Per il successo di Next generation Eu serve un paese unito, capace di mobilitare le sue risorse migliori per rispondere alla crisi sanitaria ed economica. Condizione necessaria per avviare questo processo è l’istituzione di una regia unica, veloce e immediatamente operativa. Una leadership centralizzata ma al contempo capace di mettere a sistema ed esaltare saperi e competenze di contesti e territori differenti dialogando in modo diretto con organizzazioni e istituzioni attive “sul campo”. La deludente gestione sia della fase emergenziale che della campagna vaccinale ha evidenziato la debolezza e il deficit organizzativo di molte regioni, mettendo in luce le fondamentali fragilità di un modello di federalismo inadeguato rispetto alle sfide che il paese si trova ad affrontare.

Per non arrivare tardi all’appuntamento di fine aprile quando è prevista la consegna a Bruxelles del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), il governo sta lavorando su un provvedimento d’urgenza. Cabina di regia al ministero dell’Economia, tempi rapidi e coordinamento con il parlamento: il Piano rappresenta una priorità per il governo e per il paese. Questi i punti cardine dell’intervento del ministro Daniele Franco davanti alle commissioni riunite Bilancio, Finanze e Politiche Ue di Camera e Senato lo scorso 8 marzo. Tuttavia, mentre il governo si trova a dover finalizzare una nuova più realistica versione del Pnrr, un silenzio di idee e proposte circonda la sua preparazione.

Abbiamo un nuovo governo ma, al di là di alcune sterili polemiche sul coinvolgimento di McKinsey, continua a mancare un dibattito basato su evidenze concrete in merito ai criteri per la selezione dei progetti da attuare in via prioritaria e sulla governance del Piano. Manca un dialogo aperto e basato sull’evidenza con le forze che dovrebbero mobilitarsi in tutto il paese per il suo successo. Unica timida eccezione in questo senso è stato l’evento pubblico promosso dalla ministra per il Sud, Mara Carfagna, sulle opportunità per il Mezzogiorno, in cui però si è discusso ben poco su quello che funziona in pratica.

Manca una chiara strategia per rafforzare le strutture tecniche valorizzando adeguatamente le professionalità esistenti. Manca una seria analisi di quello che non ha funzionato finora e di quello che invece potrebbe concretamente promuovere la ripresa economica attraverso la transizione verde e digitale. Urge quindi un rapido cambiamento di metodo per attivare un circolo virtuoso tra buona programmazione ed efficace e tempestiva realizzazione.

Evitare gli errori di sempre

Il ripetersi di ritardi e inefficienze tipici della gestione della crisi sanitaria (e della campagna vaccinale) metterebbe gravemente a rischio ogni possibilità di ripresa economica e minerebbe in modo irreparabile la fiducia di imprese e cittadini verso l’Unione europea.  È quindi essenziale non ripetere gli errori compiuti negli ultimi decenni ma cercare di utilizzare le esperienze esistenti per trarne utili lezioni per il futuro. Per anticipare le difficoltà che ostacoleranno l'attuazione di un piano di così ingente entità e valutare come queste possano essere mitigate occorre l’adozione di un approccio basato sull’evidenza.

Con uno studio di recente pubblicazione sul Journal of Policy Modeling abbiamo provato a proporre un approccio metodologico nuovo all’impostazione dei progetti di Next generation Eu per favorirne un’attuazione priva di ritardi, affidandoci ai dati. Con un semplice esercizio quantitativo abbiamo analizzato decine di migliaia di singoli progetti finanziati nell’ambito del ciclo 2014-2020 della politica di coesione (pubblicati nel portale OpenCoesione), focalizzandoci su quelli che rispondono allo spirito di Next generation Eu. Dall’analisi è emerso che questi hanno una più alta probabilità di accumulare ritardi rispetto alla media dei progetti finanziati dalla Commissione europea attraverso la politica di coesione. È emerso inoltre che per ridurre la probabilità di questi ritardi è necessario operare una forte semplificazione operativa nella governance dei progetti selezionati. Una parte importante di questa semplificazione può essere attuata attraverso il modello di leadership centralizzata già adottato dal governo.

