Anzitutto in bocca al lupo al Marocco per il proseguo del suo percorso ai mondiali di calcio insieme alle congratulazioni per l’impresa sportiva, ampiamente meritata. Vorrei però sollevare un distinguo personale con una certa retorica buonista che fonda i suoi convincimenti su talune esagerazioni che rappresentano il fatto sportivo come onnicomprensivo di una “favola”, di un “miracolo” e di un “sogno” dell’intero mondo arabo.

Le copertine patinate di questi giorni, infatti, mal si conciliano con la realtà di una monarchia costituzionale il cui regno si tramanda di padre in figlio con una parvenza di democrazia e partecipazione alla vita politica, divenuta centrale nello scacchiere del nord Africa durante la lotta al terrorismo internazionale e punto di riferimento per le alleanze politiche ed economiche dell’Europa e degli Stati Uniti.

Fuori da ogni ipocrisia: non si possono nascondere fatti e misfatti solo perché è in atto uno scambio di favori a partire dal 1976. Per l’occidente i riconoscimenti concessi al re del Marocco sono un costo “sostenibile”, in cambio del sostegno all’alleanza internazionale contro il terrorismo e ai traffici di droga dal centro Africa. Questo costo ha un nome e un cognome: si chiama Sahara occidentale, Fronte Polisario, popolo saharawi.

Quaranta anni fa infatti la Spagna abbandonò il territorio a sud del Marocco lasciò che l’esercito marocchino lo occupasse impunemente; e quell’esercito non ha lasciato più quei territori, nonostante le tante risoluzioni approvate dall’assemblea generale dell’Onu che indicavano, prima nel referendum per l’auto determinazione poi in una soluzione giusta e condivisa tra le parti, la strada obbligata per porre la parola fine all’ultima delle esperienze coloniali ancora irrisolte al mondo.

Senza dimenticare che in quel quadrante vi sono altri episodi sui quali la giustizia e la conclusione tarda ad arrivare: dall’omicidio di Giulio Regeni alle accuse ricolte a Patrick Zaki il cui processo è dilazionato nel tempo. Sempre riferita al Marocco, come non ricordare anche il trattamento ricevuto il 24 giugno scorso dai migliaia di migranti africani in Ceuta e Melilla.

Ingiustizie e soprusi

(Ap)

Spero che non sfugga agli esegeti del grande Marocco in semifinale (si può dire che è avvenuta con una squadra composta per lo più di ragazzi nati e cresciuti fuori dal Marocco che con il paese d’origine non ha nulla a che fare?) che c’è pure un regno del Marocco che sui territori occupati perpetua ingiustizie, violenze e soprusi verso i cittadini saharawi che sono rimasti dopo l’occupazione (come testimoniato in tanti rapporti di Amnesty International) e sui quali viene sanzionata ogni forma di dissenso pacifico.

Si può dire, tra un tiro in porta e un dribbling, che il regno del Marocco impedisce a giornalisti e a parlamentari di poter visitare la regione occupa e che quando raggiungono quei luoghi sono rispediti a casa? Ci sono 160mila profughi saharawi costretti all’esilio forzato nel deserto algerino ai confini con la Mauritania. Dopo la Marcia Verde quei profughi in fuga costruirono in esilio una repubblica democratica fondata sulle donne, ingaggiando una guerra con l’esercito marocchino fino al 1991 e poi ripresa nel novembre 2021 a causa della violazione del cessate il fuoco. Il conflitto ha determinato la costruzione di un muro lungo 2700 km attualmente presidiato e pieno di mine (anche italiane) tutt’intorno.

Un costo anche economico per una comunità internazionale che mantiene una missione (di fatto) permanente che aveva il compito iniziale di censire gli aventi diritto al voto nel referendum e sovrintendere al regolare svolgimento e che poi, con il passare degli anni, è divenuta forza di interposizione tra le parti senza poter mai allargare il proprio mandato al controllo sulla violazione dei diritti umani, per i veti incrociati di Francia e altri membri del consiglio di sicurezza dell’Onu, che pare oramai narcotizzato dagli interessi prevalenti geopolitici ed economici.

Una storia triste e mesta a fronte di quella gioiosa e sfavillante della nazionale di calcio che si giocherà una storica semifinale con il suo principale alleato in tutti questi anni di occultamento internazionale di un pezzo di storia.

Le colpe dell’occidente

Lungi da me negare l’evidenza del cimento sportivo e del simbolo che essa rappresenta anche per il mondo arabo che mai aveva raggiunto un traguardo così ambìto. Ma accanto a questa evidenza evitiamo di negarne un’altra e cioè la negazione e la violazione di diritti internazionali e umani a opera del regno del Marocco tollerati dall’occidente, perché male minore in quel quadrante del mondo.

E sicuramente questo successo sportivo sarà usato internamente da re Mohammed VI per decantare le proprie lodi e nascondere ancora di più le proprie responsabilità di fronte alla storia e alla vita di 160mila persone tra cui tanti minori costrette ad una vita menomata in condizioni impossibili in campi profughi costruiti e mantenuti grazie alla cooperazione allo sviluppo, anche italiana, e sempre meno all’Unhcr.

Allora usciamo dall’ipocrisia tutti quanti e nell’augurare buona fortuna alla nazionale di calcio marocchina, che non tutti gli africani sentono propria, evitiamo di nascondere la testa nel pallone dei mondiali, che verranno ricordati anche e soprattutto per le migliaia di operai morti nella sua organizzazione e la scarsa trasparenza dei rapporti con la Fifa e le istituzioni europee.

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