«Ho passato parecchio tempo in America e posso assicurarvi che non tutti gli americani sanno che per preparare una buona tazza di tè devi bollire l’acqua».
L’attrice inglese Florence Pugh ha una rubrica su Instagram chiamata Cooking with Flo, e nel 2021 ha condiviso il suo modo per preparare il tè, partendo dalla regola numero uno: «l’acqua non è solo calda». Dice che deve arrivare a bollore, almeno per il tè nero. Anche la tazza è importante: lei preferisce un bordo spesso. Pugh tiene la bustina in infusione anche quando aggiunge il latte e la toglie solo raggiunto il colore desiderato, quasi caffellatte.

Passione britannica

L’arte di preparare una tazza perfetta, una cuppa, come si dice, è un patrimonio di cui ogni famiglia nel Regno Unito è gelosa. Secondo la Uk Tea&Infusions Associations vengono consumate nel paese almeno 100 milioni di tazze da tè al giorno: ogni secondo che passa sono circa 1.100 le tazze che vengono ingollate o sorseggiate.

A fine gennaio, quando la scienziata americana Michelle Francl ha suggerito di aggiungere il sale per smorzare l’amaro, si è sfiorato l’incidente diplomatico con gli Stati Uniti: l’ambasciata a Londra ha rilasciato su X, vecchio Twitter, un comunicato per prendere la distanze da una tale provocazione, senza risparmiarsi però una piccola stoccata. «Continueremo ha fare il tè nel modo giusto. Nel microonde»

Sbirciando dentro le finestre delle case inglesi, non si troverà un modo uguale di preparare una tazza di tè. Stephen Gilbey, dell’est di Londra, quando mette la bustina in infusione non lascia la cucina per un istante. Controlla il colore del liquido che gocciola dal filtro: se è più chiaro del contenuto della tazza, il tè è pronto. Se è più scuro, la bustina ha ancora del sapore da rilasciare. Sofia Braconcini Phipps, di Wansted, mette prima lo zucchero, poi l’acqua, poi la bustina. Terminata l’infusione, aggiunge il latte: «il colore deve essere arancione».
Le abitudini cambiano anche a seconda della posizione geografica. «Le persone nel nord dell’Inghilterra bevono più tè, e lo preferiscono forte», spiega. «Mio padre, dello Yorkshire, lo fa sempre nella teiera di porcellana. Una bustina per persona, e una per la teiera. Nella tazza mette prima lo zucchero e il latte», dice Evie Horsell. «Torni da una passeggiata? Prendi un tè. Torni da un lungo viaggio in treno? Metti su il bollitore. È un modo di accogliere qualcuno a casa, rilassarsi con la famiglia o avere un momento per sé».

«Noi preferiamo utilizzare una teiera di porcellana vintage», racconta a Cibo lo staff di Clarinda’s, una sala da tè nel centro della Old town, a Edimburgo. La loro miscela preferita è Scottish Breakfast, composta da foglie Assam e Ceylon. «Ha un forte sapore di malto, quindi molti la gustano con il latte e/o lo zucchero».

Due cucchiaini di tè nella teiera, e poi l’acqua: bisogna aspettare almeno due o tre minuti prima di versarlo nella tazza. Clarinda’s si trova da 50 anni nella stessa sede, in Canongate Kirk, e non è raro vedere fuori dalla porta la fila di clienti in attesa, molti arrivati dall’estero.

Tovaglie di pizzo sui tavolini, pareti cariche di dipinti d’epoca e piattini di porcellana appesi, su una credenza le alzate con le torte del giorno: «Ci chiamiamo così in onore di Agnes Maclehose, amica del poeta scozzese Robert Burns. Si scrivevano lettere d’amore chiamandosi “Clarinda” e “Sylvander”».

Una questione di classe

Entrato nella consuetudine degli inglesi quando la regina Caterina di Braganza portò dal Portogallo alla corte di re Carlo II l’abitudine di bere il tè, questo era molto costoso, e pochi in Gran Bretagna potevano permetterselo. La storia del tè si è intrecciata più volte alla storia delle classi: nel Settecento si dibatteva sull’opportunità o meno di lasciarlo bere al proletariato.

Il fenomeno del contrabbando aveva raggiunto tali proporzioni che, spiega la Uk Tea&Infusions Associations sul suo sito, «aveva superato le importazioni legali». Nel 1785 il governo dovette cedere e abbassare l’imposta sul tè, rendendolo un pochino più accessibile. Non del tutto: in quegli stessi anni nacque l’abitudine di aggiungere il latte, perché spesso le foglie venivano mischiate con altre piante o addirittura foglie già infuse per tagliare i costi.

Prima il latte o il tè

Proprio il latte è al centro di uno dei maggiori dibattiti tra gli intenditori: cosa si mette per primo nella tazza? O, nelle parole del marchio Yorkshire Tea che in un articolo sul suo sito ha provato a trovare una risposta, meglio Miffy o Tiffy (mif: milk in first, tif: tea in first)? Se l’infusione avviene nella tazza, allora deve essere Tiffy, o il latte freddo abbasserà troppo in fretta la temperatura dell’acqua. Con una teiera la libertà è maggiore, ma con una certa parzialità verso il Tiffy, che permette di valutare prima se il tè ha raggiunto l’intensità desiderata.

Della stessa opinione è anche lo scrittore George Orwell, che nel 1946 scrisse sull’Evening Standard le 11 regole per una tazza perfetta: «Su una o due dovrebbe esserci un consenso generale, ma almeno quattro sono fortemente controverse». Ad esempio, niente zucchero: «deve essere amaro come la birra» oppure «tanto vale aggiungerci del sale o del pepe» e, per l’appunto, il latte rigorosamente dopo.

L’obiettivo di queste regole, che abbracciano questioni come la temperatura della teiera, che va «mescolata o ancor meglio agitata» (quasi come il Vodka Martini di James Bond), era sfruttare al massimo la razione giornaliera nell’immediato dopoguerra.

Nel centenario della nascita dello scrittore la Royal Society of Chemistry ha pubblicato un comunicato sul modo corretto di fare il tè, smentendo l’autore di 1984. Per il dottor Andrew Stapley della Loughborough University infatti «potrebbe verificarsi la denaturazione delle proteine del latte se questo incontra temperature sopra i 75°C». Nonostante il parere scientifico, la questione è rimasta aperta. Come ha scritto il Guardian undici anni dopo, il gusto rimane soggettivo: «Perché le proteine denaturate dovrebbero automaticamente essere meno deliziose di quelle integre?».

Il maggiordomo reale Grant Harrold ha rivelato alla Bbc che la famiglia reale è fortemente dalla parte Tif, prima il tè. Non c’entra il gusto, e neanche la denaturazione delle proteine: è come, sempre, un fattore di classe. Nel XVIII secolo solo chi aveva le porcellane più resistenti poteva permettersi di versare l’acqua bollente direttamente nella tazza.

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