Prima di dare avvio a questo nuovo report "L’Africa Mediata” ci siamo chiesti se gli scossoni subiti dal sistema Mondo – causa Covid-19 - avessero avuto l’effetto di avvicinare idealmente il nostro paese al Continente africano. La riscoperta di questa idea generale di interconnessione tra gli esseri umani poteva aver forse suggerito nuove chiavi di lettura, stimolato maggiore curiosità, sulle realtà specifiche di ciascuno dei 54 paesi dell’Africa.

Non abbiamo purtroppo avuto grandi sorprese dal report. L’Africa è rimasta in ombra. Tra gli effetti dell’emergenza sanitaria Covid-19 e delle sue drammatiche conseguenze, c’è la progressiva scomparsa mediatica, nel corso del 2020, di temi, eventi e paesi dell’Africa. Il rapporto, voluto da Amref e curato dall’Osservatorio di Pavia - registra una drastica diminuzione dell’attenzione complessiva per l’Africa nel 2020 – sulla stampa, nei notiziari e nei programmi di informazione – in ragione soprattutto della ristrutturazione delle agende portata dalla pandemia.

Poche notizie

Una media mensile per testata pari a 10 notizie (meno della metà di quanto osservato nella precedente rilevazione); l’1,6 per cento di attenzione all’Africa nei notiziari del prime time; nei programmi di informazione e di i infotainment sono stati rilevati solamente 1.049 riferimenti specifici sull’Africa, un riferimento ogni 58 ore di programmazione. Alcune caratteristiche “strutturali” della copertura dell’Africa nell’informazione, trovano conferma anche nel 2020: l’approccio “emergenziale” (ovvero l’attenzione che si attiva in occasioni di eventi drammatici e dirompenti); una visione tendenzialmente unidimensionale (l’Africa delle crisi e dei conflitti, non quella delle opportunità e della normalità); un teatro in cui si “giocano” questioni italiane ed europee; l’assenza o la scarsa presenza di voci africane (sono esperti e opinionisti italiani che intervengono sull’Africa).
La novità del 2020, almeno nell’informazione, è sull’“Africa qui” in merito ai temi del razzismo e dei diritti delle minoranze etniche, a seguito dall’uccisione di George Floyd e dei movimenti di protesta che ne sono conseguiti, Black Lives Matter. Tali temi, riferiti ad afrodiscendenti e migranti presenti in Italia, erano del tutto marginali e legati a specifici eventi, nelle rilevazioni precedenti.

Dov’è la solidarietà?

Al netto di ciò, una considerazione sorge spontanea. A poco valgono slogan virtuosi che invocano la solidarietà globale, se la tendenza è quella di contorcersi sempre su se stessi, nei limiti del conosciuto o di quel che si dà per assodato. In questa fase di “nessuno si salva da solo”, aprirsi è urgente e imprescindibile. Per aiutarsi a vicenda, però, è utile conoscersi; senz’altro non è utile alimentare cliché che destano preoccupazioni e accrescono la sfiducia dell’uomo nell’uomo. Il ruolo giocato dai mezzi di comunicazione è in questo cruciale e noi di Amref non smetteremo mai di ribadirlo. Una corretta narrazione dell’Africa è essenziale se l’obiettivo è quello di ottenere un cambio di mentalità nell’opinione pubblica, se la vera ambizione è compiere uno scatto evolutivo verso la realizzazione di una società globale più giusta ed equa.

Non tutti sono uguali

Certamente non tutti gli organi di informazione manifestano lo stesso atteggiamento. Ed è proprio da coloro che hanno approcciato ai tanti temi dell'Africa in modo approfondito e oggettivo, che ci piacerebbe ricostruire e ampliare il racconto di questo variegato continente. Anche e soprattutto insieme ai professionisti della comunicazione che da tempo contribuiscono a una narrazione esaustiva, capace di far uscire dall’ombra le tante “Afriche” esistenti. Anche magari collaborando più assiduamente con giornalisti ed esperti di media africani o afrodiscendenti, sia in Italia, che in Africa.
Una delle nostra ambizioni è anche quella di una funzione educativa, rivolta alle generazioni future. Ecco perché leggerete, nelle pagine finali del report, un’indagine condotta sulla percezione che i giovani hanno dell’Africa. Abbiamo intervistato 182 studenti di scuole primarie e secondarie di primo grado, per conoscere da loro direttamente quale immagine del Continente al di là del Mediterrano si stesse definendo nella loro mente. Dalle risposte, sincere e mature, che ci hanno dato, emerge in maniera chiara quanto siano consapevoli della differenza tra ciò che viene raccontato loro dell’Africa e ciò che realmente è l’Africa.

Le scuole

L’immaginario dei giovani emerso durante i focus group (svolti in otto scuole con classi della primaria e della secondaria) sembra confermare il ruolo dei media come agenzie di socializzazione, ampliando le conoscenze del mondo e intervenendo nei processi di costruzione dell’identità. I giovani si mostrano molto abili a scorgere dinamiche di razzismo e discriminazione all’interno dei prodotti che guardano, e di saperli leggere in ottica intersettoriale, soprattutto rispetto alla condizione economica dei soggetti coinvolti. Il parere comune è che forme di discriminazione siano da attribuire a una mancata accettazione della diversità culturale o all’esercizio di dinamiche di potere di cui il razzismo costituisce solo un aspetto. Casi di cronaca recenti confermano, però, ai ragazzi, che pregiudizi e discriminazioni nei confronti di africani e afrodiscendenti attraversano ancora in maniera evidente la nostra società. Lamentano mancanze proprio sul versante della normalità «vorrei sapere come vanno a scuola i ragazzi della mia età in alcuni Paesi africani», «vorrei sapere cosa fanno nel tempo libero»; «quali film guardano i ragazzi del Gambia?»; «vorrei vedere palazzi colorati, ci saranno di sicuro dei palazzi colorati». Gli studenti vorrebbero che i media raccontassero di più spaccati di vita quotidiana nei diversi stati del Continente africano e sono particolarmente interessati a conoscere come i propri coetanei africani impiegano il proprio tempo libero e se è loro garantito l’accesso al sistema scolastico.

L’Africa qui

Una curiosità forte è anche quella per l’Africa “qui”, ovvero il racconto di come vivono gli africani in Italia e le testimonianze dirette di persone che hanno fatto esperienze di migrazione. L’interesse dei ragazzi è rivolto soprattutto alle storie personali di africani e afrodiscendenti, teso all’ascolto della viva voce dei loro protagonisti e anche al loro punto di vista sull’Europa. Di questo senso critico dobbiamo fare tesoro anche noi adulti: le considerazioni e la sensibilità delle nuove generazioni sono un’altra imprescindibile base da cui ripartire.

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