In questi giorni il tentativo dell’amministrazione della nostra regione, le Marche, di negare il diritto all’aborto farmacologico è sotto i riflettori. Senz’altro con la vittoria della destra misogina in regione, i diritti delle donne stanno subendo nuovi attacchi. Ma l’esercizio del diritto all’aborto già da anni, per noi marchigiane, è tutt’altro che garantito.

Un diritto a rischio da anni

La situazione, per quel che riguarda l’applicazione della legge 194/78, è stata sempre critica nelle Marche, anche con le precedenti giunte regionali di centrosinistra. Già nel 2013 infatti, la società civile, e in particolare le donne unite nel collettivo Vialibera194 assieme a 57 associazioni del territorio tra cui Cgil e Se non ora quando Ancona, ha promosso una petizione per chiedere la piena applicazione della 194, fortemente compromessa dall’ampia diffusione dell’obiezione di coscienza sia nelle strutture ospedaliere che nei consultori, con punte che a tutt’oggi vanno dal 70 all’80 per cento del personale. La petizione è stata sottoscritta da 4mila cittadini e consegnata al presidente della giunta regionale.

Il cento per cento di obiettori

Nell’ottobre del 2015 è intervenuta la decisione del Consiglio d’Europa, l’organizzazione internazionale, e in particolare del suo comitato europeo dei diritti sociali: ha accolto il reclamo della Cgil e ha condannato l’Italia, riconoscendo che da noi viene violato il diritto delle donne alla salute per le notevoli difficoltà che incontrano ad accedere alle interruzioni di gravidanza per l’elevato numero di medici obiettori. E in particolare nelle Marche il Consiglio ha stigmatizzato le realtà di Jesi, Fermo e Fano dove si verificava il cento per cento di obiezione di coscienza.

Significativa nel 2018 è stata anche la mobilitazione promossa da “Non Una Di Meno”per i 40 anni della legge con presidi in varie città delle Marche da Ancona ai comuni di Jesi e Fano dove si verifica appunto il più alto tasso di obiezione nelle strutture ospedaliere. La situazione di Jesi  viene portata alle cronache nazionali già nel 2016 dalla trasmissione Presa Diretta a seguito di una conferenza stampa indetta dal collettivo Via Libera194.

Ritardi sull’aborto farmacologico

Per quanto riguarda l’utilizzo della pillola abortiva RU486 e le procedure per l’aborto farmacologico, la regione Marche ha adottato le “Linee di indirizzo sull’interruzione volontaria di gravidanza con mifepristone e prostaglandine” colmando un ritardo che ha collocato le Marche all’ultimo posto tra le regioni italiane che ha disciplinato il ricorso all’aborto farmacologico. Solo nel 2016 è stata avviata la sperimentazione dell’interruzione volontaria di gravidanza con metodologia farmacologica con ricovero in day hospital a livello distrettuale nella struttura di Senigallia. Nel 2017 la sperimentazione è stata allargata ad altre due aree vaste nei distretti di San Benedetto e Urbino. stabilendo il termine del 30 settembre 2018 per la fine della sperimentazione. Le donne organizzate in vari coordinamenti  come “194 Senza Obiezione” e “Molto più di 194” hanno continuato a tenere accesi  i riflettori su questo tema con manifestazioni anche a contrasto delle associazioni pro-life.

La vittoria della destra misogina

Nel settembre 2020  la destra più misogina e retrograda vince le elezioni e governa la regione con il presidente Francesco Acquaroli. Lo stesso Acquaroli (Fratelli d’Italia) in campagna elettorale aveva dichiarato: «Faremo come l’Umbria», riferendosi al ripristino del ricovero ospedaliero in caso di aborto farmacologico. Le prime dichiarazioni dell’assessora alle Pari opportunità Giorgia Latini (che si è espressa contro l’aborto) esprimono la sua intenzione di avviare «una verifica di compatibilità delle linee di indirizzo» del ministero della Salute, con riferimento alla pillola abortiva.

Le proteste delle donne

Le donne delle varie associazioni, che da subito hanno colto che strada avrebbe intrapreso la giuntala Acquaroli sia sulla legge 194 sia sui consultori, hanno dato una prima risposta organizzando tramite incontri online un flash mob che si è tenuto il 9 gennaio in tutte le Marche, con lo slogan: “La regione arretra, le donne avanzano. Molto più di 194 e in sintonia con le donne polacche. Questa è guerra”.

Nasce da quel momento una rete i cui intenti e rivendicazioni vengono espressi nel manifesto della rete femminista marchigiana “molto+di194”, che raccoglie varie realtà associative femministe e singole donne, per rispondere agli attacchi che il sistema patriarcale ci rivolge. 

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