Giovedì 20 maggio 2021, il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi su delega del presidente del Consiglio e i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil Maurizio Landini, Luigi Sbarra e Pierpaolo Bombardieri hanno firmato un patto per la scuola. Non un contratto né  una dichiarazione di intenti ma un impegno strategico e organizzativo per raggiungere uno scopo comune concordato: rilanciare la scuola come infrastruttura strategica per la ripresa e come sistema.

Uno scopo da far tremare le vene ai polsi, da  attuare attraverso un patto che lega i firmatari sulla base del dichiararsi parte della stessa comunità nazionale e sulla fiducia reciproca dell’esito delle azioni. Patrizio Bianchi ripropone così il metodo adottato con successo nel patto per il lavoro dell’Emilia Romagna in cui 50 soggetti pubblici e privati concordarono  il percorso per dimezzare la disoccupazione, per aumentare il valore aggiunto della regione del 10 per cento annuo, per  innovare il sistema produttivo: patto basato su coesione e innovazione che ha consentito in tre anni di raggiungere tutti gli obiettivi.

La più grande organizzazione

Il sistema dell’istruzione è la più grande organizzazione italiana non solo per il numero di addetti come insegnanti e personale scolastico e per il valore delle risorse impegnate ma anche per numero di destinatari come studenti, famiglie, imprese. Un sistema cruciale ma tradizionalmente in affanno per risorse insufficienti, per modelli organizzativi e didattici antiquati, per una burocrazia pesante, per relazioni sindacali spesso corporative e paralizzanti. E ora in più percosso dallo tsunami della pandemia.

Il patto per la scuola rovescia il modello tradizionale negoziale centrato sulla distribuzione delle insufficienti risorse e sui rapporti di forza. Si condividono in quel patto una visione e una missione alte e sfidanti. Si concorda un metodo progettuale e obbiettivi comuni misurabili. Si accede a un accresciuto volume delle risorse assicurate dal Pnrr, dai Pon e dai Por. Si firmano accordi concreti fin d’ora.

Ineguaglianze

La visione condivisa è quella che la scuola che deve e può superare le ineguaglianze territoriali e sociali, la povertà educativa, gli abbandoni scolastici, l’esorbitante numero di Neet, la difficoltà a sostenere l’occupabilità dei giovani. La missione condivisa è di ridare centralità alla scuola considerandola risorsa infrastrutturale per lo sviluppo sostenibile, entro lo sforzo europeo del Next Generation Eu, ossia la prima delle riforme richieste dal Pnrr. Non una nuova legge ma un processo di rilancio della scuola come sistema innovando la scuola dell’autonomia, le strutture centrali e periferiche dell’istruzione, le competenze e la dignità degli insegnanti e del personale della scuola.

Il metodo progettuale prevede la partecipazione non solo da parte dei dirigenti del sistema educativo e dei sindacati ma anche e soprattutto degli insegnanti, degli allievi, delle famiglie, dei territori, dei sistemi di produzione di beni e servizi: i patti educativi sul territorio. Obiettivi di cambiamento strutturale come maggiore digitalizzazione, più sicurezza sanitaria, interventi di edilizia scolastica, riduzione degli adulti per classe, potenziamento delle scuole d’infanzia, passaggio degli allievi dell’Its da 19 mila a 100 mila, un avvicinamento ai novecento mila della Germania, e molto altro. Il patto di maggio in questo quadro di assunzione pattizia di responsabilità rende possibili anche accordi che sembravano finora impervi.

Assunzioni

Sono state concordate misure programmatorie per assicurare il 1 settembre la presenza di ogni figura professionale prevista nell’organico. È stata decisa l’assunzione di 70 mila precari, attraverso una modalità di selezione docenti che non sacrifica il merito. Sono state stanziate risorse per la formazione iniziale e continua di insegnanti e dirigenti scolastici.

 In sintesi le tre novità del patto per la scuola sono: a) una strategia condivisa del ministro, del Governo, dell’Europa che mette la scuola al centro del Pnrr; b) un patto fra il più grande datore di lavoro italiano e i sindacati che si impegnano ad innovare insieme e non solo a negoziare; c) una ipotesi di un percorso organizzativo fra le istituzioni formative nazionali e regionali e le persone.

Un patto di coesione e innovazione non solo sul “perché” ma anche sul “cosa” e sul “come”. Non sarà facile ma non ci saranno molte altre occasioni come questa.

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