Dopo secoli di patriarcato, la figura del padre perde autorevolezza e non ha più il mandato di trasmettere valori e cultura. Ma un padre ha sempre da esserci, e il figlio lo cercherà sempre: Enea ed Edipo offrono due modelli opposti, ma ineludibili, di rapporto
- In fuga da Troia, Enea portò sulle spalle il padre Anchise, che a sua volta portava tra le braccia i Penati. Non il figlio, non la moglie, non l’oggetto più prezioso che gli ricordava le sue glorie: Enea scelse la cosa in apparenza meno utile, un vecchio.
- Il padre di Edipo, Laio, Laio rifiutò di accettare che il figlio prendesse un giorno il suo posto nella vita. Non voleva essere sostituito, non voleva lasciare nulla a nessuno, non voleva essere un anello della catena.
Come scrisse Freud nella seconda edizione dell’Interpretazione dei sogni (nel frattempo, suo padre era morto), “la morte del padre è la perdita più decisiva nella vita di un uomo”. Trovare un padre e perderlo sono però le due facce della stessa medaglia.
La notte in cui Troia bruciava, un figlio rischiò la vita per portare in salvo il padre, un vecchio invalido che non voleva sopravvivere; “Lasciami qui a morire con la mia città”, gli aveva detto, “perché il futuro non mi appartiene più”. Eppure quel figlio (si chiamava Enea) decise di issare sulle spalle suo padre Anchise e portarlo con sé. Un atto che continua a commuovere chiunque legga l’Eneide, come si commosse Giorgio Caproni quando scoprì tra le rovine bombardate di piazza Bandiera, a Gen



