Verso la Calabria per Natale, ripensando a Bergamini

Domenica scorsa Avvertenza: sarà una settimana molto personale e improntata all’orgoglio calabrese. Sta per cominciare il viaggio a tappe Milano-Roma, Roma-Paola, per andare a passare Natale a Cosenza. Spero che i treni arrivino in orario. Le Ferrovie si sono già portate avanti (e cioè indietro) preannunciandomi con un messaggino imprecisati lavori di manutenzione sulla linea dopo Salerno. Mi fermerò anche io a Eboli? Tolstoj e vecchi numeri di ABC. Rimedi per la tristezza natalizia Lunedì Neanche a farlo apposta, una mail di Giancarlo Tramutoli di tema calabrese mi colpisce al cuore. Comincia così: «Da Fazio, al solito inginocchiato e annuente, ho sentito un cazzaro famoso per i suoi pistolotti: Michelangelo Pistoletto». Recupero l’intervista. Viste le domande di Fazio (tipo: «Quando lei parla di trascendenza, che legame c’è, se c’è, oggi tra l’arte e la trascendenza? Diciamo la spiritualità. So che questa è la sua ricerca di sempre, no?»), rifondo seduta stante il Pai (il mitico partito antifazista italiano). Continua Tramutoli: «Per fortuna, cambiando canale, mi sono imbattuto in un documentario su Mino Reitano. Da giovane ironizzavo sul suo essere così naif, sopra le righe, imbranato. Mi pareva piagnucoloso ed eccessivo. Ora, invece, forse perché ho una certa età, tutti quei difetti li ho visti come delle belle virtù, come la figura letteraria mitica del disadattato, del perdente, del candido, dell’ingenuo in un mondo di furbi. E risentendole, ho rivalutato anche le sue canzoni, per nulla banali. L’ho trovato struggente. E poi quelle testimonianze di Morandi, Berti, Zanicchi, Ranieri, tutte concordi sulla sua generosità, dolcezza, affettuosità, beh, veramente commoventi. Pensavo queste cose e di condividerle con un calabrese come te, curioso di sapere se pensi che Mino Reitano meriterebbe una giusta rivalutazione». Ormai Schiavone è un amico. Il nostro caso JFK? È Moro Martedì Dopo la mail di Tramutoli sono pieno di rimorsi scatenati da un ricordo preciso. Anni Settanta, Firenze, in una bancarella davanti a Palazzo Strozzi vedo il libro Oh Salvatore!, “romanzo calabrese” di Mino Reitano. Lo sfoglio e lo lascio lì. Ero uno snob del cavolo allora e non me lo meritavo Mino, vero ragazzo di Calabria. Emigrante rocker che cominciò a suonare in Germania negli stessi locali dove si esibivano i Beatles quando non si chiamavano ancora Beatles. Circolava una storia nel mondo discografico milanese. Quando si arrabattavano a inizio carriera, Mino, Battiato e Battisti abitavano nella stessa casa di ringhiera. Dicevano che era una leggenda metropolitana e lo dicevano con ironia: figuriamoci, l’autore di Gente di Fiumara coinquilino di Battiato e Battisti. Per me era una storia vera. Uno che scrisse Una ragione di più, parole del Califfo, voce di Ornella Vanoni, una delle più belle canzoni della musica leggera italiana, ci stava benissimo in quella casa. In Calabria farò un piccolo pellegrinaggio a Malvito, dove il Piccolo Teatro Comunale si chiama Mino Reitano, e a San Marco Argentano, dove una piazza porta il suo nome. Lo farò canticchiando: «Certo, le mie mani ti vorranno ancora, ma ci sarà chi me le tiene. Oggi e domani e poi domani ancora finché il mio cuore ce la fa». Quando Liedholm sbagliava. Ecce Bombo mi commuove Mercoledì Per la rubrica “Dove eri quando...?”, Silvano Calzini scrive: «Anni fa, rifacendomi all’originale americano “Where were you when JFK was assassinated?”, raccontai i miei ricordi di quel fatidico 22 novembre 1963 davanti alle immagini sfocate in bianco e nero di un Phonola e i singolari ricorsi che quella serata ha avuto nella mia vita il giorno seguente e poi molti anni dopo in un caffè di Russell Square a Londra (ciao Jasmine, chissà dove sei finita). Seppi del rapimento di Moro dal titolone della Notte che uno strillone vendeva all’imbocco della Galleria Vittorio Emanuele di Milano. Uscito dall’università ero andato a guardare le ragazze in centro. Quando morì Wojtyla non ricordo, ma il pomeriggio del suo attentato ero militare a Padova e vidi un capannello di persone che davanti a una vetrina di un negozio di televisori guardava le immagini di Piazza San Pietro. Rileggendo, mi accorgo che non è rimasto niente: