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Se non avete letto l’ultimo di Franzen, forse non potrete capire l’ultima di Succession. Succession è, da un punto di vista antropologico, politico, culturale, il documento più rilevante sull’eterna giovinezza degli Stati Uniti, sul loro stato di adolescenza che nelle epoche resta immutata.
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E qui torniamo a Franzen, che in Crossroads sceglie i primi anni Settanta e le loro contraddizioni come sfondo di una storia che è identica a questa. I personaggi di Franzen, a pensarci bene, sono gli stessi di Succession.
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Da un punto di vista psicanalitico, non c’è opera che abbia meglio riassunto la nostra incapacità – nostra cioè di noi che viviamo in quest’epoca – di diventare grandi.
Se non avete letto l’ultimo di Franzen, forse non potrete capire l’ultima di Succession. L’ultimo di Franzen – s’intitola, lo saprete, Crossroads, da noi lo pubblica al solito Einaudi – è un romanzo sulla famiglia americana come pressoché tutti i romanzi di Franzen, soprattutto come quello che resta inarrivato (Le correzioni, saprete anche questo). Ma è anche una grande parabola sullo stato dell’Unione, in senso politico e ovviamente letterale, come (aridaje) tutti i libri dell’autore; è il ra



