- Vi è soprattutto uno sguardo inedito, una dimensione anche estetica mai vista prima nel suo cinema, con cui il regista cerca di riconciliarsi con Napoli, narrata seguendo i suoi passi da sedicenne, negli anni in cui Maradona disegnava il suo miracolo calcistico.
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È stata la mano di Dio è però sopra ogni cosa, un abbraccio al cinema e teatro napoletani, all’opera del grande De Filippo, con il suo stile ironico e graffiante, la dimensione famigliare preponderante, ripresa con rispetto e sentimento.
- Si materializza il ritratto di una Napoli dispersiva, opprimente, connessa a una povertà che è prima di tutto sentimentale e poi materiale. Una città fatta di disperati e di sogni infranti.
Fin dai tempi de L’uomo in più, per arrivare a una serie come The New Pope, Paolo Sorrentino ha palesato il suo amore per il contrasto e il conflitto; di fatto detesta la supposta perfezione e l’equilibrio, quasi quanto ama chi si mette in discussione, chi cerca di andare oltre le apparenze che ci circondano. Vi è tutto questo in È stata la mano di Dio. Ma vi è soprattutto uno sguardo inedito, una dimensione anche estetica mai vista prima nel suo cinema, con cui il regista cerca di riconcilia



