Uno stallo degno dei migliori film western di Sergio Leone. Avete presente la scena con due, tre (o anche più) contendenti che si tengono sotto tiro a vicenda – in modo che nessuno possa attaccare l’altro senza essere a propria volta attaccato – e che quasi sempre finisce senza sopravvissuti? Ecco, è un’immagine forte, ma è anche quella che probabilmente rende meglio il punto in cui siamo con la crisi di governo e il rischio che stiamo facendo correre all’Italia.

Negli ultimi giorni sono aumentati i tentativi per far passare in maggioranza qualche senatore indeciso, ma le voci delle ultime ore sarebbero che questi tentativi stiano fallendo e che tutto potrebbe davvero finire con elezioni anticipate nel bel mezzo di una pandemia.

Come parlamentari della Repubblica che hanno sostenuto il Conte 2, sentiamo il dovere di continuare a rappresentare una nazione provata e pressoché allo stremo che non ha bisogno di essere trascinata nel disordine.

Ci siamo convinti che difficilmente troveremo una soluzione alla crisi rimettendola sulle spalle di pochi “responsabili”. Anche perché non è solo una questione di numeri, o di tenere in piedi il governo a qualsiasi costo. A noi non basta sapere che andremo avanti, ci interessa capire per fare cosa. Per quali misure e interventi continueremo ad impegnarci in questa legislatura. Non volevamo di certo questa crisi, ma ancora meno vogliamo adesso “sprecarla”.

Per dare risposte vere ai cittadini, salvare il paese dal Covid-19 e far partire la ripresa, abbiamo bisogno di una maggioranza e di un governo che si diano un’agenda ambiziosa e chiara da domattina al 2023. Noi crediamo che questa agenda debba ruotare attorno a due strategie: la strategia per uscire dalla pandemia, e la strategia per rigenerare l’Italia.

La strategia per uscire dalla pandemia

Dentro la strategia per uscire dalla pandemia c’è anzitutto il piano vaccinale e la strategia sanitaria di contrasto al Covid-19. Perché non c’è speranza di fare bene nient’altro se il principale sforzo di tutti non resta concentrato su come debellare il virus. Su questo, non ci possiamo permettere ritardi e rinvii, e serve la mobilitazione di tutti i medici. Non è inoltre più rinviabile l’adozione di un sistema di raccolta e gestione dei dati in formato aperto (open data), senza il quale – come dimostra il recente “caso Lombardia” – continueremo a sbagliare, con conseguenze gravi per i nostri cittadini.

La seconda priorità della strategia di uscita dalla pandemia è un intervento urgente su infanzia e adolescenza, e quindi a beneficio dei più giovani – dai bambini fino agli studenti delle scuole superiori, senza dimenticare gli universitari. Serve un piano nazionale straordinario per programmare e gestire le attività didattiche delle scuole per i mesi a venire, con cui dispiegare misure di sostegno psicologico agli studenti, fare formazione ai docenti sulle nuove metodologie, sostenere le famiglie nell’accompagnamento allo studio e alla socializzazione in periodo di pandemia, e per recuperare i debiti formativi e la socialità persa. Rimodulando il calendario scolastico per i mesi estivi e preparando da subito il rilancio della scuola che vogliamo dal prossimo primo settembre, e al quale noi crediamo contribuirebbe significativamente la riduzione della taglia delle classi: dobbiamo mettere gli insegnanti nelle condizioni di prendersi più cura dei loro allievi e studenti. È inoltre adesso il momento per adottare lo ius soli e dare cittadinanza a tante bambine e bambini che italiani lo sono già, con un intervento che unito alla valorizzazione e inclusione delle associazioni del terzo settore nell’organizzazione dell’offerta educativa, ludica e culturale a loro destinata, garantirebbe un’infrastruttura sociale adeguata alla costruzione di un’Italia che riparta dai più piccoli.

La terza questione cruciale di questa strategia riguarda il lavoro. Vale a dire tutto ciò che serve prevedere per evitare il collasso che rischiamo con la fine del blocco dei licenziamenti il prossimo 31 marzo; assieme ad ulteriori misure per i lavoratori autonomi e per tutti i mestieri in crisi, in primo luogo quelli legati alla cultura; investendo da subito sulle politiche attive del lavoro, sulla revisione di tirocini e apprendistato, su riforme che vanno dal salario minimo alla rappresentanza sindacale. E mettendo in agenda le misure necessarie a garantire parità di genere nel mondo del lavoro, dalla parità salariale all’aumento dei congedi, all’incremento strutturale di asili nido e tempo pieno. Allo stesso tempo serve sostenere le nostre aziende alle prese con l’esaurimento progressivo delle loro riserve e la fine delle moratorie del credito, e varare misure per aiutare da subito la loro trasformazione all’interno di un nuovo paradigma economico e sociale basato sull’agenda per lo sviluppo sostenibile.

