- Al bar dello sport è tornato il tennis, come non si sentiva dai tempi delle scorribande di Adriano Panatta in Costa Smeralda, tra Parigi e Wimbledon.
- Le gesta dei nostri connazionali diventano il pretesto per giudizi affrettati, senza nessuna competenza tecnica. Così le sconfitte di Berrettini sono colpa della compagna ex velina. E Sinner convive con la fama del perdente.
- Sinner ha vinto cinque partite filate e si è assicurato la prima semifinale in uno Slam. Venerdì gli tocca in sorte il Moulinex del tennis, il tritatutto, Novak Djokovic. Colui che si candidò, ragazzino, a scalfire l’aura di inafferrabilità e totalità del dualismo Federer-Nadal, tra stupore e sghignazzamenti generali. Salvo, poi, riuscire a sopravanzare entrambi – non, tuttavia, nel cuore di tanti fan, anche per una certa tendenza a dividere e provocare,
Al bar dello sport è tornato il tennis, come non si sentiva dai tempi delle scorribande di Adriano Panatta in Costa Smeralda, tra Parigi e Wimbledon. E le immancabili considerazioni strategiche dell’odontotecnico che non distingue la volée da un soufflé («Uno che va in barca invece di allenarsi sull’erba, poi come fa a vincere?») e la precisazione tecnica, in rima, del geometra sulla indimenticata sconfitta dei quarti nel 1979 («Se fai serata con la Bertè, poi perdi contro Pat Du Pré»). È il