A questa scelta occorre affiancare: a) la responsabilizzazione diretta dei cittadini, evitando gestioni condivise tra più beneficiari o più territori; b) l’avvio di procedure negoziate per il disegno di progetti che consentano di fare leva su vantaggi e potenzialità di sviluppo di una platea di attori economici ampia e nuova, al di là del ristretto gruppo di “soliti noti”. La selezione degli attori deve essere dunque inclusiva, offrendo opportunità a cittadini tradizionalmente tenuti ai margini dalla burocratizzazione degli interventi comunitari ordinari. Allo stesso tempo la selezione deve identificare e promuovere responsabili capaci di realizzare gli interventi proposti nel Piano abbandonando qualunque logica di “compensazione” o perequazione sociale o territoriale. Saranno le opportunità di sviluppo generate da un piano efficace a promuovere coesione sociale e territoriale, non la distribuzione dei fondi in quanto tale.

La fase iniziale dell’implementazione di Next generation Eu dovrebbe essere dunque caratterizzata da “corsie preferenziali” urgenti a regia nazionale capaci di collocarsi al di fuori dei blocchi imposti dai gruppi di interesse locali e dalle rendite di posizione degli operatori già consolidati.  Tuttavia, questo non significa che i governi regionali (o altri organi di governance intermedi) debbano rimanere esclusi. L’implementazione diretta di Next generation Eu dovrebbe essere accompagnata da programmi intensivi e urgenti volti a rafforzare la capacità e l’efficienza amministrativa e a introdurre pratiche gestionali moderne e semplificazione (come suggerito da Fabrizio Barca e Mario Monti sul Corriere della Sera). In una seconda fase, la mobilitazione delle parti interessate potrà coinvolgere anche gli organi di governance regionali. L’accesso di questi ultimi alla seconda fase del programma può essere regolato da chiare condizionalità ex ante sulla capacità istituzionale e amministrativa.

Garantire mobilitazione e partecipazione

Sulla base delle evidenze e dell’esperienza maturata finora è possibile costruire un impianto operativo moderno ed efficace. Per un vero rilancio serve la partecipazione di tutti i cittadini, ha precisato il presidente del Consiglio Mario Draghi, nell’intervento all’iniziativa di ascolto e confronto “Sud - Progetti per ripartire”. A questo proposito, strutture centrali rafforzate per il piano possono avviare un dialogo diretto con cittadini e territori. Questo è possibile ad esempio avviando esperienze di animazione territoriale coordinate a livello nazionale, proprio come è già stato sperimentato nel caso della Strategia nazionale per le aree interne, e aprendosi al contempo alla società civile e a quella produttiva, ai manager delle grandi aziende e ai consorzi che rappresentano quelle più piccole, ai direttori della sanità e dell’istruzione, ai portatori di istanze nelle aree metropolitane e agli attori che possono fare la differenza nella transizione ecologia e digitale.

Ciò non vuol dire escludere altri livelli di governance intermedi. Al contrario, il rafforzamento delle strutture dei comuni per supportare le amministrazioni sul territorio è indispensabile per Next generation Eu ma anche per rafforzare l’attuazione di altre politiche pubbliche comunitarie e non. Per fare questo è necessario agire in modo determinato sulla strada della semplificazione, dell’e-government e della digitalizzazione, qualificando e valorizzando (incentivandolo in base al merito) il personale esistente.

Nel silenzio del dibattito pubblico le aspettative dei cittadini aumentano. Non sbagliare su Next generation Eu è cruciale per il nostro paese e più in generale per il futuro dell’Unione europea. I soldi non possono comprare l’amore per l’Europa. Solo la sua capacità di generare opportunità tangibili per i cittadini può farlo. La speranza è quella di contribuire a rompere l’attuale silenzio sul tema del Recovery plan in Italia e sollecitare interventi qualificati e informati per discutere la migliore formulazione di un “vaccino” alla crisi economica e occupazionale che possa funzionare presto e bene.

© Riproduzione riservata