La copertina del primo Finzioni dell’anno è firmata da Massimo Giacon, fumettista, illustratore, designer, artista, musicista. Per il 2024 ha realizzato un progetto ambizioso: ogni giorno un disegno ispirato alla notizia più interessante. «La società ha sempre guardato all’eclettismo con sospetto. In America c’è un modo di dire: Master of nothing»
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La copertina del primo Finzioni dell’anno è firmata da Massimo Giacon, artista poliedrico noto come fumettista, illustratore, designer, artista e musicista. Giacon ha esordito negli anni '80 collaborando con riviste di spicco come Frigidaire, Alter, Linus e Nova Express. Parallelamente, ha lavorato nel mondo del design con figure come Ettore Sottsass e aziende prestigiose quali Alessi, Swatch e Memphis. Nel fumetto, ha pubblicato graphic novel di rilievo come Amami (con Tiziano Scarpa) e La Quarta Necessità (con Daniele Luttazzi).
La sua carriera vanta esposizioni internazionali e collaborazioni con riviste come Elle e marchi come Philips. Attualmente, è attivo come designer per Alessi, fumettista per Linus e docente presso l’Istituto Europeo di Design di Milano.
Per il 2024, anno bisestile con 366 giorni, Giacon ha avviato un progetto artistico ambizioso: realizzare ogni giorno un disegno ispirato alla notizia più interessante della giornata, sia essa rilevante o minore. I disegni, realizzati su fogli A4 con materiali diversi (inchiostro, matite, acquerelli), seguono uno stile libero e spontaneo, senza alcuna correzione digitale. Il progetto rappresenta un’innovativa fusione tra fumetto, illustrazione e arte contemporanea, con il supporto delle gallerie Antonio Colombo Arte Contemporanea e Galleria Giampaolo Abbondio.
Il suo lavoro spazia dal fumetto al design, dall’arte alla musica. In un mondo che ci chiede di essere sempre specialisti, ha scelto la contaminazione. È una ribellione o una necessità?
Potrei dire che è una necessità, perché con un solo lavoro non si campa, ma non sarebbe del tutto vero, perché in realtà se mi fossi dedicato a un’unica attività tra le tante di cui mi occupo, probabilmente avrei guadagnato di più. La società ha sempre guardato all’eclettismo con sospetto. In America c’è un modo di dire: Master of nothing. Definisce chi vuole fare troppe cose diverse e poi alla fine non eccelle in nulla. Nel mio caso in realtà sono sempre stato irrequieto, infatti sono partito facendo fumetti, ma avevo già la mia band e partecipavo a Trax, che era un blob artistico in cui con Piermario Ciani e Vittore Baroni producevamo mail art, fanzines, audiocassette, vinili ed happening, quindi il problema era sempre di non riuscire a incasellarmi in una categoria, alla domanda classica “di cosa ti occupi?”, la risposta che riesco a dare è sempre troppo generica.
Con il suo progetto 366 si è obbligato a disegnare ogni giorno senza correzioni digitali. È quasi un atto di fede nel presente, con tutte le sue imperfezioni. Cosa pensa che ci stia insegnando questa sua “capsula del tempo” del 2024?
In effetti a me sta insegnando tante cose, difficili da condensare in breve, ci proverò: mi sta insegnando la labilità dell’informazione. Che certe notizie ce le dimentichiamo nello spazio di pochi giorni anche se in quel momento ci sembrano importantissime. Che non si parla mai abbastanza dell’Africa, un continente quasi completamente oscurato dalle notizie in prima pagina, eppure è un luogo cruciale, dove anche lì si decide il futuro dell’umanità. Poi non lo so, la mia capsula del tempo non ha l’intento di prevedere il futuro, fa parte della presunzione che hanno gli artisti di fermare il tempo con la loro opera, ma poi il tempo li prende a pernacchie e della loro “grande opera” non si ricorda nessuno.
Alla fine del 2024, con 366 disegni tra le mani, cosa crede di aver raccontato? E cosa vorrebbe che restasse di questo progetto tra vent’anni?
