Voglio raccontare una storia. Conosco Goffredo Bettini da una quindicina di anni e pur militando in partiti diversi si è, nel tempo, consolidata una consonanza di vedute e poi una vera  amicizia.

La modestissima abitazione di Bettini è un via vai di personalità, uomini che contano, amici sinceri che scambiano opinioni e anche personaggi spregiudicati che desiderano considerazione e accredito. Tutto insieme, tutti insieme in quindicimetri quadrati tra letto, poltrona, tavolo e una ricchissima libreria.

Da un po’ di tempo Goffredo è al centro di un costante tiro al piccione. In fondo risulta essere un capro espiatorio perfetto. Non ha potere alcuno, né incarichi formali nel suo partito. Non ne ha ora, non ne ha avuti neanche durante la segreteria dell’amico fraterno Zingaretti: né incarichi politici, né istituzionali, né stipendi.

Il bersaglio prediletto

Bettini semplicemente fa battaglia politica con la forza delle proprie idee. A mani nude. Senza strutture, risorse, senza alcun apparato. Sembra strano ma questa è la verità, semplice semplice.

Attaccato costantemente dalla stampa che non ha mai digerito il governo Conte, irriso da opinionisti buoni per tutte le stagioni, bersaglio prediletto di Carlo Calenda sulle vicende romane. Sono dieci anni che Goffredo non si occupa di Roma, casomai se proprio vogliamo essere puntuali e sinceri, il problema è il vuoto di direzione politica che si è determinato e che nessuno ha riempito adeguatamente. Bettini ha dato moltissimo a Roma, più di ognuno di noi messi insieme, ricevendo indietro pochissima gloria. Tony Augello, un post fascista con testa e cuore dedicate a Roma, diceva che la sinistra avrebbe dovuto fare un monumento a Bettini. Forse esagerava, ma tant’è.

Solo per dire che Bettini riscuoteva e riscuote consensi e apprezzamenti dagli ambiti più disparati, mentre sembra incontrare reticenze e ipocrisie proprio nel campo in cui milita.

Un uomo avvezzo alla battaglia, con fiuto e una robusta cultura politica e che non le manda a dire. Un uomo responsabile, l’antico riflesso di un antico partito, e indipendente. Forse la questione è tutta qui. Oggi Bettini continua a lavorare per costruire la coalizione progressista del futuro composta dal Pd dal nuovo movimento di Conte e la sinistra. Una linea chiara, che può non piacere, ma una linea. Difficile e netta.

Ora però il tema non è tanto e non solo gli attacchi che riceve, soprattutto da ambienti vicini o interni al Pd. Il tema è perché il gruppo dirigente del Pd, quel medesimo gruppo dirigente che ingombra tutti i giorni la sua casa, non senta la necessità di difenderlo.

Alla fine della giostra perché Bettini è così sconveniente da difendere pubblicamente mentre è assolutamente degno di richieste e incontri privati?

Perché la segreteria nazionale del Pd non muove un dito di fronte ad uno stillicidio di questo tipo? Questa è la domanda. Io a questa domanda provo a dare due risposte.

La corrente «thai»

La prima è di carattere, diciamo, psicologico. In un mondo compassato, cinico, come solo il sistema politico sa essere, dover fare i conti con un uomo che riceve in camicia da notte e che combatte a mani nude e ciononostante riesce ad imporre l’agenda come nel caso della giustizia fa nascere leggende e imbarazzi vari. Di qui ad osservare dal buco della serratura la vita di Goffredo, «la corrente thai», come la chiamano quelli che gli vogliono male, il passo è breve e anche un poco infame.

La seconda ha che fare con un nodo politico irrisolto del Pd a trazione Letta. Le Agorà, sono uno sforzo metodologico, di partecipazione popolare importante. Tuttavia non è chiarissima la linea programmatica, valoriale e il sistema di alleanze che si vogliono mettere in campo.

Viceversa c’è un pezzo di mondo della sinistra che su giustizia, questione sociale, Renzi e Cinque stelle ha le idee chiare. Goffredo rappresenta queste posizioni e per questo diventa il bersaglio preferito, non della destra, ma di una parte del Partito Democratico, nel silenzio assordante del resto del Pd. Bettini è un ingombro, un omone da rimuovere, o tutt’al più una risorsa a cui attingere quando serve, nel riserbo più totale s’intende. Come quando urge ricucire con Conte o convincere Manfredi ad accettare la candidatura a sindaco. Bettini porta la croce, rappresenta al meglio la doppia coscienza democratica tra ciò che si può fare e ciò che appare indicibile. Insomma una quadretto di una ipocrisia insopportabile.

Usa e getta

Un dirigente politico di rara intelligenza tattica, da utilizzare all’impronta, modalità usa e getta.

E quando non basta gettarlo via, una piccola aggressiva batteria di agenzie stampa targate senatori e parlamentari Pd è sempre pronta a dare il peggio.

Lo dico con il cuore in mano. La contesa politica, nel nostro campo, è vitale, ma basta denigrare, delegittimare, costruire leggende nere e capri espiatori. Lo dico ad ognuno di noi e lo dico a Letta. Caro Enrico, su questo c’è davvero la necessità di battere un colpo e usare parole inequivoche. Non serve a Goffredo che ha le spalle larghe,  serve soprattutto  a tutti noi. Anche solo per ricordarci chi siamo.

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