C’è stato un tempo in cui tutte le donne sostenevano di desiderare un uomo che le facesse ridere. Prima dei soldi, prima dei capelli folti, prima delle buone maniere, deve farmi sganasciare. Non so se siano cambiati i tempi o se all’epoca stessimo mentendo tutte, ma ci ho riflettuto questa settimana mentre recuperavo l’ultima puntata di Saturday Night Live presentata da Timothée Chalamet, che eccezionalmente presenziava anche in veste di ospite musicale, esibendosi in alcuni pezzi di Bob Dylan (che interpreta assai bene in A Complete Unknown, al cinema in questi giorni e candidato a ricchi premi e cotillon).

Ci ho riflettuto in particolare mentre guardavo uno sketch in cui Chalamet rianima una vecchia signora svenuta scoreggiandole in faccia, e poi di nuovo mentre si cala nei panni di un trainer di una disciplina ginnica che non esiste (ma potrebbe), in cui imbragato come un salame in una tuta fluorescente e con una parrucca di capelli lunghi e setosi, si mette in ridicolo senza nessun freno (il che lo rende un perfetto ospite di Snl, che infatti l'ha già chiamato tre volte a fare il pagliaccio del sabato sera).

Provo grande stima e simpatia per chi si prende poco sul serio, soprattutto quando parliamo di un attore, categoria che più di altre tende a mancare di autoironia. Ma dove va a finire la sensualità? Cosa sarà dei poster in cameretta? A chi piace ancora Chalamet?

Alle origini del disamore 

Ho la netta impressione che le fan della prima ora – almeno quelle più mature, le trentenni sensibili al fascino efebico di questo giovane uomo – si stiano disamorando. E non conosco molte adolescenti, ma anche con loro mi sembra che Chalamet sia in costante declino, surclassato da altri maschi non necessariamente più virili – mi risulta che le più giovani si strappino i capelli per Tom Holland, uno che per strada non farebbe girare nessuno, e che tuttavia balla molto bene – ma comunque più attraenti per ragioni più o meno imperscrutabili.

Per gli uomini non è obbligatorio essere i più fighi in circolazione, non è obbligatorio essere oggetti del desiderio, ma nel cinema di certo aiuta anche loro (l’alternativa è essere molto strani o, appunto, estremamente divertenti). Ci saremmo accorti di quanto era bravo Di Caprio se negli anni Novanta non fossimo state tutte innamorate di lui?

Quando Samantha Jones è determinata a lanciare la carriera cinematografica di Smith Jerrod in Sex & the City (scusate i riferimenti alti) gli dice che il successo funziona così: prima arrivano gli omosessuali, poi le ragazze e poi il mondo. E forse è stata questa la parabola anche per il buon Chalamet, che dalla sua ha un talento notevole (ma che da solo non basta mai: chissà quanti bravi attori cessi non vedremo mai al cinema) e che tuttavia sembra fare di tutto per non diventare un sex symbol.

L’autosabotaggio di Timmy passa prima di tutto per quel baffo prepuberale che sfoggia da un po’ per ragioni misteriose. Prima ancora del baffo, in realtà, si era già presentato l’annoso problema di Willy Wonka, di cui mi ero occupata su queste pagine circa un anno fa: nessuno sopravvive al re del cioccolato, è il ruolo dove il sesso va a morire (qualcuno ha più avuto pulsioni sessuali per Johnny Depp dopo averlo visto con quel caschetto?). Ma dopo Willy Wonka per Chalamet c’è stata la seconda parte di Dune, dove lo vediamo battersi fiero a colpi di coltellaccio con Austin Butler, il quale in condizioni normali straccerebbe Chalamet per avvenenza, ma in Dune è senza denti quindi se la possono giocare.

Antipatie 

E alla fine arriva Dylan, che nonostante la chitarra e lo status di leggenda vivente, non è il primo che viene in mente quando stiliamo una classifica delle rockstar più sexy della storia (Butler, saggiamente, si è fatto conoscere come Elvis, che faceva svenire le ragazze ai concerti). E il motivo è semplice e sembrerebbe confermare la teoria iniziale secondo la quale saremmo tutte in cerca di uomini con cui scompisciarci dalle risate: Dylan è antipatico e lo è sempre stato.

Il che, tuttavia, potrebbe avvicinarlo piuttosto a un altro stereotipo, quello secondo cui, in mancanza di un giullare che ci intrattenga, saremmo molto attratte anche dagli stronzi che ci trattano male. Questa teoria nel film trova maggiore riscontro, il giovane Dylan di Chalamet è effettivamente borioso e insopportabile con le donne che lo amano, e non solo con loro.

A corroborare questa posizione aggiungo una mia recente lettura, quella di Want, un libro di fantasie erotiche femminili anonime raccolte dall’attrice Gillian Anderson (e pubblicato in Italia da Feltrinelli). Tra i racconti più intimi, sconci e proibiti delle donne di tutto il mondo, fanno incursione diversi uomini cattivi, malmostosi, aggressivi e violenti, ma neanche uno che pratichi il primo soccorso a suon di peti.

Dylan quindi risolleva in parte la sexiness di Chalamet, anche nelle notevoli parentesi musicali nella scorsa puntata di Snl. Non si sa se vincerà l’Oscar, o se Kylie Jenner lo frequenti perché cercava qualcuno che la facesse ridere. Quello che è certo è che il talento è sempre attraente.

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