Il grande scrittore Antonino Dolfo fece il suo ingresso nella vecchia trattoria Il bacco d’oro con la consueta tracotanza. Arrivò per ultimo, ben dopo il suo seguito che però aveva la consegna di precederlo (perché così volevano le regole non scritte del dandismo snob). Appena vide il tavolo sbuffò, costringendo un paio di camerieri troppo poco zelanti a trasferire la festante combriccola in una saletta attigua, più grande e signorile (nonché adibita a zona fumatori illegale). Qui, Antonino Dolfo, apparentemente placato, si accasciò a capotavola, dando alla combriccola l’implicito segnale di fare altrettanto: spiccavano una moglie e una ex moglie, più alcune amanti ufficiali e diversi flirt e invaghimenti, oltre a funzionari editoriali, agenti letterari, docenti universitari e giornalisti.

Il Who’s Who delle trattorie

Arrivarono i menù ma Dolfo sembrava essersi imbambolato a scrutare il muro. Il bacco d’oro era la classica trattoria romana con le pareti tappezzate dalle foto del proprietario con le varie personalità che nel corso dei decenni avevano mangiato in quel posto.

E a saper guardare c’era un vero e proprio censimento del mondo dello spettacolo, un Who's Who delle personalità influenti transitate per Roma. A un tratto Dolfo sbottò, indicando le pareti e rivolgendosi alla tavolata. - Ci sono tutti, guardate le foto, guardatele anche voi. Politici, attori, cantanti, sportivi… Ma neanche uno scrittore!

La combriccola osservò diligente e poi cominciò a scandalizzarsi.

- È proprio vero, non c’è neanche uno straccio di scrittore, - confermarono, sovraeccitati. - Moravia, Morante, Flaiano, Brancati… Zero!

- C’è Ambra Angiolini ma non Dacia Maraini, - disse qualcuno, aizzando ulteriormente il gruppo.

In effetti su quelle pareti, dentro a cornici di legnaccio smangiate dai tarli, c’erano proprio tutti, da Giulio Andreotti ad Alberto Tomba, da Valerio Mastrandrea e Moana Pozzi.

Dolfo si rizzò in piedi, battendo stizzito un pugno sul tavolo. - Ecco una prova inconfutabile dell’irrilevanza della letteratura, basta guardare le foto dei vip nelle trattorie romane.

- Neanche un Aldo Busi o un Dario Bellezza?

- Nulla, nulla.

- Tutto questo è inaccettabile! - sbraitò per un’ultima volta Dolfo, prima di avventarsi sul suo piatto di amatriciana.

Il passaparola

Poi, d’improvviso, Dolfo fece partire una sorta di passaparola tra gli astanti. Un messaggio bisbigliato che giunse in fine a uno degli agenti dello scrittore. Non si sapeva se per tutelare la cultura italiana e se a causa di un narcisismo incurabile, ma bisognava andare dal proprietario del Bacco d’oro e convincerlo a scattarsi una foto insieme a Dolfo.

L’agente si mise subito al lavoro, alzandosi dal tavolo, non prima di aver ricevuto sorrisi e pacche di incoraggiamento, e avviandosi verso le cucine del locale. Qui, nonostante un forte odore di cipolla che gli dette quasi una vertigine, riconobbe il mitico Aldone – stazza da wrestler e baffo da mediano arcigno –, il proprietario che si era scattato le foto con tutte quelle personalità appese alle pareti, ormai divenuto a sua volta più divo di quei divi, almeno nel luogo circoscritto e magico del proprio locale.

L’agente gli fece un cenno, per distrarlo dal compito supremo di pulire un cespo di puntarelle. - Forse saprà che nell’altra sala è seduto Antonino Dolfo…

- Chi?

- Antonino… Dolfo.

- E chi è?

- Un famoso scrittore, lo avrà visto senz’altro in televisione. Al Brancaccio sta andando in scena una sua commedia.

Aldone si pulì una mano sul grembiule lordo d’acciughe. - Se vole ‘na foto io so’ qui che l’aspetto.

