Arriva la skincare per bambine, ma l’infanzia non è il momento per essere fighe

Il complotto mondiale contro le donne continua e colpisce fronti inaspettati. Stavo giusto iniziando a ricalibrare le mie finanze scegliendo di usare una sola crema idratante invece di venticinque sieri diversi ogni sera (spoiler: ottengo lo stesso mediocre risultato di prima), che dagli Stati Uniti arriva la notizia di Rini, una nuova linea di skincare per bambine dai tre anni in su. Uso il femminile sovraesteso perché anche se questi prodotti non sono esplicitamente pensati per femmine è evidente che Rini si rivolge a loro. Li hanno presentati le due creatrici, una è Shay Mitchell, attrice già Ceo di un marchio di valigie che alcuni si ricorderanno come una delle quattro amiche protagoniste di Pretty Little Liars, l’altra non so chi sia, ma anche lei compare con la propria bambina sul sito del brand. I ragazzi degli anni Novanta non diranno mai addio a “Toy Story” Prodotti da bambini Mitchell ha spiegato che l’idea di Rini nasce dalla sua vita domestica: le sue figlie vogliono fare sempre quello che fa la mamma, ma le maschere per gli adulti hanno ingredienti non adatti alla pelle dei bambini. Inoltre Mitchell si trovava spesso in difficoltà a rimuovere con acqua e scottex i trucchi da festa (baffi da gatto, ali di farfalla) dalla faccia delle sue bambine. Certo, magari con un po’ di latte detergente avrebbe fatto meno fatica, ma Mitchell parla dei prodotti per adulti come se fossero composti dalla melmazza acida che scioglie i cartoni animati in Chi ha incastrato Roger Rabbit. Piacevole invece farsi raschiare le guance pitturate da un panno di carta intriso solo di acqua e cieca ostinazione. Era quindi necessario, secondo lei, creare questi prodotti ispirati alla skincare coreana (Rini vuol dire bambino in coreano, ma forse anche gonzo) e pensati per le pelli incontaminate dei più piccoli, notoriamente non bisognose di alcuna manutenzione in quanto gonfie di collagene purissimo. E così il lancio di Rini comprende due maschere in gel, una idratante e una doposole, e una maschera in tessuto per uso quotidiano che ti trasforma in un panda, un unicorno, un cucciolo di cane, e in uno schiavo del capitalismo. Il prezzo per questi articoli si aggira intorno ai cinque dollari, che è poco in assoluto, ma è tanto se si considera che nessuno degli utenti di Rini ha una carta di credito. Le reazioni sono state perlopiù orripilate e anche se non scomoderei chissà quali valori di sicuro è un’idea scema di cui non si sentiva il bisogno. Il discorso dell’emulazione sarà anche vero, ma se mio figlio vorrà mai farsi una maschera al viso immagino se la farà con della carta igienica bagnata nel bidet, senza accorgersi della differenza. L’educazione sessuo-affettiva a scuola richiede uno spazio e un metodo nuovo Emulazioni e rimedi Non potrò mai scordarmi la volta in cui mia cugina preadolescente mi fece una maschera con carcadè e colla di pesce. Mi strappò uno strato di epidermide e mi sanguinarono le labbra per giorni, ma almeno era stata creativa e non aveva speso i miei soldi, né quelli di sua madre. Aveva in compenso trovato la ricetta mortale su Instagram e questo dovrebbe ricordarci che tutti, ormai anche i bambini, sono sempre più esposti alle ossessioni per le apparenze, agli standard estetici immaginari e irraggiungibili creati ad hoc per farci sentire degli schifi immondi e farci spendere soldi per migliorare il nostro aspetto. Mi sembra comprensibile augurarsi che questo accada più tardi possibile, sicuramente molto dopo i tre anni di vita. Da qualsiasi punto di vista provi a guardarla, persino io che cercherei di trovare qualcosa di buono anche in Adolf Hitler, Rini mi sembra un’idea di merda. A questo punto perché non fare anche dei mini-assorbenti, dei mini-F24, delle mini-sigarette da fumare con un bel calice di mini-Franciacorta. Non tutto quello che fanno i genitori è invidiabile, né necessariamente da replicare. Se da una parte è vero che tutte noi abbiamo pasticciato con i trucchi delle nostre madri, penso ci sia qualcosa di più innocente nel disegnarsi un sorriso da pagliaccia nel vano tentativo di seguire i contorni della bocca con un rossetto vero. Forse l’infanzia non è il momento per essere fighe, ci penserà già il resto della vita a ricordare a tutte che curare il proprio aspetto è non solo un piacere personale, ma un dovere femminile. Non si può più stare con la pelle secca, i pori larghi, i segni dei vecchi brufoli. Ci hanno convinto che i rituali di bellezza siano qualcosa che facciamo per noi stesse e, come per tutte le bugie raccontate bene, noi ci abbiamo creduto. Ma sono madre da soli pochi mesi e l’unica cosa che posso dire con certezza è che spero due cose per mio figlio, che un giorno sia più ricco di me e meno cretino. Due obiettivi che rischiano di essere vanificati molto presto se lo abituo a spendere per le maschere idratanti a forma di orsetto ancora prima che impari a elaborare frasi di senso compiuto. A quel punto meglio il mini-F24.