La strategia per rigenerare l’Italia

La seconda strategia, per rigenerare l’Italia, è rappresentata chiaramente dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Next generation Eu). Perché il testo adottato dal governo, pure migliorato molto, è ancora insufficiente. E non basterà un passaggio poco più che formale nelle Commissioni parlamentari per trasformarlo come servirebbe. Nel quadro delle missioni strategiche individuate, il Piano deve ancora definire puntualmente, per ogni progetto, i risultati attesi (e trasformativi, per raggiungere gli obiettivi 2030), su cui saremo valutati da Bruxelles e in base ai quali i finanziamenti saranno effettivamente erogati; e deve diventare oggetto di una consultazione serrata, se serve aspra, ma assolutamente genuina con i sindaci, le regioni, le parti sociali, il terzo settore, e tutti i principali protagonisti della società civile del paese, con il governo e la maggioranza in ascolto, a prendere appunti e aggiustare, con l’ansia di una scadenza ravvicinata non con qualche interlocutore a Bruxelles ma col futuro di 60 milioni di abitanti. Nel quadro della rilavorazione del Piano, il confronto deve pure avvenire sulla rigenerazione della pubblica amministrazione, senza la quale anche le misure migliori sono condannate a restare sulla carta.

Presentare un buon Piano a Bruxelles non serve solo per ricevere gli oltre 200 miliardi di euro e riuscire a trasformare l’Italia, ma per continuare ad avere – assieme a Germania, Francia e Spagna, all’indomani dell’uscita del Regno Unito – un ruolo nel continente in questo anno decisivo in cui abbiamo la presidenza del G20 e iniziato con una nuova amministrazione democratica negli Stati Uniti e con le proteste in Russia, e dimostrare così la volontà e capacità dell’Italia di “guidare insieme” il processo di ricostruzione europea.

Infine, queste due strategie devono diventare ciò su cui si discute, ci si accorda e si rifonda la maggioranza, mentre il governo si ricompone con una squadra motivata e competente ed avvia un’analisi di impatto su cosa abbiano realmente prodotto le misure adottate dall’inizio della pandemia. Ciò che ci diciamo nelle nostre discussioni in parlamento pare infatti spesso troppo distante da quello che ascoltiamo da chi, fuori dal palazzo, ogni giorno sta lottando per sconfiggere o almeno sopravvivere alla crisi e che lamenta che molti interventi non arrivano ai destinatari o sono comunque insufficienti. Non possiamo continuare con altri scostamenti di bilancio di decine di miliardi se non misuriamo e non capiamo quali effetti reali abbiano prodotto i precedenti. Lo dobbiamo alle giovani generazioni da cui stiamo prendendo in prestito queste risorse.

Ecco, noi crediamo sia questo ciò che vada fatto, senza tardare oltre.

Per questo ci appelliamo al presidente Giuseppe Conte e ai leader di maggioranza, così come a tutte le colleghe e i colleghi di Camera e Senato che credono nei valori progressisti ed europeisti affinché condividano con noi l’urgenza di non lasciare nelle prossime ore nulla di intentato, di non sciupare l’occasione di ripartire insieme.

Sta a noi mettere i bisogni dei cittadini al primo posto. Sta a noi essere una classe politica all’altezza, abbandonare i veti reciproci e rimetterci subito intorno allo stesso tavolo, con questo presidente del Consiglio e con tutte le forze politiche che hanno sostenuto il Conte 2 fino a qualche giorno fa, come pure con i nuovi gruppi parlamentari pronti a contribuire ad un nuovo accordo, per formare un governo che dia ai cittadini la garanzia di essere in grado di affrontare, con mediazioni al rialzo e competenze solide, le grandi questioni impellenti di questi mesi e degli anni a venire. 

Ci impegniamo in prima persona e chiediamo questo atto di serietà, questa prova di capacità di guidare l’Italia, questo sforzo per mettere fine alla dinamica auto-referenziale in cui siamo tutti finiti in questi giorni e ridare così dignità e legittimazione alla politica e alle istituzioni del paese.

Nel mezzo di uno pericolosissimo stallo western, la cosa più difficile è non sparare e deporre le pistole tutti insieme. È la più difficile, ma anche l’unica da fare.

Siamo finiti in questa crisi al buio e da giorni ci muoviamo nell’oscurità a tentoni. È ora, adesso, di riaccendere le luci.

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