Da molti anni, e sempre di più, tentare di tenere insieme il legame tra la realtà e la musica che la abita ha significato muoversi nel terreno dell’esplorazione del pensiero magico, dove il soggetto musicale sempre più fatica a farsi conseguenza e attinenza strettamente logica dello stato e delle condizioni dell’oggetto mondo e della realtà.

Anche il 2022 non è stato da meno, in primis consacrando su scala globale l’inarrestabilità di quello che potremmo chiamare TikTok Sound: qualcosa che a differenza di quanto si potrebbe pensare non ha nulla a che vedere con un suono distintivo e a sé o con un genere ma, piuttosto, con una dimensione precisa, uno spazio dell’etere dove sono raccolte canzoni diversissime che si trasformano in hit contemporanee dopo essere diventate virali sulla piattaforma social.

La realtà parallela

(AP Photo/Michael Dwyer, File)

Il TikTok Sound dà origine a una realtà parallela dove è proprio il genere il primo ad autoannientarsi: la piattaforma ospita infatti brani del passato o pezzi nuovi e sconosciuti di estrazioni artistiche diverse che improvvisamente guadagnano, proprio grazie alla loro vita e al loro utilizzo interno a TikTok, l’interesse e la dignità popolari.

Nonostante le ricerche e gli studi in merito, non è ancora chiaro a nessuno come si possa attivare questa catena virtuosa e ottenere il fenomeno pop grazie all’utilizzo del brano lì sopra, e questo, se vogliamo, è miracoloso. Il fatto che in un mondo in cui la discografia e l’industria musicale pianificano a tavolino ogni mossa nella piena intenzione di recapitare agli ascoltatori più hit che pezzi autenticamente memorabili, è una vera benedizione che si possa fare affidamento su questa scheggia impazzita, su un antro sfuggente e fatato della macchina del successo che fa di testa sua e il cui meccanismo resta a tutti i pilotatori di hit sostanzialmente ignoto. All’interno dei social esistono le tendenze, sono cavalcabili, certo, sono sfruttabili, ma la quota ambigua e inafferrabile di questo nuovo modo che le canzoni hanno di farsi tormentoni prepotenti, mi pare una beffa bellissima.

Il meccanismo

Se del TikTok Sound non possiamo definire lo standard sonoro, dicevamo, possiamo però certamente cercare di dire qualcosa di più, per esempio soffermarci sul fatto che, come si accennava su, a beneficiare del meccanismo magico in questione sono soprattutto le canzoni del passato, alcune hit e altre che vere hit non erano state mai ma sono prontissime a diventarlo ora, venti, trenta, quarant’anni più tardi, grazie a ragazzini che ballano o vanno in skateboard e scelgono proprio loro come colonna sonora dei loro brevi video.

Questo trend va a fare tutt’uno con quanto già scatenato dalle serie tv: da Stand on the Word dei Joubert Singers del 1982 che a distanza di quarant’anni dalla sua uscita sbanca a livello mainstream dopo essere apparsa nell'episodio finale della seconda stagione di Industry, (raggiungendo oltre quattro milioni di riproduzioni su Spotify), fino a Kate Bush che con Running Up That Hill (A Deal with God), grazie alla quarta puntata dell’ultima stagione di Stranger Things è stata di nuovo al primo posto in classifica in diversi paesi o a quanto accaduto in Euphoria dopo che Right Down the Line di Gerry Rafferty è stata inserita nella seconda stagione facendo poi tendenza su TikTok e accumulando 150 milioni di play su Spotify. Come il brano di Rafferty anche Dreams dei Fleetwood Mac, uscita nel 1977 e Just the Two of Us di Bill Withers del 1980, hanno ottenuto un successo sconvolgente e nuovo grazie al social dei video.

Canzoni sempre più vecchie

Stando ai dati sembra che una persona in media trascorra circa 19 ore alla settimana ascoltando musica, e che quella musica sia sempre più vecchia. Le statistiche indicano come “canzoni del passato” quelle che sono state registrate più di 18 mesi fa: sono loro, e spesso quelle significativamente precedenti, a rappresentare il 70 per cento del mercato musicale negli Stati Uniti. Questa cifra è in crescita costante. Nel 2020 sono stati ascoltati 522,6 milioni di album di catalogo, cioè usciti nel passato, la cifra è salita a 623,6 milioni nel 2021 e sebbene non siano ancora presenti i dati definitivi circa il 2022, possiamo comunque dire che già a metà anno, il 72 per cento delle canzoni ascoltate, apparteneva proprio al catalogo e dunque era costituito da brani tutt’altro che recenti.

Si parla sempre più, esponenzialmente, dell’aumento delle vendite dei vinili, che già nel 2021 nonostante gli incredibili ritardi di produzione, avevano raggiunto quote altissime, come mai prima negli ultimi 25 anni.

Il trend della nostalgia

Il trend, in questo senso, è forte da anni e il dato interessante è il fatto che la crescita dell’acquisto dei dischi in vinile esprima il desiderio di possedere soprattutto dischi usciti nel passato e questo anche visto che a dominare il mercato del formato sono le ristampe, i cofanetti, le reissue speciali con contenuti extra in confezioni accattivanti (vinili colorati, magari con libri e fotografie inediti, tracce ovviamente rimasterizzate come minimo). In qualche forma anche le vendite dei dischi in vinile o in altri formati fisici come le musicassette, includono nel discorso i social network, luoghi dove questi dischi possono essere fotografati, condivisi, mostrati.

Quello che è certo è che l’ingranaggio centrale dei meccanismi che muovono il mercato musicale e, più sostanzialmente, il suo discorso, è abitato in parte non esigua dalla nostalgia che coinvolge chi c’era e vuole tornare dov’è già stato, certo, ma pure chi non ha potuto esserci e vuole recuperare: il 15 per cento di chi ha acquistato vinili durante l’anno ha un’età compresa tra 16 e 25 anni, a dimostrazione del fatto che quello che Roberto Bolaño chiama «nostalgia del non vissuto» in musica è sentimento sempre presente e attivo.

Ritorno al passato

Accanto alle uscite lontane nel tempo, è un presente che attinge con costanza dal passato a dominare la scena, non è un caso che da Harry Styles a Steve Lacy, quest’anno, alcuni dei nuovi lavori più interessanti transitati, in parte, proprio da TikTok, debbano così tanto a mondi musicali che sono patchwork di tempi passati più e meno recenti.

Senza poter generalizzare, nel mare delle molte belle uscite del 2022, merita spazio l’attenzione tornata a scaldarsi nei confronti del rock e dell’indie, continuano il recupero di sonorità soul e disco, la trap sembra essersi un po’ allontanata dai riflettori, il rap non molla il colpo.

Io ci metto qualche frammento di psichedelia come Young Guv e The Soundcarriers, Melody Echo Chambers che cita Serge Gainsbourg, Panda Bear e Sonic Boom in trip beatlesiano insieme a Drugdealer, l’oscura morbidezza di Weyes Blood, il college rock delle Wet Leg, un premio Pulitzer Kendrick Lamar particolarmente sorprendente (menzione speciale per l’atto finale The Heart Part 5) e, specialmente, gli Arctic Monkeys, con l’eccezionale e suadente crooning di The Car tra slow ballad, eco di Scott Walker, falsetti e pianoforti luccicanti.

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