Le Conferenze delle Parti (Cop), sono gli incontri annuali organizzati dalle Nazioni Unite per concordare efficaci politiche di contrasto al riscaldamento globale. A novembre 2021 in Scozia si terrà la 26esima edizione, presieduta congiuntamente da Italia e Regno Unito. La Cop di quest’anno è particolarmente importante per due motivi: è la prima dallo scoppio della pandemia ed è chiamata ad aggiornare gli Accordi di Parigi, ovvero la più avanzata intesa mai raggiunta in tema di lotta alla crisi climatica. In questo spazio bisettimanale ci proponiamo di raccontare le notizie, i meccanismi, i retroscena dei negoziati per il clima. Siamo arrivati all’ottavo numero, a questo link trovi i precedenti.

Usa e Cina: amici per il clima

Vogliono collaborare ma non riescono a mettersi d’accordo su un numero. Come due colleghi d’ufficio che vogliono regolare il termostato a due temperature leggermente differenti. C’è appena stato l’ennesimo incontro per gli inviati per il clima delle due nazioni più grandi al mondo, Cina e Usa, senza i quali raggiungere un vero accordo significativo alla Cop26 a Glasgow risulta molto complesso.

Innanzitutto possiamo dedurre che, essendo questo il diciottesimo incontro tra Us e Cina sul tema da inizio anno sicuramente c’è la volontà da parte di entrambi di collaborare sul tema. Può sembrare banale, ma è un passaggio non scontato che mostra come finalmente il tema crisi climatica venga considerato un tema un po’ a parte rispetto agli scontri commerciali o geopolitici.

Non che anche il clima non lo sia, ma c’è piena consapevolezza - e anche forse presa di responsabilità - da parte di entrambe le potenze che senza una profonda e reale collaborazione la crisi climatica colpirà molto più pesantemente del previsto, e anche più rapidamente. Sicuramente gli uragani sempre più intensi su suolo statunitense e le piogge torrenziali che hanno messo in ginocchio milioni di cinesi hanno aiutato a comprendere l’urgenza.

Tra i temi chiave su cui ancora si registra distanza c’è il singolo numero più importante del secolo: John Kerry, inviato per il clima Us, insiste sul dover limitare la temperatura globale attorno ai +1,5°C mentre secondo la Cina è inutile insistere su questo punto, e si può rimanere anche al limite di Parigi, ossia “ben al di sotto dei +2°C” se tanto non vi sono forti e serie politiche di lungo periodo a sostenere questi obiettivi. Sembra ironico, ma è proprio l’inviato cinese Xie a chiedere agli US una seria legislazione interna che non faccia vacillare gli obiettivi nel caso in cui le elezioni portino un presidente che non crede fortemente alla decarbonizzazione.

Mancano meno di due mesi a Cop26 e le distanze sono ancora ben presenti, ma hanno annunciato che comincerà presto una loro collaborazione sugli aiuti ai paesi in via di sviluppo - anche perché sia Us sia Cina hanno grossi interessi a esercitare la loro influenza e a portare le loro tecnologie.

Ipcc: c’è ancora speranza

L’ultimo report dell’Ipcc ci dice, in modo velato, che possiamo ancora evitare la catastrofe climatica, ma che dobbiamo rimboccarci le maniche. Il rapporto è stato scritto dai ricercatori del Gruppo Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici (Ipcc), l’organo delle Nazioni Unite più autorevole in ambito climatico e che raggruppa la più recente e aggiornata conoscenza in tal campo.

Ciò che è interessante di questo enorme lavoro è che delinea degli scenari su come potrà essere il nostro futuro: siamo sulla traiettoria di raggiungere l’aumento di temperatura di 1.5°C, ma abbiamo noi la possibilità di stabilire quando e come arrivarci. In particolare ciò su cui si deve puntare è far sì che l’aumento di 1.5°C sia una punto attorno a cui stabilizzare la temperatura, e non una tappa di passaggio verso uno scenario che vede la temperatura terrestre alzarsi di 3 o 4°C.

Gli scienziati, ancora una volta, lanciano un allarme, e stavolta lo fanno con un rapporto con pochi tecnicismi e un lessico molto pratico. Invertire la rotta, ora, per evitare il collasso climatico.

Talebani e nuclearisti

Due cose uniscono i regimi dittatoriali: il disprezzo per la vita umana, e… l’azione per il Clima? Il clima interessa a tutti, ma proprio a tutti. Dai Talebani, fino al buon Kim Jong-Un, nuclearista convinto, il cui paese ha sperimentato alcuni dei drammatici effetti del cambiamento climatico. Ed ecco che, un brutale dittatore di uno dei paesi più isolati della Terra si trova ad affrontare catastrofiche alluvioni nelle sue regioni del nord-est - un problema che non conosce confini politici, e chiede urgentemente azioni per il clima.

Parallelamente, in un’intervista al settimanale statunitense Newsweek, Abdul Qahar Balkhi, dirigente talebano, ha spiegato che il movimento intende cooperare col resto del mondo su tematiche globali «come il cambiamento climatico». I nuovi capi dell’Afghanistan hanno infatti garantito che non permetteranno a nessuno di danneggiare altre nazioni utilizzando come base il proprio territorio, che non intendono minacciare la sicurezza di altri paesi e che sono assolutamente intenzionati a fare la loro parte nella grande sfida contro la crisi climatica.

Nel caso volessero iniziare a fare la loro parte, può essere importante ricordare che tra le azioni essenziali per la riduzione delle emissioni secondo Project Drawdown - che raccoglie le 100 soluzioni più efficaci - ci sarebbe l’educazione femminile e garantire i diritti fondamentali a tutte le componenti della popolazione: diritti umani e clima vanno di pari passo.

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