oppure di matematica attuariale, cosa che aveva dato modo al noto articolista del Carlino, Amedeo Bazzocchi, di coniare, in riferimento al fenomeno, questo termine di «para-accademismo delle osterie», tema che il giornalista sviluppava in una serie di reportage molto dettagliati sui pacchetti di consulenze che era possibile ricevere nelle varie osterie bolognesi.

Fu questo fatto che scatenò una interessante polemica tra il Bazzocchi e i gestori di alcune osterie che avevano fatto notare a Bazzocchi che i loro camerieri non erano laureati per scherzo, ma erano effettivamente laureati e avevano conseguito master e dottorati in molte delle più prestigiose università non soltanto italiane ma europee e statunitensi. In tre addirittura si erano addottorati a Pechino. Sarebbe stato meglio quindi, se proprio lo si voleva, parlare di accademismo piuttosto che di para-accademismo.

Era stato per quel motivo che proprio l’osteria dell’Orsa, immediatamente sostenuta dalle altre osterie, aveva lanciato l’idea di stampare il periodico semestrale “Osteria del sapere” allo scopo di rendere comodamente leggibili, ogni anno, ai propri avventori le dieci migliori pubblicazioni scientifiche dei camerieri bolognesi.

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