Eravamo commossi, fieri, arrabbiati e allo stesso tempo grati.

Come ogni 11 giugno stavamo ricordando Giuseppe Valarioti, politico, insegnante, comunista, ucciso dalla 'ndrangheta 44 anni fa. Ma per la prima volta questo ricordo era uscito dalle nostre stanze, dalla custodia della nostra memoria, del nostro attivismo di associazione antimafia.

L'11 giugno 2024, quel ricordo è stato per la prima volta un gesto pubblico, condiviso, compiuto dalla città di Roma che a Giuseppe Valarioti ha intitolato un parco.

La storia che porta a Roma in via Diego Fabbri, all'altezza del civico 104, nel municipio 4, è un lungo percorso di incontri, di gesti e attese.

Inizia nel 1980 quando Giuseppe Valarioti, giovane segretario della sezione del Partito Comunista Italiano di Rosarno, scopre la frode delle “arance di carta” e denuncia le infiltrazioni rese possibili dalla corruzione e dalla paura: «Bisogna andare fino in fondo senza guardare in faccia nessuno».

Pochi mesi dopo, l’11 giugno, viene brutalmente ucciso a soli 30 anni per il suo impegno contro la 'ndrangheta. E presto è dimenticato.

L'associazione daSud che nasce in Calabria nel 2005 lo scopre, ne viene ispirata e inizia a ricordarlo, racconta e scrive la sua storia.

Valarioti è tra i "Dimenticati" (Castelvecchi, 2010) con cui gli autori Danilo Chirico e Alessio Magro vincono il premio Montanelli e il premio Losardo.

Nel frattempo le mafie dal sud sono arrivate a Roma, dove hanno trovato terreno fertile ed ecosistema favorevole per mettere radici. E anche daSud ha portato la sua antimafia nella Capitale, guidata dall’esempio di Valarioti.

Nasce una Mediateca col suo nome per accompagnare giovani e studenti alla scoperta dei fenomeni mafiosi e delle pratiche antimafia.

Giuseppe Valarioti

Ma non basta. “Il caso Valarioti” diventa un libro (Round Robin, 2010). Quei colpi di lupara sparati nella notte tra il 10 e l’11 giugno 1980, mentre Valarioti rientrava a casa dopo aver festeggiato la vittoria del PCI alle elezioni, sono il primo omicidio politico in Calabria. Quello che ne cambia il destino per sempre, affossando il movimento anti ‘ndrangheta.

Eppure sulle gambe dell'associazione daSud e poi di altri che se ne innamorano, Giuseppe Valarioti vive e inizia il suo viaggio oltre i confini della sua regione.

Cammina, continua a parlare di diritti e di doveri, dei valori della Costituzione, della libertà. Dell’importanza della lotta e delle arti, dell’insegnamento, primo e potentissimo strumento di trasformazione del sud.

Parla ancora Valarioti e invita i giovani a usare parole nuove. Così daSud sperimenta linguaggi, fa cultura, educazione. Ma soprattutto vede, documenta e racconta cosa le mafie fanno a Roma: il welfare con la droga, il controllo del territorio con la violenza, gli affari con la politica. Che fortunatamente non è tutta uguale.

Perché se l’idea di dedicare un parco a Valarioti è nata grazie all’impulso dell’associazione daSud, decisivo è stato il sostegno del consigliere di Roma Capitale Giammarco Palmieri, primo firmatario della mozione, e della consigliera Nella Converti. La proposta, presentata all’Assemblea Capitolina, è stata accolta con favore e approvata nei mesi scorsi, culminando nella cerimonia dell’11 giugno, quando è stata scoperta la targa commemorativa.

C'erano anche l’assessore alla cultura Gotor, il presidente del IV municipio Umberti, Alfredo Borrelli di Libera Memoria, Danilo Chirico, fondatore di daSud e artefice principale del recupero della memoria di Valarioti. C’erano amici, compagni di allora e di sempre, i familiari, la sua fidanzata dell’epoca, Carmela Ferro, che ha detto tutto ciò di cui c’era bisogno per capire il valore odierno di quella targa lontana da casa ma al posto giusto.

Così, mentre le mafie a Roma segnano il territorio, affermano ed esibiscono simboli e valori, l'intitolazione di un parco può essere tante cose. Atto dovuto, gesto retorico, semplice tributo. Oppure può essere, come dichiarato e auspicato, l’espressione di una posizione – politica e civile, in egual misura – dichiaratamente antimafia.

Monito e promemoria per una città, un'associazione, un movimento, che ha bisogno di ricordare quell’ultima lezione: «Se non lo facciamo noi chi deve farlo?».

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