Qualche settimana fa, nel mezzo del più recente conflitto tra Israele e Hamas, Andrew Yang, candidato sindaco di New York, ha twittato a sostegno di Israele. La risposta negativa è arrivata rapidamente e già il giorno seguente il trend #YangSupportsGenocide è comparso su Twitter. L’aggressiva accusa pubblica ha funzionato: Yang ha fatto marcia indietro e ha fatto una dichiarazione di chiarimento in seguito. Ora i politici con elettorati progressisti ci penseranno due volte probabilmente prima di esprimere pubblicamente il proprio sostegno a Israele.

Questo è l’attivismo dei meme, una forza diffusa e potente nella politica contemporanea. Sto usando la definizione originale di meme: un’unità di conoscenza o di informazione culturale facilmente replicabile che viene diffusa per imitazione. Oggi la maggior parte delle persone sente la parola “meme” e pensa a una foto divertente con delle parole. Il concetto originale però – un modo per capire come le idee viaggiano e si riproducono in una società – comprende molto di più del bizzarro umorismo online.

Gli attivisti usano i meme politici nella forma di hashtag, simboli, motti e slogan per diffondere i loro messaggi e creare solidarietà per la propria causa. E anche se i meme possono aiutare gli attivisti, hanno un potenziale oscuro e distruttivo. Con l’avvento di internet e la capacità dei social media di diffondere i meme più rapidamente e lontano che mai, l’attivismo meme merita un esame più attento.

Qui presento tre modi in cui l’attivismo meme guasta il nostro dibattito politico e mette in pericolo il nostro processo democratico.

1. L’attivismo dei meme incoraggia l’azione performativa e fugace

Una decina di anni fa ci fu il caso di #Kony2012. L’hashtag è diventato virale insieme a un documentario di YouTube che esortava a un’azione internazionale per arrestare Joseph Kony, il criminale di guerra ugandese che rapiva e addestrava i bambini soldato.

L’invito all’azione del video ottenne popolarità: l’organizzazione che aveva realizzato il video, Invisible Children, raccolse decine di milioni di dollari e milioni di persone condivisero l’hashtag, firmarono la richiesta di arresto per Kony e comprarono il “Kony 2012 Action Kits”. Questa serie di manifestazioni sarebbe dovuta culminare con “Cover the Night”, un evento in cui persone da tutto il mondo avrebbero ricoperto “ogni città, ogni isolato” di adesivi e poster di Kony 2012. La campagna però fu un flop, e questo mostra come l’attivismo dei meme sia spesso troppo effimero per introdurre un cambiamento duraturo o, più cinicamente, sia solo un modo per gli attivisti di dimostrare virtuosità.

Quando è arrivato il momento di agire offline e nel mondo reale, gli attivisti di Kony non avevano motivazione o avevano perso l’interesse. E anche se il movimento #StopKony può aver avuto un impatto positivo nel suo corso, questo è stato effettivamente la fine del movimento.

2. L’attivismo dei meme mette a tacere il dissenso

Prendiamo, ad esempio, Black Lives Matter. Lo slogan di per sé è (o quantomeno dovrebbe essere) ovvio e indiscutibilmente vero. Dietro a Blm però c’è anche un movimento più sostanziale e un programma politico giustamente più controverso. Vediamo le 7 Demands, le sette richieste, del Black Lives Matter Global Network Foundation, l’organizzazione più importante del movimento Blm. La prima: condannare Donald Trump e bandirlo da futuri incarichi politici. Il quinto: togliere fondi alla polizia.

A dire il vero non tutte le persone coinvolte nel movimento Black Lives Matter sostengono l’agenda del Global Network. Tuttavia, la maggior parte degli attivisti che usano il meme “Black Lives Matter” lo utilizzano come sostituto di un programma politico, dalla riforma della giustizia penale a una visione più estesa di uguaglianza economica. Che tu sia d’accordo o meno con questi obiettivi, Black Lives Matter per la maggior parte degli attivisti significa chiaramente di più che “la vita delle persone di colore è importante”.

Alcuni attivisti manipolano questo divario tra il significato letterale di un meme e il programma politico che ne supporta l’uso. Prendono un movimento politico ampio e complesso, lo condensano in uno slogan praticamente inconfutabile ed eliminano le sfumature di dissenso affermando che chiunque esprime dubbi sul movimento nel suo insieme deve opporsi al significato più convincente del suo slogan principale.