L’agente impallidì. - Non potrebbe essere così gentile da venire lei? Le ripeto che Antonio Dolfo è un mito, praticamente un monumento.

Aldone riacciuffò il cespo di puntarelle. - Se è ‘n monumento nun je serve de magna’.

Licenziato su due piedi

L’agente tornò sconsolato nella sala, dove nel frattempo la discussione sulla marginalità della cultura teneva ancora banco.

- Finché Sabrina Salerno conterà più di Ginevra Bompiani non ci sarà nessuna speranza per questo paese…

- Possibile che in tutte le trattorie ci sia Sean Connery che mangia un piatto di pastasciutta? Le hanno stampata in serie a tutti i ristoratori romani? Ritirano la foto direttamente alla camera del commercio?

- Vogliamo parlare dell’iconografia di Francesco Totti nelle trattorie romane?

- E che mi dite dei vecchi democristiani? Va bene che per quasi un secolo hanno mangiato solo loro, però non se ne può più delle foto di Cossiga e De Mita.

- L’attore italiano che ricorre di più è Massimo Troisi. Il cantante è Pino Daniele. In fondo Roma non è la capitale, è la prima città del meridione…

L’agente si avvicinò con timore e sussiego a Dolfo. - Ho appena finito di conferire con Aldone.  

- E allora? Qui siamo al dolce.

- Appena ha saputo della tua presenza nel locale non stava più nella pelle.

- E allora perché non è subito venuto qua con una macchina fotografica?

- Sì è molto emozionato. Pensa che ha letto tutti i tuoi libri e non si è perso neppure una replica della commedia in scena al Brancaccio.

- Davvero?

- Ha dovuto leggere due volte di fila La coda degli uomini, trovando la scena dell’orfanotrofio definitiva.

- Ha detto proprio così? Definitiva?

- Si è sentito male, troppa emozione. È svenuto sopra un cespo di puntarelle.

Dolfo a quel punto prese per il bavero della giacca l’agente, cominciando a sbraitare. - Perché devi dirmi tutte queste cazzate? Sei licenziato.

Sul tavolo calò un silenzio agghiacciato, mentre l’agente raccoglieva le sue cose e senza neanche aspettare l’arrivo dei dessert imboccava l’uscita del locale.

La resa dei conti

Dolfo gettò il tovagliolo come fosse un guanto di sfida, si divincolò da qualcuno che voleva trattenerlo e percorrendo ad ampie falcate un corridoio giunse alle cucine.

- Così non vuole farsi una foto con me… - esordì aggressivo, non appena riconobbe Aldone.

- Te chi saresti?

- Sono Antonino Dolfo, lo scrittore.

- Di scrittori alle pareti ce ne stanno un botto.  

- Ah sì?

- Ce stanno Capuozzo e Crepet.

Dolfo cercò di reprimere un grido di orrore. Stava cercando il più velocemente possibile una frase – una sola – che chiudesse la faccenda a suo favore, uno dei suoi aforismi taglienti che fungesse da pietra tombale per la trattoria Il bacco d’oro e il suo strafottente proprietario. Doveva fare in fretta, lo sapeva, altrimenti Aldone si sarebbe chinato di nuovo sul cespo di puntarelle, umiliandolo più di quanto non avesse già fatto.

Poi si sentì un trambusto improvviso, come di qualcuno che si era alzato insieme al suo codazzo, e un cameriere trafelato sbucò per avvisare di accorrere per la foto di rito «co’ la star de TikTok».

Aldone non se lo fece ripetere due volte e all’istante si tolse il grembiule sudicio piombando nella sala con il suo sorriso migliore. Dolfo lo seguì come per un incantamento disgustoso a cui era impossibile sottrarsi, ritrovandosi nel ristorante assieme a un nugolo di persone adoranti che battevano le mani.

La macchina fotografica, per una qualche ragione misteriosa o scherzo beffardo del destino, arrivò proprio in mano a lui. - Ah coso ce sei? – lo incalzò Aldone, abbracciando calorosamente il vip di turno che Dolfo non seppe o forse non volle riconoscere. - Facce ‘na bella foto, me raccomando.

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