La nuova generazione di lavoratori si differenzia nettamente dalla vecchia leadership per esigenze, necessità e obiettivi di vita. Aspetto di particolare rilievo è la richiesta di un luogo di lavoro più flessibile, a misura delle proprie esigenze, che garantisca un giusto equilibrio tra vita personale e quella professionale.

Le leadership oggi hanno dunque il dovere di impegnarsi per sviluppare un linguaggio sostenibile che risponda in maniera adeguata alla nuova realtà. In Italia, purtroppo, è ancora presente un’impostazione imprenditoriale obsoleta, decisamente antiquata rispetto a quella europea e in cui serpeggiano stereotipi duri a morire, come quello relativo al lavoro da remoto.

Lo smart working

Lo smart working, nello specifico, rappresenta lo strumento più efficace per rendere più flessibile la gestione del tempo del lavoratore, aiutandolo a raggiungere una più efficace worklife balance. La trasformazione nel mondo del lavoro è arrivata in maniera improvvisa con il Covid, il quale ha costretto tutti a rivedere i tempi lavorativi e ad affrontare le modalità di lavoro in maniera più seria. Siamo dinanzi ad un cambiamento epocale che, però, necessita di essere tutelato: ad esempio, il lavoro da remoto sicuramente garantisce maggiore flessibilità ma rende le ore lavorative più dilatate nella giornata.

Le aziende, dunque, devono rispondere alle necessità della nuova classe di lavoratori e, contestualmente, impegnarsi per tutelarli il più possibile nella nuova visione lavorativa: è un cambiamento generazionale e generale.

Le leadership di oggi hanno un ruolo chiave per carpire in tempo le evoluzioni della società e orientare l’azienda verso un ambiente più inclusivo.

Per raggiungere tale obiettivo, è necessario che la leadership ponga al centro l’ascolto: senza l’ascolto è difficile individuare problemi e necessità dei lavoratori: in ambiente di lavoro ampio e multiculturale, quale quello che è oggi, subentrano delle particolarità legate a esigenze specifiche, sia fisiche che culturali oltreché religiose.

Quando la leadership si metterà in ascolto propositivo e senza barriere, riuscirà a costruire un linguaggio giusto per comunicare con tutti. Accanto all’ascolto, un buon leader deve essere empatico: affinché la leadership funzioni, è necessario che l’intero team abbia fiducia nei propri leader.

Gli stereotipi

Su tale aspetto, purtroppo, la leadership al femminile rischia di avere maggiori difficoltà rispetto alla controparte maschile. Nel mondo lavorativo sono presenti ancora troppi stereotipi sulla sfera femminile, veri e propri ostacoli che ogni giorno le donne sono costrette a scavalcare.

Eppure, per le caratteristiche insite nella natura stessa delle donne, possono essere degli ottimi leader. Le donne hanno una capacità di problem solving ed empatia molto più accentuata rispetto ai colleghi maschi; per natura, vanno oltre l’apparenza - aspetto sicuramente legato agli istinti primari delle donne - rappresentando un vantaggio che una leadership femminile può sfruttare in maniera professionale.

È come se le donne avessero una sorta di allarme naturale che si attiva per recepire in tempo i malcontenti e problemi del team. Hanno così una visione molto più ampia rispetto a quello a cui siamo abituati a vedere o vivere: e se da una parte tali capacità potenzialmente avrebbero una ricaduta positiva nell’ambiente lavorativo, dall’altra parte possono esserci dei dipendenti che hanno maggiore resistenza nel riconoscere una donna leader, ostacolando la sua azione e il suo impegno.

Sul territorio nazionale ci sono aziende virtuose che hanno portato alla pari il numero di dipendenti di uomini e donne, se non addirittura superiore, anche all’interno dei consigli di amministrazione.

Ci sono altre aziende che sono più restie sia perché non riescono a individuare qualcuno che possa portare avanti l’azienda sia perché hanno blocchi culturali che non permettono tale integrazione. Sebbene ci dia fastidio, la procedura delle quote rosa serve, perché, a parità di curriculum, le aziende hanno il dovere di assumere una donna: spesso, le aziende tendono - anche in maniera involontaria e automatica - a fidarsi e ad orientarsi verso un curriculum maschile perché, come è ben noto, le donne potrebbe avere periodi di assenza dal lavoro legati a maternità.

Sono aspetti che dobbiamo andare a sfatare e rendere più agili e accessibili non solo alle donne ma anche agli uomini; infatti, dobbiamo insegnare anche agli uomini che il congedo parentale è necessario per la crescita del bambino ed è importante che essi vedano non solo la madre ma anche il padre.

Anche la narrazione giornalistica, a volte, è fallace: continuare a chiamare “mammo” un padre che si occupa della cura della casa e dei figli continua a creare una narrazione tossica, alimentando stereotipi che ostacolano e limitano il cambiamento culturale.

Cambiare il clima culturale è un lavoro di squadra: dobbiamo far capire che una collaborazione tra generi ed etnie, porta sempre al beneficio. Sebbene trovare una soluzione tra diversità sia difficile, l’incontro tra più punti di vista è la soluzione più efficace è più longeva; le decisioni prese da dieci esperienze diverse danno accesso e aiutano sempre un maggior numero di persone.

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