Ci salutiamo nel 2025 come ci eravamo lasciati nel 2024: il dibattito relativo agli effetti del vino sul nostro corpo e all’importanza di avere un approccio alla nostra bevanda preferita che sia consapevole e moderato è più acceso che mai. Poche settimane fa il Surgeon General degli Stati Uniti, figura di nomina politica che tra le altre cose è anche portavoce delle questioni di salute pubblica per il governo, ha pubblicato un rapporto che cita studi che collegano le bevande alcoliche ad almeno sette tumori maligni, tra cui il cancro al seno.

Per questo ha consigliato di evidenziare questi rischi su tutte le etichette dei prodotti che contengono alcol, vino compreso, al pari di quello che accade in maniera simile sui pacchetti di sigarette. Una scelta che però spetterebbe al Congresso, e non è chiaro se la nuova amministrazione sosterrebbe questo genere di approccio.

In difesa della moderazione

Il commento che nei giorni successivi ha attirato maggiori attenzioni su di sé è quello di Tom Wark, fondatore dell’American Wine Blog Awards, che ha introdotto la sua newsletter, Fermentation, così: «Non importa che il rischio assoluto di cancro associato al consumo moderato di alcol sia minuscolo. Non importa che solo poche settimane fa sia stato pubblicato uno studio che mostra che la mortalità per tutte le cause è inferiore tra i consumatori moderati di alcol rispetto agli astemi. Ciò che importa è che "l'alcol causa il cancro" è stato affermato e annunciato dal più importante funzionario sanitario d'America e che la sua affermazione è stata ripresa da ogni organo di stampa del Paese».

Il tema è diventato negli USA così centrale che è intervenuto sulla questione anche il più importante tra i giornalisti del vino: Eric Asimov del New York Times ha firmato un lungo articolo che celebra la stessa moderazione di cui scrivevo su queste pagine appena 4 settimane fa. «Voglio essere chiaro: non ho mai consumato vino o altre bevande alcoliche perché credevo facessero bene. Nel 1991, dopo che "60 Minutes" aveva parlato di quello che conosciamo come il “paradosso francese" (quello che associava un consumo moderato di vino rosso a un basso tasso di malattie cardiache) le vendite di vino rosso hanno fatto un balzo in avanti. Per anni, il mondo del vino ha tratto beneficio dal promuoversi come salutare. Ora, mentre la sua visione sociale (e quella delle bevande alcoliche) si è capovolta, le vendite sono in calo e in tanti gridano allo scandalo. Non sono particolarmente solidale, tranne che con le persone il cui lavoro o sostentamento ne risente. Se l'industria del vino voleva presentarsi come sana, allora avrebbe dovuto essere preparata a essere definita non sana. What goes around comes around».

E ancora, in chiusura: «Mi ritrovo a ricadere nel vecchio detto, moderazione in tutte le cose. Sembra un luogo comune e persino moralista. Ma ho visto troppe opinioni contrastanti e mutevoli nel corso dei decenni su ingredienti come grassi trans, crusca d'avena, carboidrati, caffeina e alcol. Mi hanno reso sospettoso rispetto ai cambiamenti di pensiero e comportamento tropo bruschi. Alla fine, non riesco a pensare a un principio guida migliore della moderazione».

Le tendenze del settore

Nel frattempo SevenFifty Daily ha pubblicato la sua consueta previsione per l’anno che verrà, ovvero le «tendenze del settore vinicolo da tenere d'occhio nel 2025». Un pezzo che apre sugli effetti dei possibili dazi che Trump ha più volte annunciato: nel caso di una loro introduzione prima assisteremo a un aumento dei volumi, con gli importatori che cercheranno di riempire i propri magazzini nel corso del primo trimestre del 2025, poi a un progressivo restringimento del mercato, che potrebbe vedere le importazioni di vino calare del 13/16 per cento.

Una politica volta a sostenere la produzione interna i cui effetti sono però in parte da dimostrare: «le prove che abbiamo dimostrano che i consumatori non passeranno ai vini americani ma piuttosto a opzioni più economiche come la birra».

E poi, tra i temi trattati, quello relativo al consolidamento dei vini analcolici, «categoria pronta per una crescita significativa», e gli effetti sul mercato del cambiamento climatico, con una richiesta sempre più significativa da parte dei consumatori di vini a basso impatto ambientale oltre che trasparenti dal punto di vista del processo produttivo. Con la diretta conseguenza che «le vendite globali di vino biologico, ora pari a 12,4 miliardi di dollari, dovrebbero crescere di oltre il 10 per cento nei prossimi 5 anni».

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