Considerata la velocità con cui l’oblio invade quello che si fa, a me basterebbe per il momento che ci si ricordasse di questo lavoro per un paio di anni, ma non so. Sto pensando che per mantenere vivo il sito in cui si può visitare e navigare l’opera non smetterò di postare i disegni il 31 di dicembre, ma continuerò a documentare il presente magari a scadenza settimanale, aggiungendo anno dopo anno nuove sezioni, 2025, 2026, nel tentativo di tenere insieme questo mondo disgraziato, perché questo lavoro è una specie di follia scaramantica, un rituale magico, un commento politico-umanistico alla vita che scorre.
L’inserto Finzioni esplora il tema Un nuovo inizio, un concetto che si intreccia con l’evoluzione del fumetto nel mondo dell’arte contemporanea. Come ha interpretato questo tema con l’illustrazione in copertina?
Credo che dalla nascita del media fumetto i due mondi (Arte e Comics), abbiano sempre cercato di dialogare. Dagli artisti contemporanei che hanno rapinato il fumetto, al fumetto che si è cibato di opere d’arte e movimenti di avanguardia, ma nella realtà in buona parte si tratta di due mondi che non si capiscono molto, perché in sostanza non vogliono approfondire l’amicizia. Il fumetto aspira a essere riconosciuto come arte, ma di autori che frequentano gallerie e biennali con una certa assiduità ne conosco pochi, inoltre hanno un concetto dell’arte ancora legato a un’idea romantica dei primi del 900, mentre il mondo dell’arte spesso è ignorante nei confronti del fumetto, non ne conosce veramente il linguaggio, ma ne invidia l’anarchica, selvaggia natura bastarda.
Nel design ha creato oggetti iconici come Mr. Cold e Mr. Suicide. Cosa vede in un oggetto quotidiano che gli altri non vedono? E quando un oggetto diventa davvero arte?
Ho frequentato e lavorato a fianco di Ettore Sottsass, lui non amava troppo l’antropomorfizzazione degli oggetti, ma la sua natura artistica non riusciva ad evitare di dare dei nomi al suo design, nomi che ne svelavano l’anima, e che costruivano una storia, come altro definire oggetti che si chiamavano Valentina, Carlton oppure il meraviglioso nome Le strutture tremano? Io, nel mio piccolo, ho sempre cercato di disegnare oggetti che nascondessero un trucchetto semantico, che fossero quello che si era spesso dato come missione lo stesso Alberto Alessi, titolare dell’azienda di design con cui lavoro da più di trent’anni: “Piccole opere d’arte a prezzi accessibili. Per cui il mio bambino morto che galleggia nella vasca da bagno (Mr. Suicide) non è solo un tappo da lavandino, e Mr. Cold, a cui schiacci la testa e il sapone fuoriesce dal naso non è solo un dispenser per sapone liquido.
Fumetto e arte contemporanea. È possibile che il fumetto, con la sua immediatezza, riesca a raccontare il presente meglio di altri linguaggi artistici?
Con le sue multiforme sì, al pari di una serie tv, di un documentario, o un film. Il fumetto è una forma di comunicazione estremamente duttile, e semplice da realizzare. Puoi essere un disegnatore bravissimo o saper comporre solo 4 segni, e saresti in grado comunque di produrre un buon fumetto. Puoi usare qualsiasi mezzo, dal computer al web all’intelligenza artificiale, per tornare, come ho fatto io con 366, alle basi, ovvero il disegno su carta. Puoi disegnare ovunque, al bar, a casa, mentre fai colazione, in una bettola, su una panchina, in treno, in metro, in tram, sotto un albero, in solitudine, in mezzo alla folla. Alla fine se sei in possesso di un linguaggio, di idee e desiderio di comunicarle puoi realizzare qualcosa di nuovo con pochissimo, e alla fine puoi parlare di come ti senti, e facendolo parlare degli altri, e del mondo che vedi girare intorno.
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