Ci voleva “SuperMario” per mettere l’ambiente al centro e avere il coraggio di raccogliere l’idea di un ministero per la transizione ecologica. Una proposta che noi ecologisti, come pure l’Asvis, facciamo da tempo, che recentissimamente è stata rilanciata da Grillo e che ieri il premier incaricato Draghi ha annunciato di voler accogliere nel colloquio avuto con le associazioni ambientaliste.

Nel secondo giro di consultazioni in molti hanno ascoltato il premier incaricato Draghi parlare di ambiente, spiegare che proprio a questa voce andranno il 37 per cento delle risorse del Recovery Plan, che bisogna puntare sull’ambiente in modo trasversale e che l’ambiente va inteso anche come chiave di sviluppo. Un ecologista non avrebbe potuto dirlo in modo più chiaro e magari Draghi riuscirà anche nell’impresa di portare l’ambiente e la crisi climatica sulle prime pagine dei giornali, che sino ad oggi con poche eccezioni se ne sono disinteressati allegramente.

Serve trasversalità

Perché è importante questa innovazione? Perché la transizione ecologica è la chiave di un’economia innovativa, sostenibile e dalle grandi potenzialità su cui hanno già scommesso tantissime imprese italiane. Come rilevato dal rapporto GreenItaly di Fondazione Symbola e Unioncamere, infatti, oltre 432 mila imprese italiane hanno investito negli ultimi 5 anni in prodotti e tecnologie green e proprio le imprese della green economy sono quelle più innovative e resilienti, tanto che nel 2020 hanno registrato perdite di fatturato inferiori alle altre.

E allora per mettere in sicurezza e moltiplicare questo tesoretto nazionale al paese serve proprio un ministero della transizione ecologica capace di tenere insieme programmazione, investimenti pubblici, politiche di sviluppo, lavoro di qualità e ambiente, per affrontare con una visione complessiva tutte le questioni ambientali aperte a partire dalla crisi climatica e da un vero piano industriale verde. Come dicevo è una proposta che noi ecologisti facciamo da tempo perché i ministeri in Italia lavorano a canna d’organo, mentre per l’ambiente serve trasversalità. Sia perché l’acqua o l’aria non conoscono confini, sia perché per tutelare e valorizzare territorio, ecosistemi e biodiversità servono competenze diverse. Siamo il Paese campione nel riutilizzo dei materiali, quello che ha brevettato la bioplastica, la tecnologia industriale per sterilizzare e recuperare materiali dai pannolini e dagli assorbenti, per fabbricare bottiglie fatte al 100 per cento di pet riciclato, o ancora per realizzare isolanti naturali per l’edilizia recuperando la lana a km zero. Eppure il nostro attuale Recovery Plan parla e investe poco sull’economia circolare.

Aspettiamo di sentire Draghi

Spero allora di ascoltare nei prossimi giorni dal premier incaricato, e sono fiduciosa, altre parole fondamentali per l’ambiente. Come l’impegno a una revisione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) che lo renda davvero quello strumento necessario di trasformazione della nostra economia capace di assumere la lotta alla crisi climatica come una priorità e di traghettarci verso la conversione ecologica. Per farlo è necessario accelerare sulla transizione energetica, così da ridurre le emissioni in tutti i settori produttivi e arrivare finalmente alla decarbonizzazione dell’economia. Obiettivi per i quali servono alcune riforme strategiche, dalla semplificazione degli iter autorizzativi dei nuovi impianti di energia pulita per spingere su una generazione rinnovabile diffusa al potenziamento del sistema dei controlli per renderli più rapidi ed efficaci, passando per il rafforzamento della Pubblica amministrazione con nuove competenze e capitale umano. Necessaria anche una riforma fiscale che promuova l’equità, comportamenti e prodotti virtuosi, che elimini i sussidi fossili e introduca una forma di carbon-tax. Servirebbe poi una nuova legge per dare maggiore spazio al dibattito pubblico e coinvolgere nelle decisioni territori e comunità interessati da infrastrutture ed opere pubbliche. E siccome siamo in Italia, e sappiamo quanto sia fragile il nostro Paese, vorrei dal premier incaricato anche una attenzione prioritaria per la cura del territorio, per il contrasto al dissesto idrogeologico e al consumo di suolo.

Rivoluzione verde

Se vogliamo davvero rilanciare il Paese e renderlo più resiliente per le crisi future come vorrebbe l’operazione Next Generation Eu - che non a caso parla di ripresa, rivoluzione verde, resilienza e nuove generazioni, proprio quelle a cui chiediamo i soldi in prestito - dobbiamo investire su istruzione e ricerca, sulla coesione sociale, sul benessere e sulla salute condivisi, sul contrasto della crisi climatica. Da presidenti di turno del G20 avremo l’occasione di portare con forza queste posizioni sullo scacchiere internazionale. E di rivendicare finalmente un 'whatever it takes' anche per il clima, anche in Italia.

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