Chiedere a questi attivisti chiarimenti o dettagli significa rischiare l’accusa pubblica.

Questo succede anche con termini come “antirazzismo” e “equità”. La maggior parte delle persone non ha problemi a dire che è antirazzista o che sostiene politiche di equità. Ma, come per Black Lives Matter, alcune persone usano queste parole per indicare ideologie radicali ed estreme. Secondo Ibram Kendi, ad esempio, «l’unico rimedio alla discriminazione razzista è la discriminazione antirazzista. L’unico rimedio alla discriminazione passata è la discriminazione presente. L’unico rimedio alla discriminazione presente è la discriminazione futura». Per le persone che detestano il razzismo, ma non sono d’accordo con le prescrizioni di Kendi su come porvi rimedio, diventa difficile rispondere a una domanda del tipo: «Sei un antirazzista?»

3. L’attivismo dei meme sanziona convinzioni politiche semplicistiche e ingenue

Prendiamo la triade di slogan di tre sillabe della campagna di Trump: Build the wall («costruisci il muro»), Drain the swamp («prosciuga la palude»), Lock her up («rinchiudila»). I sostenitori di Trump hanno ripetuto e diffuso con entusiasmo questi meme, ma è improbabile che la maggior parte abbia riflettuto sulle complessità dell’immigrazione, sul modo migliore per rafforzare l’etica a Washington, D.C., o sulle implicazioni dell’uso dell’ufficio esecutivo per perseguire gli oppositori politici. Eppure, questi meme gli hanno evitato di farlo. Invece di un argomento ben motivato, gli attivisti politici possono appoggiarsi a meme stringati per dimostrare la loro fedeltà politica. Ma quando le persone usano i meme come scorciatoia, sacrificano il processo di verifica e vaglio delle proprie opinioni. Un’intuizione deriva da idee stimolanti e i meme consentono alle persone di schivare questo processo. Come scrisse Platone nella Repubblica, «le opinioni separate dalla conoscenza sono cose terribili». Quando le convinzioni sono accettate senza alcuno scetticismo, diventano articoli di fede spesso privi di prove o di coerenza logica. Usando meme pratici come Build the wall a mo’ di stampella, si può non solo articolare un problema, ma anche prescrivere una soluzione specifica. Slogan e hashtag, usati come scorciatoie, offrono gli strumenti per esprimere quelli che sembrano essere obiettivi politici chiari, anche se difficilmente si è affrontato il problema nella sua complessità.

A dire il vero, l’attivismo dei meme ha avuto i suoi lati positivi. Gli abolizionisti americani e britannici hanno inciso il loro slogan «Non sono forse un uomo e un fratello?» su medaglioni e oggetti domestici che distribuivano per sostenere la loro causa.

Nel 2019 e nel 2020 gli attivisti si sono rivolti ai social media con hashtag come #5DemandsNot1Less per fare pressioni sul governo cinese per preservare la relativa libertà politica di Hong Kong. Spesso però l’attivismo contemporaneo dei meme è performativo, semplicistico e usato come strumento per mettere a tacere il dissenso. Dato il suo potenziale pericoloso, dovremmo tutti diffidare dell’uso dell’attivismo dei meme.

Ecco come. Primo: non lasciare che l’attivismo dei meme si sostituisca alla veradifesa o all’azione politica. Impegnarsi in azioni concrete per eleggere rappresentanti, approvare leggi o portare avanti le cause che sosteniamo. Secondo: cercare sempre il programma o il movimento politico che sta dietro a un meme, specialmente quando appare benigno e inconfutabile.

Non lasciare che i trucchi retorici mettano a tacere le domande di riflessione e il dibattito. Terzo: non usare i meme come scorciatoia intellettuale. Riflettere sulle proprie opinioni politiche, sottoporle alle critiche, coinvolgersi in un dibattito costruttivo. Dobbiamo instaurare una cultura politica che valorizzi le sfumature. Dovremmo abbracciare la complessità del mondo e, così facendo, rifiutare il mondo semplicistico dell’attivismo dei meme.

Questo articolo è apparso sulla testata Persuasion. Traduzione di Monica Fava

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