L’intervento di Fedez dal palco del Primo Maggio ha avuto il merito di riaccendere l’attenzione sulle parole d’odio pronunciate da esponenti politici di primo piano, soprattutto perché avvenuto in modo spiazzante e in uno spazio televisivo di massima audience. Un fenomeno, quello dei discorsi d’odio, sempre più pervasivo nel dibattito pubblico italiano ed europeo, come sottolineato anche da numerose ricerche negli ultimi anni.

In particolare uno studio commissionato dall’Unione europea nel luglio 2020 rileva, con toni preoccupati, come “l’hate speech abbia fatto la sua comparsa ai livelli più alti delle pubbliche amministrazioni in alcuni Stati membri, nei luoghi più vicini all’elaborazione delle politiche”, concludendo che l’appropriazione del linguaggio d’odio da parte di rappresentanti dello Stato, ha il potenziale di minare alla base le fondamenta delle società basate sulla libertà di espressione del pensiero politico.

Dai discorsi ai crimini

Lo studio afferma inoltre che prosperando su tale terreno, le espressioni d’odio utilizzate da personalità politiche influenti incoraggiano i cittadini a esprimere i loro pregiudizi. Tali pregiudizi costruiscono, a loro volta, la base di una piramide dell’odio che porta, sempre più spesso, a veri e propri crimini d’odio.

Crimini come l’assassinio di Jo Cox, giovane parlamentare inglese schierata contro l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea e per l’accoglienza ai rifugiati, uccisa quasi cinque anni fa da un militante di estrema destra inglese al grido di “Britain First”. O come le aggressioni che, troppo spesso, subiscono le persone che anche in Italia vengono reputate diverse, in base alle loro caratteristiche etniche, fisiche o di orientamento sessuale.

L’hate speech, infatti, non consente una discussione razionale tra diverse opzioni, che è invece l’essenza del dibattito politico e la ragione principale per cui la libertà di espressione è consentita: una dinamica che in Italia conosciamo bene, guardando alla stigmatizzazione delle operazioni di salvataggio in mare condotte dalle Ong o alle polemiche scaturite dalla recente proposta del segretario del PD Enrico Letta, che ha rilanciato la riforma della legge sulla cittadinanza per i minori stranieri nati in Italia o che hanno passato nel nostro paese una parte sostanziale della loro infanzia.

Polemiche sullo Ius soli

Il recente dibattito sullo “Ius soli”, in particolare, colpisce poiché lo scontro si è acceso sulla semplice opportunità di affrontare l'argomento: a tutto discapito dei minori che, in questo contesto sono colpiti due volte dall’odio in rete. Come tutti i giovani, quale che sia la loro nazionalità, sono molto esposti a quello che leggono, anche online. A questo poi si aggiunge il fatto di essere stranieri e in quanto tali oggetto diretto o indiretto di espressioni d’odio.

Non è un fenomeno solo italiano: nei giorni scorsi Vox - il terzo partito spagnolo che in passato ha garantito l’appoggio esterno al governo della città di Madrid - ha pubblicato un manifesto elettorale per le comunali affermando che un minore non accompagnato riceve circa 4.700 euro al mese a fronte di 470 euro di pensione minima ricevuti da un anziano.

Un messaggio falso, che è stato indagato come “crimine d’odio” ma che è tristemente simile a molti meme, messaggi, foto che appaiono nei nostri social ogni giorno. E su cui ben poco è stato fatto dalle piattaforme digitali e dai social media.

NASCE #CHECKNEWS

Come possiamo agire quindi per contrastare queste dinamiche, che oltre a rendere persone vulnerabili ancora più esposte, impediscono lo sviluppo di un dibattito corretto sui temi dell’integrazione e dei diritti? Insieme ad azioni sul sistema politico e su quello mediatico, crediamo che servano anche iniziative volte a facilitare l’impegno dei cittadini nel segnalare quelle fake news che generano odio, in modo da permettere la loro “decostruzione” e la circolazione di informazioni basate sui dati.

Per questo Oxfam Italia e openpolis hanno creato il canale interattivo #CHECKNEWS, una piattaforma con cui i lettori possono inserire notizie trovate in rete e chiedere ad esperti di verificarle. Gli esperti analizzeranno fonti, dati, norme di riferimento e daranno la possibilità di approfondire gli argomenti e permettere a chi legge di diffondere notizie corrette. Un progetto sostenuto dal programma Diritti, Uguaglianza e Cittadinanza dell’Unione Europea, modellato sull’esperienza della piattaforma di debunking sulle fake news promossa in Spagna da alcuni anni da Maldita.es, recentemente nominato per l’European Press Prize

La piattaforma è online da pochi giorni, ma vi invitiamo a mettere questo strumento nella cassetta degli attrezzi e a utilizzarla per verificare le notizie più disparate su migrazioni, diritti, convivenza. Ci auguriamo che nel tempo #CHECKNEWS possa essere usata da sempre più persone e diventare una terapia efficace contro i danni provocati dalle notizie malate d’odio, ma anche promuovere lo sviluppo di una comunità di cittadini impegnati a diffondere attivamente questa possibilità di cura, senza la quale l’integrazione e lo sviluppo di un senso di identità e appartenenza comune è meno percorribile. Perché integrarsi significa unire le proprie diversità per percorrere una strada comune, crediamo che sia necessario confrontarci sul percorso da fare in un orizzonte sereno, eliminando quella “nebbia tossica” prodotta da informazioni false e diffuse per generare ostilità e farci perdere la strada.

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