Domanda: può il presidente della Consob, Paolo Savona, scrivere una lettera “privata” ad un comitato di soci della Banca Popolare di Sondrio (Bps), impresa quotata sul mercato sottoposto alla sua vigilanza? Nella lettera afferma: «Quando la qualità...si disgiunge dalla quantità (il voto), la democrazia entra in crisi ed emergono i sintomi latenti della dittatura come quella nella quale viviamo». 

Dimentichiamo la domanda retorica, e anche lo sconcerto per il vertice d’una importante Autorità indipendente che si esprime - come la vice questore no-vax Nunzia Alessandra Schilirò - contro la Repubblica che dovrebbe servire; cos’altro aspettarci da chi preparava un Piano B per uscire dall’euro? Solo per la fermezza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, all’inizio del governo Conte 1 nel 2018, l’eminente intellettuale non fu nominato, tre anni fa, ministro dell’Economia. Durava poco, ma il conto l’avremmo pagato tutti, anche l’allora capo politico del Movimento Cinque stelle Luigi Di Maio, oggi placidamente assiso agli Esteri, che voleva destituire Mattarella, reo di attentato alla volontà del popolo sovrano.

Nel merito, la lettera di Savona appoggia gli sforzi del comitato di soci, alcuni dei quali miei amici, contro l’applicazione a Bps della legge del 2015 che impone la trasformazione in società per azioni delle banche popolari con più di 8 miliardi di attività.

Non condivido tale tesi perché la legge, voluta da Banca d’Italia, ha eliminato il voto capitario, «una testa un voto» (indipendentemente dal numero di azioni detenute), che è alla base delle molteplici crisi di banche popolari, non tutte esplose con fragore, costate miliardi alla Repubblica e agli investitori.

L’opposizione del comitato è legittima ma è stata respinta dalla giustizia italiana e dalla Banca centrale europea.

Il comitato può ben cercare sostegni alle proprie tesi, ma è inaccettabile che il presidente Consob ci caschi, entrando nel merito di temi sottoposti alla “sua” istituzione.

Se la sintassi non è un’opinione (con Paolo Savona non si sa mai), viviamo già in una dittatura. Chissà che non stia preparando la rivolta armata, magari trasferendo i suoi piani dalla Genova del dopoguerra al ridotto della Valtellina voluto da Pavolini.

L’uomo ama far colpo, ha il piede pesante, talvolta gli scappa la frizione; parafrasando Giambattista Marino, è del professore il fin la meraviglia. Non sorprende poi l’incoerenza dei suoi argomenti: a sostegno del voto capitario egli scrive che se la qualità si separa dal voto la democrazia va in crisi, ma è proprio il sistema che difende a non tener conto della quantità (di azioni detenute). E il comitato vorrebbe pure il voto maggiorato. L’Italia abbonda di persone giovani, coraggiose e preparate, mettiamole in campo. Salviamo la Consob da Savona.

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