Il  23 giugno 2016, non riuscivo ad alzarmi dal letto. Volevo tornare a dormire e svegliarmi in un mondo in cui il Regno Unito aveva rifiutato la ferita autoinflitta della Brexit.

Da un giorno all'altro, il referendum sull'Ue ha creato nuove divisioni e ne ha rivelate di vecchie, soprattutto l'enorme divario tra due paesi vicini: mentre l'Inghilterra aveva votato Leave, la Scozia aveva votato in modo schiacciante per il Remain.

La decisione della Scozia è stata chiara: ogni singolo distretto elettorale ha votato per rimanere nell’Ue. Ma il rifiuto della Brexit da parte della Scozia non ha fatto alcuna differenza, e l'anno scorso siamo stati strappati via dall’Ue.

Questo ha portato alla luce la menzogna che ci era stata detta prima del referendum sull'indipendenza del 2014, quando Westminster non ha fatto che ripetere che l'unico modo per rimanere nell'Ue era restare parte del Regno Unito.

Due anni dopo abbiamo scoperto la profondità di quell'inganno, frutto della decennale divergenza politica tra Scozia e Inghilterra.

Dalla fine degli anni '50 la Scozia ha sempre votato per la socialdemocrazia. Ma è dal 1979, quando Margaret Thatcher fu eletta dal voto inglese, che la Scozia si sente sempre più alienata dal Regno Unito.

Per decenni siamo stati governati da un'élite politica disconnessa dal nostro paese. Prima è arrivata la distruzione delle nostre industrie, poi le brutali politiche di austerità che hanno ulteriormente allargato il divario tra ricchi e poveri. Ora i Tories ci hanno inflitto la Brexit.

Mentre l'Inghilterra si vede come "Global Britain", la Scozia capisce il potere delle piccole nazioni che lavorano insieme e si ispira ai suoi vicini nordici. Mentre Westminster definisce la sua politica sull'immigrazione "ostile", la Scozia vuole rimanere una nazione accogliente e i nostri attivisti si oppongono alle deportazioni.

Certo, possiamo protestare, e il nostro governo può provare a mitigare l'impatto delle politiche del Regno Unito, ma la dimensione ridotta della nostra popolazione significa che saremo sempre governati da politici eletti in Inghilterra. Ecco perché abbiamo bisogno di un cambiamento costituzionale.

Il mio sogno di una Scozia indipendente è condiviso da un numero sempre maggiore di miei compatrioti. Questo sostegno crescente non arriva solo da elettori che hanno cambiato idea a causa della Brexit. Anche la nuova generazione piange le opportunità perse.

E non è solo in Scozia che l’Unione sta perdendo sostenitori. In Irlanda c'è crescente sostegno per una Nuova Irlanda. La Brexit è stata un disastro per il Nord, economicamente e socialmente, perché le vecchie ferite ricucite dall'accordo di pace del 1998 hanno iniziato a riaprirsi e ad aggravarsi.

Chiunque lasci il Regno Unito per primo, l'altro paese lo seguirà di certo, con un effetto domino. Ovviamente preferirei che fosse la Scozia a fare da apripista, ma non è una competizione!

I partiti al governo in Scozia, l'SNP e i verdi, cercano non solo l'indipendenza, ma vogliono che la Scozia rientri nella Ue, obiettivi che hanno dato loro la maggioranza di voti e seggi alle elezioni di maggio. Eppure non tutti gli scozzesi si sentono rassicurati sul fatto che la Scozia sarebbe la benvenuta nell’Ue.

Vogliamo una campagna per l'indipendenza che sia chiara sul nostro futuro rapporto con l’Europa: un continente in cui vogliamo lavorare, viaggiare, studiare, amare e vivere. Pertanto, chiediamo alle istituzioni dell'Ue di prendere posizione e di dare alla Scozia la certezza che saremmo ben accolti. Senza perdere tempo prezioso. I rintocchi dell'orologio risuonano forte e chiaro.

La società civile europea sta già indicando la via da seguire. Due mesi fa, Europe for Scotland ha pubblicato su questo giornale una lettera aperta ai leader dell'Ue, firmata da intellettuali come Etienne Balibar, Adam Tooze, Nadia Urbinati e Slavoj Žižek, e molti dei miei colleghi scrittori provenienti da tutta Europa, tra cui Elena Ferrante e Roberto Saviano. Ian McEwan e Philip Pullman erano tra i molti firmatari inglesi. Credo abbiano firmato la lettera non solo per solidarietà con noi scozzesi, ma anche perché sperano che la fine della Brexit abbia inizio in Scozia.

Queste firme illustri si sono aggiunte a quelle di migliaia di altri cittadini europei. Il loro entusiasmo e la loro solidarietà sono stati davvero incoraggianti; man mano che più cittadini esprimeranno il loro sostegno, anche i politici faranno sentire la loro voce.

Rientrare nell'Ue come paese indipendente rinnoverebbe stretti rapporti con i paesi europei  forgiati centinaia di anni fa, connessioni la cui perdita ci addolora.

La Scozia è stata uno stato indipendente fino a quando non formò l'unione di Gran Bretagna e Irlanda nel 1707, in termini di parità con l'Inghilterra. È ancora una nazione oggi: oltre a un governo devoluto, ha un sistema legale e scolastico diverso, lingue proprie (gaelico e scozzese) e tradizioni culturali divergenti.

La Scozia ha già dimostrato che sa servire i suoi cittadini. Siamo diventati una nazione moderna e aperta in un'epoca in cui l'Inghilterra ha adottato un populismo aggressivo e pericoloso.

Nessuno sostiene che la Scozia sarà una terra promessa in cui tutti saranno felici e il whisky scorrerà a fiumi. Abbiamo i nostri problemi, come qualsiasi democrazia. Ma penso che il paese che potremmo diventare sia migliore di quello che ci è concesso essere ora.

Siamo fortunati ad avere una figura politica davvero talentuosa, intelligente e popolare come Primo Ministro. La sua performance durante la pandemia è stata una lezione di leadership. Nicola Sturgeon si è sempre espressa contro la Brexit e in solidarietà con i cittadini europei che vivono in Scozia. Il giorno dopo il referendum sulla Brexit ha detto loro: «Siete sempre i benvenuti qui, la Scozia è casa vostra e il vostro contributo è prezioso».

Sono fiduciosa che con il sostegno dei nostri amici in Europa, la Scozia riprenderà il suo posto al tavolo europeo a cui apparteniamo.

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