Una delle migliori occasioni per fare storia a scuola, in modo attivo, laboriatoriale e critico, può essere il contestatissimo Giorno del Ricordo. Come noto, fu istituito dal secondo governo Berlusconi nel 2004 con la legge n. 92, «al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale».

Come impostare la lezione può dirlo un qualsiasi programma di apprendimento meccanico, da ChatGpt alle sue varianti di Google (Gemini) e Microsoft (Copilot). Se si è esperti, però, si può procedere in autonomia: si scelga il metodo tradizionale, preparando una lezione frontale con discussione finale, oppure si usi il metodo della classe rovesciata, creando o cercando una videolezione o un documentario, che la classe dovrà guardare a casa, prendendo appunti in vista di un lavoro di gruppo da svolgere in classe.

Tra le varie possibilità cooperative, c’è la preparazione di una discussione, nella forma della disputa. Risalente alle scuole di retorica greche e romane (le celebri declamationes o disputationes), fu usata nelle università medioevali ed è stata trasformata di recente in una risorsa didattica, fra le altre, dall’Università di Padova con la sua “Palestra di botta e risposta”. Eppure il nostro provincialismo ci ha convinti che siano stati gli americani a inventare il debate.

L’argomento della disputa potrebbe essere: è giusto associare il fenomeno delle foibe a quello dell’esodo giuliano-dalmata?

Un ottimo documentario per prepararsi, segnalato dal gruppo di ricerca Nicoletta Bourbaki nella sua inchiesta su La storia intorno alle foibe (Internazionale.it, 10/2/2017), potrebbe essere quello realizzato dallo storico Giuseppe Giannotti, intitolato Meja – guerre di confine e prodotto da Rai Educational. L’opera si trovava su Raiplay ma ora, chi cercasse di accedere alle pagine dove fu caricata, scoprirebbe che il video non è più disponibile. In compenso, inserendo su Google le parole chiave “raiplay guerre di confine”, appare sul sito di Rai Cultura la puntata omonima della trasmissione Il tempo e la storia: consulente, oltre ad Alessandro Barbero, Ernesto Galli della Loggia. Ben vengano le trasmissioni bipartisan, ma non sarebbe il caso di ripristinare il collegamento al documentario di Giannotti?

Passando alla cultura scritta, un fondamentale documento storiografico, utilizzabile in classe per insegnare come si consultano le fonti, è la relazione della commissione mista storico-culturale italo-slovena, istituita nel 1993 dai ministri degli esteri dell’Italia e della Slovenia, con lo scopo di fare il punto sui risultati della ricerca storica realizzata nei due paesi sul tema dei reciproci rapporti. La relazione s’intitola I rapporti italo-sloveni 1880-1956 e fu scritta da una commissione composta da accademici e storici italiani e sloveni, che la votarono all’unanimità e la presentarono nel 2000. Benché la pubblicazione fosse sollecitata da più parti e da un voto unanime della Camera, da parte italiana fu resa nota nel testo integrale soltanto il 4 aprile 2001 dal quotidiano Il Piccolo e – lo stesso giorno – dal Ministero degli esteri.

Nel documento, il fenomeno delle «foibe istriane», ovvero gli «eccidi di italiani dell’autunno del 1943», è inquadrato nel contesto storico dell’epoca, quando i nazisti furono cacciati dalla Venezia-Giulia, «per opera delle grandi unità militari jugoslave e in parte di quelle alleate»: la liberazione «si accompagnò a un’ondata di violenza che trovò espressione nell’arresto di molte migliaia di persone, parte delle quali venne in più riprese rilasciata – in larga maggioranza italiani, ma anche sloveni contrari al progetto politico comunista jugoslavo –, in centinaia di esecuzioni sommarie immediate – le cui vittime vennero in genere gettate nelle “foibe” – e nella deportazione di un gran numero di militari e civili (...) in diverse zone della Jugoslavia. Tali avvenimenti si verificarono in un clima di resa dei conti per la violenza fascista e di guerra».

Sarà perché la parola foibe è associata alla parola fascismo che di questo documento si sa poco o nulla in Italia?

Per quanto riguarda l'esodo, non è collegato alle foibe ma al «processo di formazione degli Stati nazionali in territori etnicamente compositi, che condusse alla dissoluzione della realtà plurilinguistica e multiculturale esistente nell’Europa centro-orientale e sud-orientale». Infine, la migrazione di italiani dai territori occupati avvenne in un arco di tempo molto lungo: essendo iniziato nel 1941, con l’esodo da Zara decretato dalle autorità militari italiane per il previsto attacco alla Jugoslavia, e tenendo conto che la data limite ufficiale è il 1958, come nota lo storico Sandi Volk, «definirlo un unico esodo è piuttosto azzardato.»

Molti altri materiali sulla questione sono reperibili ovunque. Sarà sufficiente fornirli alla classe perché si prepari per la disputa.

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