I fatti sono noti: Pier Carlo Padoan si è dimesso dallo scranno di Montecitorio per approdare al consiglio di amministrazione di Unicredit di cui dovrebbe diventare presidente la prossima primavera. Sollevare dubbi sull’opportunità di questo passaggio non significa rivolgere un attacco ad personam nei confronti dell’ex ministro dell’Economia né prendersela arbitrariamente con la seconda banca italiana, ma esigere regole più rigorose in grado di tutelare l’integrità pubblica. Le porte girevoli (revolving doors) rischiano di minare l’interesse pubblico e di compromettere la libera concorrenza. Vediamo perché: un esponente di primo piano dei governi Renzi e Gentiloni, ministro dell’Economia dal 2014 al 2018, poi eletto deputato del Partito democratico nell’ultima legislatura, membro della Commissione bilancio di Montecitorio è, per la natura stessa delle sue funzioni, entrato in possesso di informazioni privilegiate e contatti rilevanti. Non potrebbe essere altrimenti: in qualità di ministro dell’Economia Padoan ha seguito tutti i principali dossier bancari, ha incontrato gli attori rilevanti nel settore e ha certamente abbozzato regole e piani per rendere il nostro sistema creditizio più solido e moderno. È esattamente il tipo di attività che ci aspettiamo da un nostro rappresentante: prendere decisioni coerenti sulla base delle informazioni e degli  interessi esistenti.

Il rischio di un mercato bancario “viziato”

È qui che tuttavia risiede l’inopportunità del repentino passaggio di Padoan all’incarico privato in Unicredit. Perché tutte quelle informazioni, tutte quelle relazioni ottenute in nome dell’interesse generale, sono all’improvviso suscettibili di essere impiegate per un fine privato, quello di una banca italiana, Unicredit. La sfera pubblica non si vede soltanto portar via un suo esponente, ma anche informazioni cruciali di cui un soggetto privato potrebbe avvantaggiarsi a scapito, ad esempio, dei concorrenti che opererebbero in un mercato bancario “viziato” in cui un attore in campo disporrebbe di una visione molto più ampia e informata rispetto agli altri, a partire da una conoscenza approfondita delle volontà di istituzioni e governo in ambito bancario.

Una proposta seria sul conflitto di interessi

Benché Padoan non abbia violato leggi (ahinoi inesistenti), il suo caso deve servire da esempio per creare un quadro legislativo che riconosca e garantisca il primato dell’interesse generale su quello privato nel caso del passaggio dal pubblico al privato. Dopo anni di fallimentari tentativi di berlusconiana memoria, l’Italia potrebbe essere molto vicina a una regolamentazione volta a mitigare gli effetti distorsivi delle porte girevoli. A seguito di un lungo iter parlamentare, la Commissione affari costituzionali della Camera ha finalmente approvato il testo base della proposta di legge sui conflitti di interessi. Per la prima volta il rituale passaggio dei ministri dell’Economia alle grandi aziende (creditizie) private verrebbe fatto oggetto di un periodo di raffreddamento, durante il quale il soggetto non potrebbe legalmente essere impiegato da un’impresa o altro ente attivo nel settore. Tuttavia, la bozza di legge fissa questo periodo a un solo anno, come se a distanza di 365 giorni l’ex membro del governo non disponesse più di rilevanti informazioni di interesse pubblico. Per restare sul caso concreto: tale legge non risolverebbe il caso Padoan: in primo luogo perché il suo incarico da ministro è cessato da oltre 2 anni; e poi, perché tale limitazione nel passaggio al settore privato non si applica ai membri del Parlamento, e dunque allo stesso Padoan.

Il bagaglio di informazioni e relazioni

Di conseguenza, i nostri parlamentari uscenti, nonché i più influenti tra loro come i capigruppo, i presidenti di commissione, e i relatori di importanti dossier, possono approdare con grande facilità ai lidi privati portando con sé informazioni privilegiate e contatti di cui si sono impossessati nell’esercizio delle loro funzioni pubbliche, il cui uso dovrebbe rimanere lì confinato. Anche per questo è necessario allungare il periodo di raffreddamento portandolo ad almeno due anni estendendolo però anche ai parlamentari. Dovrebbe poi essere un’Autorità indipendente a valutare caso per caso se l’incarico privato di un’ex carica elettiva entra o meno in conflitto col ruolo pubblico precedentemente esercitato.

Il modello francese

Anche in Europa, dove regole sul revolving doors sono previste per i membri della Commissione europea ma non per i parlamentari europei, è in corso un serrato dibattito per riscrivere questo regime tramite la creazione di  un’Autorità etica indipendente comune alle istituzioni europee. Il modello cui sia l’Italia sia l’Unione europea dovrebbero ispirarsi è quello francese nel quale la Haute autorité pour la vie publique è incaricata di  prevenire i conflitti di interessi, siano essi potenziali (a inizio mandato) o reali (durante o dopo il mandato) di tutti i funzionari nonché degli eletti, siano essi consiglieri municipali, regionali o nazionali, o ancora  membri dei governi locali o ministri del governo nazionale. Gli strumenti indispensabili a far funzionare tale autorità sono una banca dati alimentata dalle autodichiarazioni di interessi personali, perlopiù di natura finanziaria, che tutti i funzionari ed eletti sono tenuti a compilare e mantenere aggiornati durante l’esercizio delle loro funzioni, e un sistema di sanzioni efficaci, sia di natura pecuniaria che reputazionale, come la sospensione del diritto di voto, la perdita della qualità di relatore, o addirittura le dimissioni forzose dall’incarico.

Credere che si possa inculcare il rispetto della cosa pubblica tramite la sola creazione di una nuova istituzione può apparire naïf. Tuttavia è soltanto tramite l’intervento normativo che si potranno perseguire comportamenti che per troppo tempo sono stati non soltanto tollerati ma addirittura celebrati quali sinonimo di successo. Confidiamo che lo stesso Padoan, già direttore al Fondo Monetario Internazionale e professore universitario di fama internazionale, comprenda le nostre ragioni e si unisca al nostro appello.

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