Il dibattito su “partito aperto”, ruolo degli iscritti e degli elettori che ha preso forma su Domani stimola riflessioni centrali. Vorrei innanzitutto porre una domanda: come mai oggi oltre 7 milioni di italiani, tra i quali tantissime ragazze e ragazzi, sono iscritti agli albi del volontariato e soltanto alcune centinaia di migliaia, con una età media vicina alla mia, ai partiti? È cambiato il mondo, è cambiata la politica, si sono ingraciliti i corpi intermedi e scomparsi i partiti di massa. Perciò non è ripetibile il tempo in cui chi sentiva il bisogno di fare qualcosa di utile agli altri, lo faceva militando nei movimenti giovanili dei partiti, nei gruppi extraparlamentari, nei sindacati. C’erano anche allora le lotte per il “potere”. Ma sulle linee politiche, sui programmi. E conseguentemente la gestione del potere diventava un mezzo e non un fine.

Nel Pd, non da oggi, questo appare spesso capovolto. Ma già nel Pci-Pds di Achille Occhetto e della svolta si sentiva urgente il bisogno dell’apertura agli esterni. L’Ulivo, tra le altre intuizioni uccise nella culla da un partitismo miope, aveva in sé questo spirito di apertura alla società. E il Pd, che avrebbe dovuto nascere dieci anni prima con l’Ulivo, con le primarie fondative non aveva solo l’ambizione di unire il meglio di culture politiche riformiste del Novecento con le contemporaneità dei filoni di pensiero ambientalista, femminista, dei nuovi diritti di cittadinanza. Aveva anche quella di costruire un partito di iscritti e di elettori, un partito nel quale sezioni o circoli aperti e radicati avrebbero dovuto essere il luogo di incontro, partecipazione per il mondo che sta fuori, per la vita vera.

Chiediamoci ancora perché quei circa due milioni e 700mila partecipanti alla primarie del 14 ottobre 2007 (gli iscritti ai Ds e Margherita erano solo una parte minoritaria) il giorno dopo trovarono molti circoli aperti ma anche tantissimi chiusi alla partecipazione. In questi la domanda ricorrente era «con chi stai?», inteso quale corrente, e non «che idee hai?».

Insomma, davvero oggi è centrale la distinzione tra iscritti e non iscritti? Io penso che le prime scelte e i primi segnali offerti dal nuovo segretario Enrico Letta, compreso quello del “senza tessera” Mauro Berruto in segreteria siano importanti. Io li leggo come un modo di dire a tante persone: guardate, il paese ha necessità di una forza politica della sinistra riformista, una forza progressista e democratica aperta. Venite, dateci una mano a realizzarla, a costruirla. Mi è ben noto il valore della “tessera”, dell’adesione a una libera associazione. Mi è ben noto da sempre, non solo oggi che ricopro il ruolo di tesoriere nazionale del Pd. Conosco bene la ricchezza rappresentata da tantissimi iscritti al partito, militanti, dirigenti a tutti i livelli. Compresi quelli – sindaci e amministratori – che stanno nella trincea delle amministrazioni locali, in un tempo davvero difficile. Questo è un patrimonio non solo del Pd ma del paese. Ma non basta per cambiare un partito. Io penso che si debba raccogliere la parte di sferzata rappresentata dalle dimissioni di Zingaretti per provare a chiedere a tante gente che sta fuori di aiutarci a cambiare e aprire questo partito.

Sono tanti potenziali elettori, tanti giovani che potrebbero guardare – magari all’inizio senza iscriversi – all’importanza del Pd, partecipando insieme agli iscritti alla sua rigenerazione e al suo rilancio. Insomma, un partito nuovo e aperto si costruisce con i tanti iscritti che ci sono ma anche con tanti che vorrebbero dare una mano, provarci e magari solo in seguito aderire con una tessera. E ho l’impressione che se con scelte politiche riformiste e battaglie ideali il Pd riuscisse a ritrovare piena credibilità e attrattività e a parlare a tutti, iscritti (e voti) aumenterebbero. E così anche entrate trasparenti per finanziare un partito credibile e affidabile. Che potrebbe essere pienamente tale quando finalmente a quel ragazzo che decidesse di entrare in un circolo a qualcuno che gli chiedesse ancora «con chi stai?», un coro rispondesse per lui: «Ma con chi vuoi che stia, sta col Pd».

 

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