Montecampione era la “Milano montana” di chi non poteva ambire a Cortina, paradiso di speculatori e secondacasisti illusi. Ora è un ammasso di macerie e cannoni sparaneve a salve che era in declino molto prima che il Covid-19 ci togliesse lo sci
- Già in un articolo del 2016 si accenna alla grave crisi di Montecampione, località sciistica nela bresciana, crisi dalla quale «si può e si deve riprendere». Basterebbe questo, forse, a dire cos’era Montecampione; un tentativo di Kortina di serie B a un passo da Milano.
- Non ci sono deviazioni, strade secondarie, nulla di nulla. Questa strada porta a Montecampione e basta, una strada di servizio. E fu in effetti costruita a questo scopo. Roba da far west, da pioneri, da terra promessa. L’epopea della piccola borghesia lombarda.
- A 1800 metri di quota si trova il colosso. Praticamente in procinto di crollare, sarà lungo trecento metri per 4 o 5 piani. Da una delle tante porte abbattute entriamo. Il ristorante, pieno di stoviglie rotte, conserva intatti i divanetti da discoclub anni Ottanta
Nella flagranza di reato architettonico che è la piazza centrale di Montecampione 1200, resort sciistico nella bresciana, ad attirare l’attenzione è la vetrina della boutique Michelle Ferrè. È coperta di ritagli di giornale, come quando si fanno lavori all’interno dei negozi e coprono le vetrine per pudore. Ma pudore di cosa? Mi sono sempre chiesto cosa ci fosse da nascondere. Mi avvicino dunque incuriosito, al momento non c’è davvero null’altro nello spiazzo semi-circolare che risulta dalla seq