i televisori Phonola, Jasmine, gli strilloni, i capannelli di persone. Sono rimaste le belle ragazze. Forse». E i singolari ricorsi della serata del 22 novembre 1963 sulla sua vita, caro Silvano, non ce li racconta? Pasolini è un romanzo noir. Quanto ci ispira Gaber Giovedì Bruno Berni mi scrive a rate. Prima rata: «Stavo cercando in rete una tua vecchia recensione e sono finito su una pagina di Domani dove scopro che hai una rubrica. Ma da quando? Solo online o anche su carta? E con quale frequenza? Cosa devo fare per seguirti? Da quando hai abbandonato il Corriere non riesco più a leggere o, meglio, lo faccio ma con grande fatica». Seconda rata: «Stamattina mi sono abbonato a Domani. Quanto mi sei mancato. E subito nel tuo articolo ho ritrovato vecchi “amici” come Manzini, Ongaro, Trellini. Sono felice». Terza rata. «Mi sto lentamente mettendo in pari leggendo i tuoi articoli usciti tra primavera e autunno. Mi sono già segnato tre acquisti da fare: La borsa di miss Flite di Bruno Cavallone; Uccidere un fascista (concordo su tutto quello che hai detto su Culicchia); Cartella clinica di Serena Vitale. Ho scoperto che sabato mattina ti troverò in edicola!». A volte torno, come dicono gli zombie, carissimo Bruno. Scavi archeologici in archivio, reperti di Ongaro e Pasolini Ieri In vista della Calabria, penso a Denis Bergamini, il calciatore del Cosenza morto nel 1989: prima per suicidio, poi per omicidio, ma adesso qualcuno sta cercando di riaprire il caso (è una moda ormai). Ripesco nel computer le cinque mini-puntate che dedicai nel 2014 al libro del valoroso Alessandro Mastroluca, Denis Bergamini. Una storia sbagliata (Ultra Sport). Prima puntata. Cominciamo dal contesto. Cosenza, fine anni Ottanta. Gianfranco Bonofiglio, storico locale, ricorda come un’apparizione l’arrivo in piazza Kennedy, il salotto dei cosentini, di Willy Valentini, l’uomo più elegante della città, che scendeva dalla Rolls Royce, «con le iniziali incastonate di brillanti e incollate sulla portiera», e prendeva l’aperitivo al caffè Manna. Il Cosenza, inteso come squadra di calcio, non girava in Rolls. Era in serie C1, ma aveva i suoi brillanti. Uno era centrocampista, numero 8, Denis Bergamini. Seconda puntata. Il 12 novembre 1989 Denis gioca la sua ultima partita, 1-1 con il Monza. Sugli spalti c’è Trapattoni che, si dice, è colpito dalla prova del ragazzo. La settimana dopo è in calendario il derby con il Messina, appuntamento molto sentito dai tifosi. Quella partita Bergamini non la disputerà mai. Terza puntata. Sabato 18 novembre 1989 i giocatori del Cosenza fanno una macabra scoperta all’inizio dell’allenamento di rifinitura per il derby con il Messina: in area di rigore c’è una civetta morta. Bergamini la prende e la lancia per scherzo contro un compagno. Poche ore dopo viene ritrovato cadavere. La civetta non c’entra niente (o, forse, c’entra, in almeno due sensi). Quarta puntata. Alle 19.30 di quel sabato il corpo senza vita di Denis giace sull’asfalto al chilometro 401 della Statale Jonica. Un certo Raffaele Pisano racconta che il calciatore si è buttato sotto il suo Iveco. Isabella Internò, vent’anni, fidanzata di Bergamini dal 1985 al 1988, anche lei sul posto, conferma: suicidio. Denis ha i capelli pettinati, il gilet di raso senza una grinza, le scarpe dalle suole pulite (e piove da ore e ore). Quinta puntata. La tesi del suicidio viene sostenuta incredibilmente per 23 anni. Poi comincia a cedere: troppe cose non tornano. L’ipotesi è che sia stato ucciso. Una questione d’onore? Un affare di droga? Debiti di gioco? Buona la prima, le altre sono disperati tentativi di depistaggio. Epilogo (scritto adesso). Non si riusciva a mettere la parola fine alla vicenda perché gli assassini facevano paura. In primo grado l’ex fidanzata è stata condannata. Ora una giornalista in cerca perenne di visibilità prova a scagionarla con l’argomento che ce l’hanno con lei perché è una donna ed è meridionale (Bergamini era di Ferrara). Argomenti da giuria di Ballando con le stelle. L’altoparlante della stazione annuncia: Paola, stazione di Paola, diramazione Cosenza Sibari. Sono arrivato. Voterò il partito Chivucristiano. Viva Sollima in stile Rushomon Per scrivere ad Antonio D’Orrico la mail è lettori@editorialedomani.it